Ad Script

ESCLUSIVA. Scarcerato il capozona Aldo Picca. Sicuramente è cambiato: se non fosse così, sa bene a chi ha fatto fare i soldi immobiliari e a chi può chiedere quello che si è perso in 20 anni di galera

23 Dicembre 2020 - 13:17

L’area Pip e tante cooperative residenziali sono nate durante il periodo in cui lui svolgeva la funzione di capozona del clan dei casalesi. L’ultima ordinanza importante lo colpì nel 2010 a seguito del ritrovamento del libero mastro di Vincenzo Schiavone detto Copertone. Quel giorno, però, lui già si trovava in carcere per effetto di precedenti provvedimenti

 

TEVEROLA – (g.g.) Il 64enne Aldo Picca gira libero da circa una settimana per le strade di Teverola e per quelle di ogni comune in cui intende legittimamente recarsi dopo essere stato scarcerato, a conclusione di una detenzione molto lunga di circa 20 anni. Aldo Picca è stato il capozona del clan dei casalesi, fazione Schiavone, nel comune di Teverola. Comune ricco, occupato da un’ampia zona Asi, diciamocela tutta, anche perchè si tratta di un luogo in cui si costruisce come pare e piace e nel quale le normative riguardanti le concessioni, i permessi, le sanatorie, ci sono ma è come se non ci fossero, così come abbiamo dimostrato anche di recente nell’articolo sugli immobili dell’imprenditore locale Angelo Morra.

Quindi Picca, tra l’altro cognato anche di Giuseppe Quadrano, ergastolano, ha governato dunque un’area in cui la criminalità organizzata ha fatto affari d’oro, costruendo un rapporto, così come ha raccontato per esempio il super pentito Antonio

Iovine detto ‘o ninno, con i livelli politici ed imprenditoriali, spesso contemporaneamente politici ed imprenditoriali, per spartirsi una parte enorme.

Dunque Aldo Picca sa molte cose. E quelle che non conosce, che gli sono sfuggite, magari anche nei racconti e nelle conversazioni dei colloqui carcerari, nei 4 lustri della sua detenzione, se l’è fatte sicuramente raccontare. Per lui sono nuovi episodi di un lungo serial di cui conosce a memoria tutte le puntate precedenti e iniziali di cui è stato certamente protagonista.

Sarebbe interessante, al riguardo, capire cosa ha pensato Aldo Picca quando, in questi giorni, è passato sicuramente vicino a certi parchi residenziali, messi in piedi da certe cooperative. E ancora, cosa ha pensato quando è passato nell’area Pip che, come dice ad un ragazzo diventato un uomo, una persona del suo entourage familiare, “ti ho visto nascere e crescere”. Perchè, diciamocela tutta, ciò che succedeva e che forse succede ancora a Teverola, non sfuggiva al clan dei casalesi che, il più delle volte, diventata facilitatore, se non addirittura artefice, progettista, costruttore, di certe operazioni.

E “certe operazioni” nel corso dei 20 anni in cui Aldo Picca è stato in carcere, sono cresciute. Nel senso che il sistema da far west attivato sin dai “tempi d’oro” del super ingegnere Gennaro Pitocchi e continuato da qualche suo successore, con l’eccezione di quella breve stagione, non a caso provvisoria, della sindacatura di Dario Di Matteo, ha prodotto utili, guadagni vertiginosi. Perchè se uno costruisce e non paga costi di costruzione, spesso anche gli oneri di urbanizzazione propriamente detti, assumendo l’impegno di urbanizzare in proprio facendolo poi poco e male, se uno chiede un permesso in sanatoria ai sensi dell’articolo 36 e lo ottiene, non adempiendo poi con la complicità di un ufficio tecnico che a un certo punto, non a caso, qualcuno incendia di notte, è chiaro che si fanno i milioni con la pala.

Ora, noi siamo sicuri che Aldo Picca ha scontato i suoi 20 anni e oggi, pur non essendo diventato un collaboratore di giustizia, ha deciso di chiudere con la vita da camorrista. Lo dobbiamo concedere come fatto reale, fino a prova contraria. Ma mettiamo che Aldo Picca decida di concedersi una licenza di 5 o 6 mesi in cui ritornasse a fare il mestiere che ha sempre fatto, potete starne certi che sa benissimo da quali politici deve andare e da quali imprenditori.

Quelli che anche grazie all’intesa con la camorra e al suo scudo protettivo, si sono arricchiti a quel tempo e soprattutto hanno continuato a farlo quando i camorristi più temibili erano stati messi in condizione di non nuocere nelle patrie galere.