L’avvocato della direttrice della Popolare di Bari di S.MARIA C.V. ci diffida. Ma noi dissentiamo e rimaniamo fermi sulla nostra posizione

25 Marzo 2021 - 17:58

Pubblichiamo lo scritto del legale Alesci, la nostra replica e ancora una volta l’articolo che viene contestato

(Gianluigi Guarino) Gentile avvocato Alesci, nutro per lei una sincera stima, peraltro mai espressa pubblicamente e, di conseguenza, al di sopra del sospetto di essere frutto di espressione di tipo rituale e convenzionale. Non ci siamo mai incontrati. Rarissimamente ci siamo incrociati telefonicamente, ma ho potuto costruirmi un’opinione sulle sue indubbie capacità professionali, attraverso la narrazione quotidiana riguardante i fatti della cronaca giudiziaria. Ciò è accaduto nell’arco di più di 15 anni, sia durante la mia direzione del Corriere di Caserta, sia nel tempo molto più fertile e fruttuoso di CasertaCe. Ritengo, dunque, che certe espressioni, certe parole usate in quella che definisce diffida finalizzata alla rettifica e cancellazione siano frutto delle comprensibili pressioni ricevute da una sua cliente Filomena Allocca, il cui nome è comparso in un articolo pubblicato dal nostro giornale un po’ di giorni orsono.

Perché lei sa bene, avvocato Alesci, che il giornalista, ad oggi, non ha l’obbligo di svolgere attività di censura rispetto a quello che un giudice della Repubblica Italiana, in questo caso un Gip del tribunale di Napoli, sceglie di mettere nero su bianco nell’articolato di una sua ordinanza, ritenendo la citazione di fatti e di persone non indagate e né coinvolte direttamente nella struttura dei cosiddetti capi di imputazione provvisori, o di incolpazione, che dir si voglia, comunque rilevante per l’argomentazione, per la messa a punto di una motivazione forte, che tale non può non essere, dato che alla stessa sono sottesi, molto spesso, provvedimenti di limitazione della libertà personale per motivi solamente cautelari.

Pensi un po’, avvocato, che siccome il sottoscritto e questo giornale compaiono spesso nelle ordinanze e talvolta da qualche personaggio che le popola veniamo additati come giornalisti prezzolati, come interpreti di una certosina attività di offesa chirurgica, inflitta da veri e propri killer ai nemici dei nostri fantomatici finanziatori, proprio per questo motivo, proprio per consentire, in un esercizio intransigente di un pensiero liberale che trasformiamo in prassi, pubblichiamo per primi i contenuti che ci riguardano. Per consentire al nostro lettore di poter confrontare l’idea che il signor x ha espresso nei nostri confronti nell’intercettazione Y, con i contenuti del nostro legittimo diritto di replica che però svolgiamo su un piano di parità, con la serenità di chi non avendo a nulla da nascondere non avendo scheletri nell’armadio, gode nel pubblicare accuse nei suoi confronti, godrebbe se il proprio telefono fosse intercettato oppure se in ufficio o addirittura in camera da letto fossero installate delle cimici. Siccome qualche altro giornale ha pubblicato cose che ci riguardavano e che erano all’interno di ordinanze giudiziarie, non è che siamo stati lì a contestare la legittimità di una scelta giornalistica, in quel caso, con ogni probabilità, selettiva e non fondata sul metodo intransigente della messa a fuoco di ogni millimetro quadrato degli atti giudiziari, alla cui lettura approfondita dedichiamo ore e ore di lavoro.

Ciò per quel che riguarda il fatto della citazione di una persona non indagata, per l’appunto la sua cliente, all’interno del nostro articolo. Dal suo scritto, però, il disappunto per la semplice citazione si legge in controluce. Mentre è esplicito, al punto da informare la sua decisione di diffidarci, è la contestazione relativa al testo e alla sintassi che lo costituisce.

E anche su questo secondo versante dobbiamo ribadire la convinzione espressa all’inizio, cioè che probabilmente l’avvocato Alesci in qualche modo abbia dovuto sottendere alla disabitudine della sua cliente, Filomena Allocca, direttrice nella filiale di Santa Maria Capua Vetere della Banca Popolare di Bari. Riteniamo, infatti, che il significato del nostro articolo è talmente evidente che è impossibile vederci dentro quello che l’avvocato Alesci scrive di averci, al contrario, ravvisato con chiarezza. Addirittura, così scrive nell’atto di diffida, “chiaro fine allusivo dell’articolo, volto a inculcare nel lettore la convinzione di una certa collusione della dott.ssa Allocca con il clan dei Casalesi, agevolato nelle operazioni bancarie effettuate presso la sua filiale“.

Abbiamo smesso da tempo di ingaggiare duelli rusticani con chi ci addita di colpe di cui, riteniamo, in scienza e coscienza, di non esserci macchiati e che dunque riteniamo ancora siano addebiti del tutto inesistenti. Men che meno polemizzeremo con l’avvocato Alesci, che stimiamo e seppur da lontano ci è anche simpatico. Però, caro avvocato, lei converrà che una delle garanzie più importanti di uno Stato di diritto in un Paese democratico è quella rappresentata dal diritto di replica. Per cui, se lei ha letto in quell’articolo – che non a caso pubblichiamo in calce alla nostra risposta – una chiara (sic!) allusione, noi rispondiamo che da quell’articolo si comprende direttamente, esplicitamente, dunque, arci-chiaramente, che noi non abbiamo formulato alcuna allusione nei confronti della dottoressa Allocca. Al contrario, la nostra narrazione, a cui abbiamo dato nitido riscontro con la pubblicazione integrale dello stralcio dell’ordinanza, così come è stata scritta dal Gip, evidenzia il contributo che la dottoressa Allocca ha fornito all’indagine e all’accertamento di quei fatti, poi contestati agli indagati e sostanzialmente confermati dal Riesame, anche grazie al modo con cui l’Allocca ha reso edotti gli inquirenti sulle procedura bancarie, in guisa da consentire ai magistrati inquirenti di qualificare i comportamenti dell’impiegato Andrea D’Alessandro nella sua relazione con l’imprenditore di Casapesenna trapiantato a Capua, Francesco Zagaria, accusato di essere un uomo del clan dei Casalesi e divenuto collaboratore di giustizia.

E se nel corpo dell’articolo qualcuno (e non ci riferiamo all’avvocato Alesci, è troppo bravo per pensarlo sul serio) percepisce o legge, in maniera a dir poco singolare (non è che possiamo stare all’interno delle sinapsi cognitive del mondo intero), una maliziosa volontà di tirare in mezzo la dottoressa Allocca, ci pensa lo stralcio dell’ordinanza pubblicato integralmente a dare manforte a quelli con la sinapsi un po’ incerta. E quel passo da noi scelto, tutelando l’organicità concettuale e logica nel momento in cui finalizziamo il nostro lavoro ad una chiara esposizione dei fatti, non contiene un nostro scritto, ma esclusivamente ciò che un giudice della Repubblica ha espresso di suo pugno.

Perché, vede avvocato Alesci, la regola che noi di CasertaCe ci siamo dati da anni, e che ci porta a corredare sempre e comunque ogni nostro articolo che focalizza la forma e gli effetti di atti giudiziari, è proprio frutto della delicatezza del ruolo che noi svolgiamo quando ci occupiamo di questi argomenti.

Non siamo privi di autostima e dunque dentro di noi siamo convinti che queste pubblicazioni sarebbero lo stesso serie e corrette, anche se non fossero accompagnate dal corredo degli stralci integrali delle ordinanze. Ma siccome l’autostima non può essere un sentimento irragionevole e siccome abbiamo raggiunto un’età nella quale, finalmente, abbiamo scoperto il valore, l’importanza che hanno i punti interrogativi rispetto ai punti esclamativi, inseriamo il testo integrale perché, magari, pur pensando di essere molto bravi nel nostro lavoro, siamo ben consci di essere fatti di carne e ossa e dunque di poter sbagliare nella stesura di uno scritto giornalistico.

La sua sollecitazione ci ha indotto a leggerci e rileggerci ancora il nostro articolo e a valutarlo così come l’abbiamo valutato, cioè esprimendo con civiltà e umiltà il nostro radicale dissenso dalla tesi da lei esposta, che non mira ad articolare un discorso, ma che incardina una procedura che prende le mosse da un atto di diffida e poi può svilupparsi imboccando diversi percorsi.

L’analisi completa dell’articolo rende chiarissimi i contesti storici dei vari fatti narrati. Se legge bene, gentile avvocato, dalla prima all’ultima sillaba, c’è un riferimento a precedenti direttori: il signor Izzo e il signor Zamuner, con tanto sottolineatura sull’idea espressa dal giudice relativa ad un ruolo che, quantomeno, se non ha configurato un reato, ha esposto una valenza di superficialità, se non addirittura una culpa in vigilando.

Per cui, è del tutto evidente – se uno, però, l’articolo lo legge dall’inizio alla fine, come riteniamo giusto che sia – che i magistrati della Dda ascoltano la direttrice Allocca in un lasso di tempo successivo a quello in cui inseriscono i fatti indagati dentro ai quali vengono incastrate le figura di altri due direttori, di cui i giudici e, conseguentemente, anche noi, decliniamo le generalità.

Il pacchetto era, dunque, quello formato da Francesco Zagaria e l’impiegato D’Alessandro, in un periodo storico in cui la filiale era diretta da Zamuner e Izzo e non certo dalla dottoressa Allocca. Chiaro che se poi si vuole estrapolare cinque righe dall’articolo, estraniandole dal contesto logico complessivo di cui sono parte integrante, avvocato, mi conceda una battuta, questo comportamento è patrimonio di quei Pm un po’ malandrini, anche loro fatti di carne, ossa e passioni, che voi legali della difesa criticate molto spesso e -aggiungo io – molto giustamente.

Ovviamente, avendola messa sul terreno del diritto e avendo esposto con piena legittimità giuridica una diffida, noi non possiamo fare a questo punto alcun passo indietro. Rimaniamo a disposizione sua e della dottoressa Allocca qualora riterrete di intervenire ancora una volta. In caso contrario, pazienza, siamo convinti, seppur senza enfasi spavalda, delle nostre ragioni.

Se poi la legge dovesse dire e sancire l’opposto, noi, pur non condividendo, dovremo rispettarne i dettami, piegandoci – da buoni amanti della democrazia liberale – al suo imperio.

QUI SOTTO L’ARTICOLO CONTESTATO DALL’AVVOCATO ALESCI E DALLA SUA CLIENTE, LA DIRETTRICE DELLA FILIALE DI S.MARIA C.V DELLA BANCA POPOLARE DI BARI, FILOMENA ALLOCCA🔽🔽

CAMORRA E BANCHE. Ecco come Francesco Zagaria faceva il “comodo suo” in una filiale di S.MARIA C.V. Una cascata di prelievi in contanti sopra soglia e l’impiegato D’Alessandro…