LA CONDANNA DEL SINDACO MARCELLO DE ROSA. Ecco perché non sarà sospeso. Vi spieghiamo nel dettaglio tutte le “diavolerie” della legge Severino. Ma se la Corte d’Appello…
6 Aprile 2023 - 21:40
Abbiamo deciso di intervenire sull’argomento dopo che, nel tardo pomeriggio, dal momento in cui si è diffusa la notizia, si sono rincorse voci di ogni tipo che necessitano, a nostro avviso, di essere messe un po’ in ordine.
CASAPESENNA (g.g.) Proviamo a fare un po’ di chiarezza, perché nelle ultime ore un po’ di casino c’è stato intorno a quelle che potrebbero essere le conseguenze della sentenza di condanna a tre anni di reclusione, inflitta, in primo grado, al sindaco di Casapesenna, Marcello De Rosa, dal tribunale di Aversa-Napoli Nord.
Qualcuno ha parlato di sospensione, qualcun altro, addirittura di decadenza. Ma Marcello De Rosa, almeno per il momento, per quella che è la legge attualmente vigente, risultante dal Testo unico sulle disposizioni in materia di incandidabilità, Decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012, comunemente definito Legge Severino, può rimanere in carica. Diverso sarebbe il discorso dell’opportunità politica e morale, ma su quel terreno De Rosa si sarebbe dovuto dimettere già da anni, così come abbiamo scritto ed argomentato più volte, incrociando anche qualche sua querela piuttosto stravagante che, ovviamente, non ha prodotto alcun risultato per chi l’aveva presentata.
La risposta sta nel combinato tra gli articoli 11 e 10, comma 1 lettere a, b e c della Severino.
Si parte dall’articolo 11, perché si tratta della norma che prevede la sospensione di un sindaco dalla propria carica anche non attinto da una sentenza definitiva e, dunque, passata in giudicato. D’altronde, la sospensione non è la decadenza, fatto gravissimo che ricorre solo in casi molto, molto seri. Senza tirarla troppo per le lunghe, esiste un kit di reati, elencati nella lettera c del comma 1 dell’articolo 10 della stessa Severino, che producono la sospensione del sindaco dalla sua carica, a prescindere dall’entità della condanna rimediata in primo grado. Il kit riguarda tutti i reati compiuti contro la pubblica amministrazione, più qualche altro. Si parte dal peculato dell’articolo 314 del Codice penale con tutte sue declinazioni, così come previste dagli articoli 315 e 316, a tutto il blocco dei quelli della corruzione, che vanno dal 318 al 322, passando per il reato di concussione, ai sensi dell’articolo 317. Si è sospesi con sentenza di primo grado indipendentemente all’enteità della stessa, per il reato di abuso d’ufficio, ai sensi dell’articolo 323, oppure, ancora, per una condanna ricevuta ai sensi degli articoli 325 (Utilizzazione d’invenzioni o scoperte conosciute per ragione d’ufficio), 326 (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio), 331 (Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità), 334 (Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa) e, infine, il 346 bis che riguarda il Traffico di influenze illecite.
Questi reati, insieme a quelli associativi riguardanti la criminalità organizzata, a quelli riguardanti il traffico degli stupefacenti, al terrorismo e a qualche altra “bell’attività” simile, comportano la sospensione senza andare a guardare, ripetiamo ancora, l’entità della pena.
Siccome Marcello De Rosa è stato condannato a tre anni di reclusione per il reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell’articolo 479, il suo caso non può rientrare nelle previsioni contenute nella lettera c del comma 1 dell’articolo 10 della Severino. Già che ci siamo, neppure in quelle previste dalla lettera a e, neppure, in quelle previste dalla lettera b.
Per la lettera b, però, Marcello De Rosa ci va vicinissimo alla sospensione. La Severino, infatti, allarga lo spettro dei reati per i quali un sindaco può essere sospeso anche per effetto di una condanna non definitiva. Lo allarga inserendovi tutti i reati non colposi, per i quali si è riportata una condanna non inferiore ai due anni di reclusione.
Beh, allora Marcello De Rosa è sospeso, dato che il falso in atto pubblico contestatogli non è un reato colposo e dato che la sua condanna è superiore ai due anni di reclusione? No, perché per i reati contro la pubblica amministrazione, per quelli ancor più gravi di mafia, droga, ecc. la legge parla di condanna “non definitiva”, senza ulteriori specificazioni, contenendo dunque, nella previsione anche una semplice condanna subita in primo grado. Per i reati dello spettro largo, quelli non colposi, invece, la sospensione scatta per “coloro i quali hanno riportato una condanna in primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo”. Ergo: Marcello De Rosa, a meno che non lo soccorra la prescrizione, che già gli ha permesso nel processo odierno di scampare ad altri capi di imputazione per i quali si trovava alla sbarra, sarà sospeso da sindaco di Casapesenna se la Corte di Appello, a cui sicuramente lui farà ricorso, dovesse condannarlo, a sua volta, per il reato di falso in atto pubblico, ad una pena di almeno due anni di reclusione.
Apriamo una brevissima parentesi, visto e considerato che un altro sindaco, quello di Maddaloni Andrea De Filippo, sarà, a nostro avviso, con ogni probabilità assolto, giusto per spiegare ancora meglio. De Filippo è stato imputato per il reato di voto di scambio con l’aggravante di aver favorito un clan locale. Lo stesso pubblico ministero della Dda, in sede di requisitoria, ha riconosciuto la sua innocenza per il reato più grave, facendo residuare solo una richiesta di condanna ad un anno di reclusione per il “reato semplice” di voto di scambio, che non è compreso nel famoso kit delle lettere a, b e c del comma 1 dell’articolo 10 della Severino. Per cui, De Filippo è candidabile. Lo sarebbe stato lo stesso, anche se una eventuale condanna a un anno, in primo grado, avesse avuto il riscontro di una conferma da parte della Corte di Appello, in quanto l’entità della stessa (un anno) è comunque al di sotto del limite dei due anni, previsto per i reati non colposi.