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ESCLUSIVA MARCIANISE. Ecco le prove che Velardi, Spasiano e compagnia sapevano tutto da settembre della situazione della Lea. Mai avevamo assistito a una pagliacciata di queste dimensioni

16 Luglio 2018 - 09:15

MARCIANISE(g.g.) Occorrerebbe un articolo molto lungo per spiegare seriamente, dettagliatamente quella che è stata la vicenda della Lea, cioè dell’azienda con sede in Irpinia che, più di un anno fa, acquistando un ramo d’azienda dell‘Ecologia Iavazzi, assorbì sic et simpliciter, la sua attività di trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi e non.

Ma siccome gli articoli lunghi non sono utili per la comprensione, cercheremo di dividere questo lavoro in due parti: una la pubblichiamo oggi e un’altra domani, domenica. Avevamo promesso ai marcianisani cloroformizzati dalle balle che gli avremmo dimostrato, senza se e senza ma, che quello del loro sindaco, Antonello Velardi, è stato solamente il solito show mediatico. Il nulla pneumatico per quel che riguarda ciò che un sindaco avrebbe il dovere di fare per tutelare seriamente la salute dei suoi concittadini.

L’operazione Ecologia Iavazzi-Lea si era perfezionata nel maggio 2017. Ma già il primo settembre dello stesso anno, come scritto nel verbale di sopralluogo dell’Arpac, avvenuto il 12 settembre, il comune di Marcianise era a conoscenza delle criticità che si addensavano all’interno dell’enorme capannone della Lea, che poi si sarebbe dimostrato un vero e proprio mostro ambientale.

Le conosceva eccome le criticità il comune di Marcianise, perchè il primo

settembre, furono i vigili urbani a chiedere formalmente l’intervento dell’Arpac, cioè dell’agenzia della Regione che, a quel punto, era chiamata a verificare se ciò che la Regione Campania aveva autorizzato qualche mese prima, fosse ancora una cosa dilatabile nel tempo o se, al contrario, occorreva un blocco immediato.

La relazione dell’Arpac fu disarmante: “L’impianto – scrivevano gli ispettori regionali – è dotato di una linea di selezione, cernita, triturazione e imballaggio non funzionante. Dalla planimetria esibita nonchè da quello di autorizzazione si evince che l’ubicazione dei rifiuti stoccati e lo stato dei luoghi non corrispondono a quanto riportato in atti.

Già questo, sarebbe bastato e avanzato. L’Arpac scrive anche altre cose che potrete leggere nel documento che pubblichiamo in calce a questo articolo. Subito dopo l’intervento dell’Arpac, il dirigente del comune di Marcianise Gennaro Spasiano, con nota del 26 settembre 2017 chiede l’intervento degli ispettori dell’asl, i quali, come potete leggere dal terzo documento (il secondo è la nota di Spasiano che pubblichiamo sempre in calce) arrivano sul posto il giorno 9 ottobre 2017.

E’ previsto un efficientamento di tale impianto attraverso circoscrizione di tutto il perimetro dell’area di conferimento dei rifiuti organici con porte pac.” Ciò significa che questo status non esisteva. E ciò già rappresentava una situazione di fatto, di cui il comune, attraverso la sua massima autorità sanitaria, cioè il sindaco, avrebbe dovuto trasformare, mettendo insieme le due relazioni, quella Arpac e quella Asl, di cui aveva perfetta conoscenza, in un’ordinanza di chiusura.

Allo stato – continuano gli ispettori asl nella loro nota – manca impianto di sanificazione dei mezzi di conferimento dei rifiuti organici all’entrata e all’uscita.” Il che significa, aggiungiamo noi, che questi mezzi, questi camion, erano delle bombe ecologiche a cielo aperto, autentici vettori del rischio sanitario.

Intanto nella vicenda mentre il comune faceva calare un velo di silenzio e forse di omertà, mentre la Lea assumeva persone di Marcianise di cui, a questo punto, vorremmo scoprire l’identità, irrompeva Iavazzi chiedendo l’annullamento del permesso dato dalla Regione Campania alla Lea, quale acquirente del ramo di azienda. Per questo motivo, veniva anche incaricato, come CTU di parte, l’ingegnere Antonio Salzillo di Capodrise, il quale denunciava una situazione a dir poco inquietante, a dir poco allarmante, descrivendo i locali della Lea come una vera e propria cucina degli orrori, come una vera e propria arma di distruzione ecologica e forse biologica. E anche qui, vi invitiamo a leggere, nella serie di documenti che pubblichiamo in calce, la relazione dell’ingegnere. 

Solo di fronte alla lettera con la quale l’avvocato Luigi Adinolfi, in rappresentanza della Iavazzi, intimava al sindaco Velardi di firmare l’ordinanza di chiusura, questi, dopo aver chiesto lui ancora allo stesso avvocato, come se ci fosse qualche dubbio di fronte a quel popò di documentazione, apponeva la firma.

Tutto ciò dopo la sconcertante, ridicola, inspiegabile macchietta del presidio che un sindaco, dotato della potestà di chiudere subito la partita con un’azienda inquinante, ha messo in piedi, come in una sorta di teatrino, come una sorta di avanspettacolo, con ombrelloni, personaggi eccentrici, panini, birre e partite a briscola.

Una roba parafelliniana completamente slegata dalla configurazione dei fatti così come questi erano determinati dentro ai processi amministrativi e dentro alle iniziative giudiziarie riguardanti la Lea.

 

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