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CAMORRA & GIOIELLERIE. Maurizio Capoluongo partecipò, secondo i pentiti, al sanguinoso assalto alla masseria dei Nuvoletta, che Panaro definisce eroico. Capoluongo oggi al Tarì, un tempo orefice al centro di Caserta

23 Giugno 2022 - 19:03

 

Ogni volta vi presentiamo come molto interessante l’articolo da noi dedicato all’approfondimento delle singole parti dell’ordinanza sui grandi appalti di Rete Ferrovie Italiane, conquistati dal clan dei casalesi, stavolta, però incrociando i Capoluongo, anche loro in rapporti con Nicola e Vincenzo Schiavone, saltano fuori fatti rilevantissimi e, soprattutto, una dimestichezza antica di Maurizio Capoluongo nel commercio dei gioielli. Il che potrebbe dare qualche senso anche alla recente sua assunzione in un negozio del Tarì

 

 

SAN CIPRIANO DI AVERSA (g.g.) Nella carrellata delle dichiarazioni rilasciate negli ultimi anni dai collaboratori di giustizia, incrociamo anche quel poco che Walter schiavone, fratello di Nicola junior e quindi figlio di Sandokan, ha fatto mettere a verbale nel 2018, quando lui auspicava, così come si legge nello stralcio dell’ordinanza sui fratelli Nicola Schiavone senior e Vincenzo Schiavone, di tutti i fratelli, cioè anche di Carmine, Ivanho, Emanuele e soprattutto auspicava il pentimento di suo padre.

Poi, evidentemente Walter junior ha cambiato idea se è ero com’è vero, che la sua dimora molisana diventò terminale di tante visite, di tante operazioni economiche, legate alla gestione delle imprese, di aziende lattiero casearie, finite poi nel mirino della Dda, con tanto di ordinanza e ulteriore, nuovo arresto di Walter Schiavone junior nell’anno 2021.

Ancora più interessante delle poche parole verbalizzate di Walter Schiavone, sono i racconti del fratello Nicola e di un altro Nicola, cioè Nicola Panaro, il quale aveva svolto pure lui una funzione di capo, di reggente del clan dei casalesi e che fu arrestato nell’anno 2010, cioè pressochè contemporaneamente a Nicola junior.

In questo caso i due si soffermano sulle figure di Maurizio e Giacomo Capoluongo. In verità soprattutto su quella di Maurizio Capoluongo il quale, dobbiamo ammetterlo, ha una biografia molto interessante. Ancor più interessante di quanto era a  noi conosciuto e di quanto avevamo appreso dalla lettura di precedenti atti giudiziari. Mentre Nicola Schiavone sottolinea un aspetto importante, anzi, fondamentale grazie al quale si può fornire una cifra, un valore, uno spessore  criminale a Maurizio Capoluongo, le dichiarazioni di Nicola Panaro, oltre a ricalcare in linea di massima i concetti spesi da Nicola Schiavone junior, il quale parla anche dei rapporti tra i Capoluongo e i due fratelli Nicola Schiavone senior e Vincenzo Schiavone, protagonisti dell’ordinanza che stiamo analizzando e sviscerando passo passo, aggiunge qualche dettaglio che magari Nicola Schiavone junior conosce anche, ma che il Panaro, per una semplice questione di carta di identità tiene conservati nell’album dei suoi ricordi, per esserne stato protagonista o, quantomeno, spettatore diretto.

Nicola Schiavone junior, come si diceva, formulo un’affermazione ad alto peso specifico, nel momento in cui dice che suo padre Francesco Schiavone Sandokan, da capo assoluto del clan dei casalesi, da poco costituitosi come tale, consentì a Maurizio Capoluongo di uscire dall’elenco degli affiliati, di quelli che il camorrista lo facevano per professione.

E’ credibile Nicola Schiavone nel sottolineare questa circostanza come un fatto eccezionale, come una sorta di deroga speciale, attribuita, in forza dei rapporti personali molto stretti che la famiglia Capoluongo aveva avuto con quella di Sandokan. Perché chi era affiliato non è che potesse permettersi il lusso di utilizzare il clan come una porta girevole, chiedendo, tra le altre cose, di mettersi a fare l’imprenditore nella stessa area territoriale in cui aveva fatto il camorrista. Tra le altre cose, Maurizio Capoluongo, come poi racconta ancora meglio Nicola Panaro, era un soldato, e non certo nel senso metaforico di questo termine, di Antonio Bardellino, cioè di uno dei capi, per un periodo forse il più forte tra i capi clan federati nel cartello della Nuova Famiglia, quelli della vecchia camorra, che come  tale si configurava agli occhi del rampantissimo Raffaele Cutolo e della sua nuova camorra organizzata, al punto che lo scontro fu uno dei più cruenti e sanguinosi che la storia della criminalità mondiale ricordi e di cui abbiamo potuto vedere qualche rappresentazione, quand’anche romanzata nell’ormai leggendario  film “Il Camorrista”, una roba molto più seria, in quanto basata su una ricostruzione storica rigorosa della “Gomorra” servita solo a far fare una montagna di quattrini al furbo Roberto Saviano. Quando Bardellino fu ammazzato, i bardelliniani, o furono uccisi come capitò a Paride Salzillo, nipote del boss, o furono spediti in una sorta di esilio tra Formia e Gaeta dove ancora oggi sono insediati. Riciclarsi con i vincitori, con quelli che avevano messo la parola fine al dominio di Bardellino, non era affatto facile. Maurizio Capoluongo, invece, fu in pratica amnistiato perché evidentemente contò il retaggio familiare storicamente danaroso e forse anche una certa ammirazione che soprattutto nel gruppo degli Schiavone riscuoteva per aver partecipato, questo lo accenna Nicola Schiavone junior e lo racconta Nicola Panaro, ad uno degli episodi militari più famosi e più cruenti di quegli anni: l’assalto di un commando di 10 persone, “il meglio” della Nuova Famiglia capitanato da Antonio Bardellino in persona e partecipato anche dai boss Carmine Alfieri e Pasquale Galasso, alla casa della famiglia Nuvoletta in località Poggio Vallesana di Marano. Se leggete bene  in calce all’articolo lo stralcio che dell’ordinanza, contenente le dichiarazioni di Nicola Panaro troverete la seguente considerazione di uno dei maggiori luogotenenti di Sandokan che definisce il blitz di Marano come “un’azione eroica” fatta da un gruppo di boss e di ras coraggiosi che andarono a violare uno dei santuari apparentemente inespugnabili, uccidendo Ciro Nuvoletta fratello di Lorenzo, che probabilmente era il vero bersaglio del blitz e che invece sfuggì alla sorte per lui decisa da Bardellino, Alfieri e Galasso, perchè in quel momento non era presente. Insomma, del Nicola Panaro  il fatto che Maurizio Capoluongo avesse partecipato a quella spedizione che poi ebbe una coda ugualmente sanguinosa, nel momento in cui sulla via del ritorno, il commando di Bardellino fu intercettato dagli uomini di Nuvoletta, con le strade di Marano trasformate in un inferno di piombo, sotto al quale cadde l’innocente  imbianchino 28enne Salvatore Squillace colpito dal fuoco incrociato dei due gruppi che si fronteggiarono.

Insomma, il lasciapassare straordinario che Francesco Schiavone Sandokan garantisce a Maurizio Capoluongo non è casuale, non è frutto di valutazioni banali. E qui, rimanendo a parlare sempre di Maurizio Capoluongo che mano mano si era avvicinato, fino a diventarne una sorta di socio di fatto, a Michele Zagaria, salvo poi distaccarsene a causa del famoso sgarbo della farmacia comunale di Trentola, consumato ai danni di Giacomo Capoluongo, fratello di Maurizio, va sottolineata un’altra ricostruzione sempre uscita dalla bocca di Nicola Panaro. Un racconto che in qualche modo da un senso alla notizia che recentemente abbiamo dato sull’assunzione di Maurizio Capoluongo, oggi a piede libero, da parte di uno degli operatori commerciali che svolgono la propria attività di gioiellieri all’ingrosso, all’interno del Tarì di Marcianise (clicca e leggi).

Nicola Panaro racconta di una sua visita alla gioielleria che Maurizio Capoluongo aveva aperto al centro di Caserta negli anni 90. Lì Panaro si recò per comprare un anello di fidanzamento o comunque in vista del suo matrimonio.

Ci siamo informati e dunque ora sappiamo che questa gioielleria si trovava, come del resto tanti altri negozi del sedicente salotto di Caserta, via Mazzini e dintorni, proprio in una stradina prospiciente al palazzo comunale.

Insomma, puntata molto interessante del nostro lungo focus di approfondimento di questa ordinanza. Già possiamo anticiparvi che quello successivo, quelle dei prossimi giorni lo saranno ancor di più.