Individuata la TALPA di Nicola Schiavone, pupillo di Sandokan: è un funzionario di una nota Banca campana. Spifferò tutto all’amico imprenditore che poi riferì a monaciello. Indagati anche un avvocato (ai domiciliari) e un maresciallo dei carabinieri

26 Luglio 2022 - 14:05

In calce all’articolo in cui sintetizziamo gli avvenimenti e diamo un senso a ciò che abbiamo scritto in queste ultime settimane sulla fuga di notizie, il breve stralcio contenente la conversazione intercettata tra Nicola Schiavone e De Vito con quest’ultimo che riferisce al primo nel gennaio 2019, tutti i dettagli. Il secondo documento contiene l’elenco degli indagati per questa fuga di notizie; il terzo i capi di imputazione provvisori con la contestazione dei reati di rivelazione dei segreti d’ufficio da parte dell’incaricato di pubblico servizio, di aver favorito con l’aggravante del 416 bis comma 1, già articolo 7 della legge 203 del 91

 

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Ogni promessa è deibito. Lo scriviamo sempre e ci piace farlo perchè sono pochissimi gli impegni assunti con i nostri lettori a cui poi non riusciamo ad adempiere. Avevamo promesso di indagare, di ricostruire la trama della fuga di notizie grazie alla quale Nicola Schiavone 68enne di Casal di Principe, detto monaciello, un soprannome utilizzato proprio da Francesco Schiavone Sandokan durante un colloquio con i suoi congiunti, venne a sapere del fatto e i dettagli relativi all’indagine che la Dda stava svolgendo su di lui e sul complesso sistema degli appalti con l’azienda di Stato Rfi attraverso anche un meccanismo infernale, incredibilmente complesso, ma allo stesso tempo efficiente che coinvolgeva decine e decine di imprese e tanti prestanome a disposizione.

La risposta alle domande che ci siamo posti dal momento in cui abbiamo scritto l’articolo sulla fuga di notizie e sulla riunione riservata che nel gennaio 2019 Nicola Schiavone, alla presenza del suo fedelissimo Carmelo Caldieri, tiene con l’imprenditore Crescenzo De Vito, sta in un’altra ordinanza, molto più breve, eseguita lo scorso 5 marzo e che ha portato all’arresto, con detenzione domiciliare, proprio di Crescenzo De Vito, cioè di colui che spiffera a Nicola Schiavone molti dettagli dell’inchiesta.

Ma come era riuscito a conoscere queste informazioni l’imprenditore nato a Villaricca e residente a Giugliano cioè nella seconda patria di Nicola Schiavone senior, città di residenza della moglie Teresa Maisto? Attraverso un impiegato di banca infedele o quantomeno poco serio. Trattasi di Francesco Chianese che si spera a conclusione dei 6 mesi di sospensione dal servizio, comminatigli dal gip nel marzo scorso e in scadenza a settembre, venga messo alla porta dalla Banca Popolare di Torre del Greco, in passato tesoriera del comune di Caserta e istituto di credito molto noto, molto forte in quanto insediato primariamente in un territorio tra i più popolosi della Campania, visto che Torre del Greco è la terza città per residenti dopo Napoli e Salerno.

Chianese fu incaricato evidentemente dalla sua banca, di fornire tutti i documenti richiesti dalla Dda attraverso la Polizia giudiziaria, cioè attraverso i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta. Si trattava di un decreto di esibizione e poi di acquisizione dei documenti bancari relativi ai rapporti di credito tra persone fisiche e società.

In questa richiesta dei carabinieri compariva anche la Macfer srl. Un fatto che inquietò l’impiegato Chianese evidentemente buon amico e in rapporti con Crescenzo De Vito, titolare di questa società. Secondo l’accusa, nel momento in cui Chianese evadeva questo mandato di esibizione finalizzata all’acquisizione di documenti che divenivano parte integrante dell’inchiesta della procura della repubblica di Napoli, svolgeva una funzione di incarico di pubblico servizio.

Nel momento in cui  è andato a spiffare, aggiungiamo noi, vergognosamente, al di là della discussione sull’esistenza del reato contestato, al suo amico Crescenzo De Vito, l’impiegato avrebbe, secondo l’accusa avrebbe violato le regole di questo incarico. Di qui la contestazione del reato ai sensi dell’articolo 326 del codice penale rivelazione di segreti d’ufficio dal pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio e poi anche dell’articolo 378, favoreggiamento personale, entrambi aggravati dall’articolo 416 bis comma 1 (favori alla camorra).

Il secondo capo di imputazione riguarda gli altri indagati, cioè il citato De Vito, al quale viene contestato di aver rivelato, di aver avvertito Nicola Schiavone dell’indagine, mettendolo al corrente di questi segreti d’ufficio, ma avendo svolto anche un’attivitá di ulteriore approfondimento visto che quando Chianese lo aveva avvertito sull’esistenza dell’indagine della Dda, con tanto di numero di proecedimento, lui si sarebbe attivato con l’avvocato del foro di Aversa-Napoli nord Matteo Casertano, finito a sua volta ai domiciliari e in grado di chiedere al maresciallo Giuseppe Febbraio che è rimasto a piede libero riteniamo anche dopo l’interrogatorio di granzia a cui fu sottoposto dal gip, o, in servizio presso gli uffici Pg della Procura di Napoli, in modo da conoscere altri contenuti, altri dettagli di questa indagine.

Fin qui la vicenda della fuga di notizie. E’ chiaro che con tante persone coinvolte e pronte a mettersi a disposizione di Schiavone, veramente centinaia e centinaia, poteva ben accadere che, a raggiera, qualche amico o qualche amico dell’amico, in questo caso Chianese, potesse venire a conoscenza dell’indagine e ne rendesse edotto l’amico Crescenzo De Vito, il quale, poi attraverso l’avvocato Matteo Casertano e il maresciallo Giuseppe Febbraio, si tranquilizza, venendo a sapere che lui non è tra gli indagati.

Fatto che non gli impedisce però a dimostrazione della rete di rapporti con Schiavone monaciello, di avvertire quest’ultimo e di raccontargli sia quello che gli aveva detto Chianese, sia quello che aveva raccolto, direttamente dagli uffici giudiziari della Procura di Napoli, sull’asse Matteo Casertano-Giuseppe Febbraio.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZ CON LA RIUNIONE

 

QUI SOTTO L’ELENCO DEGLI INDAGATI

 

QUI SOTTO I DUE CAPI DI IMPUTAZIONE