Nassiriyah: un massacro che “poteva e doveva essere evitato”. Il generale dei Carabinieri Carmelo Burgio lo racconta in un libro

13 Novembre 2023 - 12:49

Si intitola “Nassiriyah. Dall’attentato alla ricerca della verità”, edito da Vallecchi

Un massacro che “poteva e doveva essere evitato”. A venti anni dalla strage di Nassiriyah, il generale dei Carabinieri Carmelo Burgio, che proprio in quei giorni assumeva il comando della missione al posto del suo predecessore a fine mandato, racconta la sua versione dell’attentato alla base militare Maestrale, costato la vita a 28 persone, 19 italiani e 9 iracheni. E lo fa con un libro (“Nassiriyah. Dall’attentato alla ricerca della verità”, ed. Vallecchi), che con un riuscitissimo mix di ricordi personali e di documenti ripercorre l’attacco del 12 novembre 2003, i mesi imme­diatamente successivi dedicati alla rico­struzione del reparto e la lunga vicenda giudiziaria, volta a individuare le respon­sabilità penali e civili dei comandanti sul terreno.


    “Sono arrivato in Iraq il 5 novembre – racconta Burgio – In quei casi si trascorre un periodo di una settimana/dieci giorni di ‘affiancamento’, che serve per capire la situazione, per poi assumere il comando il 13 o 14. Il giorno 11, al pomeriggio, ho ricevuto dal comandante della brigata italiana l’ordine, per il 12 mattina, di accogliere una troupe cinematografica che doveva girare un film su Nassiriyah. La sera dell’11, invece, sono stato chiamato dalla città di Bassora, dove aveva sede il Comando superiore, ovvero la divisione britannica, e il generale comandante mi ha ordinato di presentarmi da lui. Sono partito di buon mattino e, dopo essere arrivato lì, ho saputo che dieci minuti prima c’era stato l’attentato a Nassiriyah: questo è il primo ricordo. Il secondo è stato arrivare sul posto e vedere quella distruzione, a cui penso nessuno possa essere abituato”.

“Purtroppo, io e molti altri, durante il processo, abbiamo sottolineato che quella base, oggettivamente, dal punto di vista della sicurezza registrava delle carenze – spiega il generale, che nel suo curriculum ha anche la partecipazione alle missioni in Libano, Bosnia-Erzegovina, Albania e Afghanistan – Se non vi fossero state, non ci sarebbe stato quell’attacco che ha distrutto completamente la base. Tutti quelli che si trovavano all’interno sono stati uccisi o feriti, tranne uno che, per un caso fortuito, si trovava nel bagno in cemento armato. Tutto ciò che era nella base è stato devastato. Non ne è rimasto nulla. Un attacco che raggiunge un risultato del genere è anche frutto di carenze. L’ha detto in più occasioni la Corte di Cassazione, che ha emesso delle sentenze di condanna al risarcimento dei danni”.


    “In Italia – continua –  l’attentato è stato trattato dalla stampa in modo non preciso. Bisogna avere il massimo rispetto per i caduti e, da militare di professione, è inutile che dica qual è il mio rispetto per loro. Quando ho visto che, subito dopo l’attentato, c’era una rincorsa a voler parlare e analizzare senza essere stati sul campo, senza gli adeguati strumenti per giudicare ho iniziato a pensare a questo lavoro che ora vede la luce. Il libro vuol dire che Nassiryah non ha rappresentato solamente 19 morti tra carabinieri, militari dell’Esercito e due civili, ma anche molte persone che, in silenzio, si sono rimboccate le maniche pensando a fare il proprio dovere fino alla fine. Il libro serve a dire basta a coloro che parlano senza sapere cos’è successo a Nassiryah e che non possono capire cosa abbiano vissuto i miei uomini. È giusto pensare ai caduti, ma occorre rivolgere un pensiero anche alle centinaia di persone che, silenziosamente, hanno continuato a fare il loro dovere per mandare avanti il reggimento. Anche il terrorismo – conclude Burgio – spesso viene vissuto attraverso il filtro del rispettivo credo politico.

Questo è sbagliato, perché il terrorismo consiste nel fare degli attacchi indiscriminati. In questo panorama, pensare che il cittadino italiano abbia capito cos’è successo a Nassiriyah è una pia speranza. Dopo l’attentato, c’è stato chi ha scritto ’10, 100, 1000 Nassiriyah’ e chi ha ritenuto giusto fare collette e portare fiori davanti alle nostre caserme o all’Altare della Patria per rendere omaggio ai morti. Il terrorismo colpisce anche chi non c’entra niente”.