LA CAMORRA CHE FA (ANCORA) PAURA. Le estorsioni a carico di due noti medici, di un padre e di un figlio. Il pestaggio al titolare di un negozio e anche il pusher pagava
2 Dicembre 2022 - 13:36
Abbiamo scelto 6 capi d’imputazione provvisoria che ci permettono di affermare che la “qualità criminale” degli eredi della fazione Bidognetti, capitanati dal vecchio esponente Giosué Fioretto, è stata invasiva e violenta .A questo filone appartiene anche l’episodio della gambizzazione dell’imprenditore del pellame, a cui abbiamo dedicato un articolo a parte
AVERSA/CASTEL VOLTURNO – Il quadro che emerge dal troncone dell’inchiesta, sviluppato dalla Dda e dai carabinieri del reparto investigativo del gruppo di Aversa, riguardante l’attività della fazione di Bidognetti è decisamente molto più inquietante e molto più concretamente allarmante di quello relativo alla riorganizzazione, in questo caso, probabilmente, ancora alle prime fasi, del gruppo, vicino alla famiglia Schiavone e imperniato prima di tutto sulla figura di Giovanni Della Corte, e in parte, anche su quella di Franco Bianco.
I capi di imputazione provvisori da noi selezionati per l’articolo odierno, la dicono, infatti, molto lunga sulla determinazione criminale e sulla disponibilità a colpire materialmente le proprie vittime, da parte del manipolo dei bidognettani, da parte di vari Francesco Barbato, Giovanni Ariello, Antonio Cacciapuoti, Pasquale Musciarella, Francesco Sagliano, Giosué Fioretto, Giuseppe Spada, Nicola Garofalo, Angelo Zaccariello, Giacomo e Giuseppe D’Aniello, Onorato Falco, Antonio e Giovanni Stabile, Clemente Tesone e Marco Alfiero.
Averli tolti, almeno per il momento, dalla circolazione, ha sicuramente rappresentato un colpo duro assestato all’obiettivo di una riorganizzazione articolata e capillare del clan dei casalesi e ha, inoltre, apportato sollievo alle vittime delle estorsioni, a quegli imprenditori, i quali hanno bisogno di constatare che questi camorristi vadano effettivamente in galera e che ci restino a lungo, per assumere ancora più coraggio nel denunciare le minacce estorsive di cui sono bersagli, anche se, va detto, che già questa indagine si è potuta sviluppare bene proprio grazie alla decisione di diversi imprenditori di rivolgersi alle forze dell’ordine.
La vicenda della gambizzazione dell’imprenditore Aureliano Manno, attivo nel settore del pellame, abbiamo già scritto a parte (clicca e leggi). Si tratta dell’episodio più grave tra tutti quelli avvenuti soprattutto nell’anno 2020 e che hanno colpito anche imprenditori molto conosciuti. Ad esempio, il capo 25 racconta dell’estorsione aggravata consumata ai danni della Biodental con studi ad Aversa e a Lusciano. Giuseppe e Giacomo D’Aniello chiesero ai medici Costantino D’Alessio e Francesco Perfetto, gestori di Biodental, 30mila euro, in pratica, 15mila per la sede di Aversa e altri 15mila per quella di Lusciano. Dalla formulazione del capo d’imputazione provvisorio, relativo in questo caso a fatti accaduti nel 2018, non si capisce se alla prima dichiarazione di impossibilità a versare la cifra richiesta, comunicata dal medico Francesco Perfetto nel corso di un incontro avuto con Giuseppe D’Aniello a casa di Giacomo D’Aniello alla presenza anche del fratello.
Altro episodio piuttosto complicato e articolato è quello riguardante l’estorsione in parte consumata ai danni di Salvatore e Francesco Vinciguerra, rispettivamente padre e figlio, gestori di fatto della MSB Metalli. In questo caso gli indagati sono, ancora una volta, Giosué Fioretto, effettivamente il nome più conosciuto come bidognettano di lunga lena, Giovanni e Antonio Stabile e, ancora, Giuseppe Spada. Ai due viene chiesta la somma di 10mila euro. Fioretto svolge, secondo la prospettazione accusatoria ,la funzione di ideatore, ma anche di esecutore materiale dell’azione estorsiva, visto e considerato che lui stesso, fisicamente, si reca, insieme a Giovanni Stabile da Francesco Vinciguerra. La richiesta è esplicita quanto minacciosa: “Non mi riconosci- afferma Fioretto rivolgendosi a Vinciguerra -? Sono due anni che state qua a lavorare, noi di solito ci prendiamo 3mila, 3mila e 3mila ogni anno, perché dobbiamo mantenere le famiglie dei carcerati. Ora, siccome sono due anni mi devi 15mila euro.
E qui la situazione si complica. Non tanto perché i Vinciguerra non hanno dato riscontro alla richiesta estorsiva , ma perché a Giosué Fioretto risulta che Francesco Vinciguerra abbia denunciato tutto alle forze dell’ordine. Di qui, va in onda un format classico, comune a tutte le mafiosità: due emissari, due inviati del leader di un gruppo criminale vanno a prelevare la vittima e la conducono in aperta campagna al cospetto del loro capo. Questo accade a Salvatore Vinciguerra, il quale viene fatto salire nell’auto di Giovanni e Antonio stabile condotto in un agro non meglio precisato di Castel Volturno. Lì c’è ad aspettarlo Giosué Fioretto, scortato Giuseppe Spada. Il primo gli ricorda della richiesta di 10mila euro, dunque non più di 15mila, da lui formulata qualche giorno prima al padre Francesco Vinciguerra. Ma la tensione sale quando l’esponente della fazione Bidognetti dice a Salvatore Vinciguerra che a lui risulta che il padre Francesco abbia denunciato la richiesta estorsiva. Di qui, la declinazione del proprio curriculum criminale: “Io so dove abiti e se ti permetti di fare la stessa cosa, vengo a prenderti. Io ho fatto 15 anni di carcere e qualche brutta amicizia ce l’ho”.
Alla fine di questa giostra dell’intimidazione, Salvatore Vinciguerra prende nota, si impegna a riferire tutto al padre Francesco e quest’ultimo qualche giorno dopo versa nelle mani di Giovanni Stabile la somma di 5mila euro.
Il terzo episodio molto rilevante dei sei capi d’imputazione provvisori, il cui testo integrale riportiamo in calce a questo articolo è relativo ad un pestaggio, subito dall’imprenditore Emidio Romano, gestore della “Nautica Sea Doo” con di Castel Volturno. In questo caso, c’è un unico indagato, cioé il “solito” Giosuè Fioretto, ma in realtà questa indagine va a chiudere il cerchio di un’altra indagine, contenente l’ossatura dell’ episodio per il quale sonno indagati Francesco Barbato, Pasquale Musciarella e Francesco Sagliano, Antonio Cacciapuoti e Giovanni Arillo.
Furono, proprio Antonio Cacciapuoti e Francesco Sagliano a infliggere il pestaggio all’imprenditore Emidio Romano alla presenza di Francesco Barbato che avrebbe spianato un’arma da fuoco. Il tutto era iniziato con l’opera da apri pista Giovanni Arillo, soggetto noto per le frequentazioni camorristiche e che aveva curato l’istallazione di un impianto di videosorveglianza proprio a vantaggio del negozio di Emidio Romano. Proprio Arillo spiega a Romano le intenzioni criminali del gruppo di Barbato. Evidentemente, il mancato riscontro alla richiesta estorsiva, scatena la reazione dei camorristi i quali organizzano e realizzano la spedizione punitiva avvenuta il 13 luglio del 2020. L’inserimento di Giosué Fioretto nel gruppo degli indagati è frutto della convinzione, maturata dagli inquirenti e dall’autorità giudiziaria, che fosse proprio lui il mandante di queste attività criminali.
Gli ultimi tre capi d’imputazione, naturalmente sempre provvisori, riguardano un porto e detenzione di arma da fuoco utilizzata per esplodere alcuni colpi in aria, in modo da intimidire, in quel di Parete, Luigi Vassallo “o merican”, che aveva sfidato, durante un alterco Nicola Garofalo, Onorato e Pietro Falco che sono proprio gli indagati del capo 19.
Successivamente Giosuè Fioretto, Onorato Falco e Nicola Garofalo sonno indagati nel capo, per il reato di estorsione aggravata con l’aggiunta del 416 bis comma 1 (favori alla camorra) per la riscossione di 1500 euro nelle mani di Nicola Garofalo, provento di estorsione ai danni di un imprenditore non meglio identificato. Ultimo episodio da noi selezionato è quello relativo al capo 21, cioè l’estorsione perpetrata ai danni del pusher attivo sulla piazza Di Castel Volturno, Massimo Versi che consegnò 4iula euro. Per questo capo sono indagati Marco Alfieri, Giosuè Fioretto, Clemente Tesone e Nicola Garofalo.