LA NOTA. Arrestato Casimiro Lieto. Ecco perché io che l’ho crocifisso negli anni di “Settembre al Borgo”, ora gli sono vicino e lo difendo

18 Ottobre 2019 - 18:59

CASERTA – Chi scrive è stato uno che nulla ha risparmiato a Casimiro Lieto, quando l’autore di programmi televisivi era al timore di “Settembre al Borgo”, che ha guidato per diversi anni.
Una guerra fatta di decine e decine di articoli.
Nulla gli ho risparmiato, e trovandomi nelle condizioni di conoscenza dei fatti in cui mi trovavo al tempo, quando valutavo affidandomi solo all’evidenza degli atti, rifarei tutto in maniera pedissequa.
In mezzo, durante il lasso temporale che separa il periodo delle mie inchieste e il doloroso arresto subito stamattina da Casimiro Lieto, ho avuto la possibilità di conoscerlo direttamente.
Quando mi ha chiesto, con grande educazione e sommessamente di rimuovere qualche mio vecchio articolo ancora oggi indicizzato dai motori di ricerca, a partire da Google, gli ho risposto no in prima battuta.
Siccome, però, ritengo, magari mi sbaglio, ma si sa che io sono un gran presuntuoso, di intuire o quantomeno di saper riconoscere rapidamente i tratti fondamentali del carattere di un mio interlocutore dopo averci parlato tre o quattro volte, gli dissi di sì.
Di Casimiro, che non a caso chiamo con il solo nome per attestare una confidenzialità e anche un’amicizia che rivendico e difendo proprio nel momento della sua maggiore difficoltà, ho apprezzato l’umiltà.
Detta così sembra una frase fatta. Ormai, nei curricula personali che in tantissimi pubblicano di qua e di là, sono due gli aggettivi che vanno per la maggiore. Non si scappa: o si è umili oppure, magari in aggiunta, ineluttabilmente solari.
La capacità che Casimiro ha avuto di convicermi del fatto che il suo modo di discutere delle cose, di confrontarsi, non era rituale e dunque a rischio ipocrisia, ha rappresentato, per uno come me che oggi ritiene di saperla lunga su tutto e tutti, un momento di liberazione da un giudizio che ho ritenuto e ho riconosciuto fosse inquinato, se non interamente, almeno in parte, da un pregiudizio collegato alla convinzione che mi porta ad essere diffidente e tranchant quando c’è di mezzo la politica che gestisce i soldi dei cittadini.

E invece Casimiro, ora parlo al tempo presente, merita di non essere intruppato nel gregge dei questuanti, dei reggicoda, degli ascari di questo o di quell’altro politico in voga.
Attenzione. Non perché Casimiro Lieto non si sia rapportato alla politica per ottenere degli obiettivi professionali. Lo ha fatto e lo ha fatto anche molto.
Ma Casimiro Lieto è riuscito a farsi conoscere nel momento in cui ha mostrato al sottoscritto un tratto della sua personalità veramente originale, soprattutto in questo Paese e di questi tempi: mi sento uno capace, competente, ho studiato tanto la materia di cui mi occupo, ma purtroppo questo non è sufficiente, anzi non serve.
Siccome non tutti hanno la forza, aggiungo io l’incoscienza e la follia di dedicare l’esistenza alla passione e ai principi, andandoli a testimoniare dove capita, e cioè dove il sistema ti permette di fare, allora io, Casimiro Lieto, mi adatto, perché ritengo di non rubare il pane a nessuno, perché ritengo di fare bene il mio lavoro.
Beh un ragionamento di questo tipo puoi condividerlo o no, ma comunque lo devi rispettare, perché introita in sé l’esperienza di un’esistenza vissuta spesso nelle frustrazioni di chi si accorge che la meritocrazia non vale un benemerito.
È un ragionamento che si può condividere o non condividere ma che possiede un pregio: è ispirato da un esercizio di onestà intellettuale.
Ecco perché dico forte e chiaro, oggi che tutti quelli che gli hanno leccato il culo a Caserta, proprio io, la persona che lo crocifisse, ne difendo la dignità e soprattutto la preziosa sensibilità.

Poi l’inchiesta, come si suol dire, farà il suo corso.
L’accusa è che avrebbe raccomandato il figlio di un giudice, attraverso i buoni uffici di un altro giudice, cioè Mauriello, padre dell’attuale proprietario dell’Avellino Calcio, in modo da ottenere un atteggiamento più morbido su un suo procedimento tributario da 230mila euro.
Per carità, tutto è possibile e mai come questa volta siamo lontani mille anni luce dall’idea di poter entrare nel merito di una notizia di cui non conosciamo i contenuti fondamentali, scritti in un’ordinanza che non possediamo.
Vabbè, la dico io una frase rituale che però riteniamo di aver sdoganato, in qualche modo, nel racconto di sintesi e di antitesi relative al mio rapporto con Casimiro Lieto: sono sicuro, certo, che lui saprà dimostrare la sua innocenza.
Dico innocenza e non estraneità ai fatti, perché questa è una tipica storia italiana.
Da oggi in poi, Casimiro mi sarà ancor più simpatico come simpatici sono tutti quelli un po’ sfigati, che si fanno acchiappare.
Lo schema dell’accusa è ineccepibile, pur trattandosi solo di un’ipotesi, ed è nitida a sufficienza perché si possa dire che in migliaia, migliaia e ancora migliaia di casi simili o uguali a questi gli attori delle vicende, soprattutto quando si parla di commissioni tributarie (su Caserta bisognerebbe scrivere un libro) l’hanno fatta sistematicamente franca.

Lieto è accusato di essersi messo d’accordo con Antonio Mauriello, membro del Consiglio nazionale della giustizia tributaria, per dare un posto di lavoro al figlio di Fernando Spanò, presidente della IV sezione della Commissione tributaria regionale di Salerno. Così facendo, secondo l’accusa, Lieto voleva condizionare favorevolmente un procedimento tributario di 230 mila euro a suo carico.