Il CLAN DEI CASALESI al tempo del lockdown. Quando i riciclatori del danaro sporco vengono multati per le mascherine e perchè erano quattro in auto

5 Novembre 2021 - 14:00

L’episodio curioso risulta dalle intercettazioni pubblicate nella recente ordinanza imperniata sulle figure di Giuseppe e Luisa Guarino, rispettivamente cognato e moglie di Giacomo Capoluongo. Ne viene fuori un quadretto interessante su cui esprimiamo una riflessione relativa al rapporto tra le attività della criminalità organizzata e la vita normale, ordinaria che spesso diventa straordinaria per eventi come il covid che però diviene, in tutta evidenza, alla luce dei fatti narrati, “il più straordinario tra gli straordinari, il più straordinario della storia”

 

TRENTOLA DUCENTA/SAN MARCELLINO(g.g.) Si è sempre detto, ma perchè effettivamente risultava dai fatti, dai documenti delle indagini, che la criminalità organizzata, nel nostro caso la camorra dei clan casertani, casalesi, marcianisani eccetera, abbia sempre vissuto in maniera impermeabile rispetto alla vita di ogni giorno, ai fenomeni sociali, cioè alla storia che potremmo definire dei fatti comuni. Non perchè il camorrista non guardasse la televisione o perchè non andasse in vacanza in auto avendo la necessità di informarsi sulla meteorologia o sul traffico autostradale, ma perchè tutto quello che era camorra era totalmente separato da quella parte della propria esistenza sviluppata attraverso le azioni di ogni giorno, quelle standard che tutto sommato facevano e fanno rassomigliare un camorrista a una persona perbene.

Non c’era dunque alluvione, terremoto, non c’era festa comandata con tanta gente in strada, con tanti problemi di viabilità che potesse alterare, inficiare, anche in maniera relativa i processi attuativi delle strategie criminali. Poteva cadere anche il mondo ma il camorrista quando svolgeva questa funzione era avvolto in una sorta di bolla protettiva. Tutto il mondo fuori guardava la partita dei Mondiali, si fermava per l’attentato delle Torri Gemelle, ma il camorrista di Casal di Principe, di Aversa, di Parete andava a prelevare il rateo estorsivo l’11 settembre del 2001, esattamente come l’aveva ritirato il 20 novembre 1996 per paragonare alla data che sarà impressa per sempre nei libri di storia, un’altra data in cui non è capitato nulla di rilevante.

C’è voluta la pandemia, il covid perchè le cose del mondo andassero a condizionare l’agire, l’azione quotidiana della criminalità organizzata. In questa chiave va letto l’episodio raccontato nella recente ordinanza sul maxi riciclaggio da 175 milioni di euro, governato, secondo la Dda, da rappresentanti di spicco del clan dei casalesi. Il 14 marzo 2020 l’Italia era già ferma da 5 giorni: lockdown integrale, assoluto.

Le autocertificazioni erano una roba un pò complicata e soprattutto pericolosa per chi svolgeva il compito di grande riciclatore di danaro sporco. Capita dunque che un equipaggio di riscossori, formato da Gennaro Savanelli, Nunzia Moccia, Fiorello Fratianna e Maria Mocerino, venga fermato dai carabinieri a un posto di blocco dentro al perimetro del comune di Crispano. Di qui nasce la conversazione intercettata tra Gennaro Savanelli e Giuseppe Guarino.

Il primo racconta che i carabinieri li hanno verbalizzati perchè erano in 4 a bordo di una sola auto. All’epoca infatti si poteva girare in macchina in due, in base al quelle che erano le disposizioni stabilite dai DPCM del governo Conte, in materia di prevenzione del covid-19. I 4 furono non solo verbalizzati ma anche denunciati a piede libero.

I dettagli li leggete nello stralcio che pubblichiamo qui in basso.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA