LA NOTA. CONCUSSIONE e CARTE FALSE al comune di TRENTOLA, altre accuse a Sagliocco e alla cricca. Una nostra riflessione sull’appello alla magia fatto dal sindaco

30 Giugno 2019 - 18:37

TRENTOLA DUCENTA(Gialuigi Guarino) L’iper-eccitazione, che ha pervaso il dimissionario sindaco Andrea Sagliocco, a partire dal momento in cui, era l’anno scorso, di questi tempi, è stato proclamato per ricoprire la massima carica cittadina, ne rivela anche il carattere. E uno che ha un carattere così non può assumere una funzione pubblica e amministrativa tanto importante.

Andrea Sagliocco era eccitato al limite dell’esagitato. Perchè se uno afferma, come lui ha affermato con una frase intercettata e a quanto pare impressa in un messaggino paracadutato, su whatsapp, che “quelli là del supermercato Decò non devono aprire“, esortando per il raggiungimento di questo obiettivo la premiata ditta formata dalla dirigente Elena Bassolino e dal suo amico, che a Trentola l’aveva portata, cioè Saverio Griffo, “a fare una magia“. Ciò significa che l’esperienza politica vissuta da Andrea Sagliocco, la sfida non certo facile, densa di emozioni, evidentemente intrise di veleno della sua campagna elettorale, lui, Sagliocco, le ha vissute malissimo.

Diceva di voler instaurare il tempo nuovo del cambiamento. Anche noi di CasertaCe gli credemmo e lo sostenemmo con trasparenza in campagna elettorale, visto che dall’altra parte si intravedeva ancora l’ombra di Michele Griffo e questo non ci non andava bene, questa rappresentava una valida ragione per stare dall’altra parte, cioè con Andrea Sagliocco.

Ma il cambiamento si instaura con il sorriso, con la serenità e vincendo le partite che ti oppongono ai tuoi avversari, con la forza di una pacca sulle spalle, accreditandosi giorno dopo giorno come l’uomo della pacificazione. Una sorta di grande amnistia morale che dia la possibilità di voltar pagina a tutti quelli che la politica l’hanno fatta in un certo modo, che i cittadini li hanno fatti nello stesso modo, perchè non hanno mai trovato un’alternativa per campare decentemente nel paesone di Trentola.

Andrea Sagliocco, e glielo consigliammo anche, avrebbe dovuto uscire sul balcone e dire ai suoi concittadini che un’epoca, quella degli imbrogli, dell’impero della camorra e dei metodi della camorra, adottati anche da chi camorrista non era, volgeva all’epilogo. Doveva offrire una possibilità a chiunque volesse condividere quel tempo nuovo, fatto di norme e di regole equamente applicate ad amici ed avversari. Così Andrea Sagliocco avrebbe vinto veramente le elezioni autentiche. Non solo quelle della fascia tricolore ma le elezioni in grado di potergli attribuire, in futuro, un piccolo posto nella storia.

E invece, la raggelante frase “Quel supermercato non deve aprire, fai un magia” rappresenta esattamente il contrario di un disegno di cambiamento. Non è altro che il risultato di una battaglia che ha visto contrapposti due schieramenti, entrambi saldamente ancorati ai linguaggi, ai codici, all’alfabeto della camorra e che litigano solo perchè c’è una torta da spartirsi, degli interessi da coltivare, degli ossi ancora da spolpare, nonostante tutto quello che s’erano “già magnati” i Michele Griffo, i Nicola Pagano, i Luigi Cassandra e compagnia cantata.

Va da se che con una direttiva del genere, la signora Bassolino, che ha avuto un bel coraggio a mettersi alla guida di un comune ancorato a questi valori, abbia dovuto inventarsi qualcosa per bloccare la nascita di quel supermercato che doveva aprire per diritto, che magari in passato si era visto garantire delle condizioni di facilitazione dei processi amministrativi dagli avversari politici di Andrea Sagliocco, il quale però si esprime con una frase a dir poco puerile, perchè, tu sindaco, non puoi sabotare il diritto di un imprenditore, solo perchè questi è un tuo avversario politico, al di la di come questo diritto si sia venuto a costituire.

Ecco il senso della contestazione provvisoria del reato di falso materiale in concorso, strettamente collegato al capo A, cioè alla contestazone del reato, ancor più grave, di concussione (LEGGI QUI IL NOSTRO ARTICOLO DI IERI), allo stesso Andrea Sagliocco, alla Bassolino e a Saverio Griffo, quest’ultimo definito dal giudice “consulente di fatto del sindaco” e che noi, dunque, possiamo tranquillamente definire faccendiere perchè consulente di fatto, cioè consulente, illegalmente, illegittimamente operante, significa proprio questo, significa essere un faccendiere.

Ultimissima considerazione, giocando sempre con una parafrasi, stavolta associata ad un celeberrimo romanzo dello scrittore boemo Milan Kundera: l’insostenibile leggerezza del…diritto, di quello con la D maiuscola, ma anche di quello con la d minuscola. Se un sindaco si siede e fomenta un suo dirigente “a fare una magia“, cioè ad eludere o a violare la legge evitando che chi di dovere se ne accorga, traccia già un solco, imprime già un marchio di identità alla sua esperienza, al suo ruolo di rappresentante del popolo all’interno di una pubblica istituzione: il marchio dell’eversore, nel senso tecnico e letterale che questo sostantivo significa.

Un senso che dalle nostre parti si è perso ed è stato sciolto nell’acido di una relativizzazione dello Stato di Diritto che non solo non viene avvertito, percepito, ma, molto più semplicemente, non esiste davanti agli occhi di un tessuto sociale che non può non essere definito tessuto (in)civile. In una condizione tanto disastrata, con una diffusione così ampia dell’indifferenza rispetto ai valori fondanti dello Stato di Diritto, risulta difficile, se non impossibile, perseguire quello che dovrebbe essere l’obiettivo di una qualsiasi autorità giudiziaria, in un qualsiasi stato democratico, ad una qualsiasi latitudine: presidiare il giardino e ripulirlo da qualche erbaccia e dalla gramigna, quando queste ne attaccano un pezzo, un’area limitata.

Perchè se tutto il giardino è coperto dalla gramigna e dalle erbacce, finisce che uno non può non celebrare con toni e con modalità superiori, più intensi rispetto a quelli che meriterebbe una normale operazione di sradicamento del malaffare da un comune di provincia, un lavoro, un’operazione, come quello realizzato, a Trentola Ducenta, dalla procura della repubblica di Aversa-Napoli nord e dai carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Aversa, comandati dal tenente Diego Montella.

E per lo stesso motivo, se definisci eccezionale e preziosa questa opera, non scadi nella retorica celebrativa perchè il caso di Trentola come quello che coinvolge tanti altri settori della pubblica amministrazione di questa provincia, è l’ennesimo esempio di una emergenza socio culturale, prima ancora che di legalità.

Eccezionale, per la rapidità con cui si è sviluppato, a dimostrazione che c’è stata una nitida comunità di intenti, che non sempre si è verificata in passato in molte altre inchieste, tra magistrati e polizia giudiziaria. Preziosa, perchè quella poltiglia puzzolente e velenosa di una provincia in cui è stato da tempo completamente disperso il senso stesso dell’impegno in politica, in una istituzione di governo ma anche quello che si può esprimere nei cosiddetti corpi intermedi, nell’associazionismo o ancor più semplicemente, ma ancor più efficacemente, nella propria veste di cittadino, lo stato dà qualche segno, seppur debole, di credere di essere tale e di essere un’organizzazione della “cittadinanza in democrazia”, tenuta insieme ed alimentata dal primato della legge.

 

QUI SOTTO IL CAPO B DELL’ORDINANZA