Nicola SCHIAVONE racconta: “Mio padre Francesco Schiavone Sandokan fece la latitanza a casa di Nicola Ferraro. Nel 2005 mobilitai tutto il CLAN per la campagna elettorale di Regionali e Provinciali”

13 Ottobre 2020 - 12:22

Si tratta di una delle ultime dichiarazioni pubbliche del collaboratore di giustizia, effettuata durante il dibattimento conclusosi alla sezione misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la confisca dei beni dell’imprenditore ed ex politico che però ha la possibilità di ricorrere in Appello ed eventualmente anche in Cassazione

 

CASAL DI PRINCIPE(Gianluigi Guarino) Scrivere intorno alle dichiarazioni rilasciate, in diversi momenti e in diversi contesti, dal pentito di camorra più citato negli ultimi anni cioè Nicola Schiavone, figlio del capo dei capi del clan dei casalesi Francesco Schiavone “in arte” Sandokan, non rappresenta un esercizio giornalistico in grado ormai di stimolare forti interessi ed una mobilitazione di lettori. Ciò non vuol dire però che non bisogna essere attenti nel verificare, volta per volta, quello che può emergere ancora dalle dichiarazioni di Nicola Schiavone. Soprattutto quando chi fa il giornalista ha anche un grande rispetto e una grande considerazione per il metodo di chi di professione fa lo storico.

Ad esempio, ultimamente stiamo incrociando la lettura della sentenza con cui la quarta sezione penale presieduta dal giudice Massimo Urbano del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che si occupa delle misure di prevenzione, ha confiscato l’ingente patrimonio nella disponibilità del noto imprenditore ed ex politico Nicola

Ferraro. Il testo integrale delle dichiarazioni rilasciate in questo procedimento durante un interrogatorio in aula al quale presumibilmente Nicola Schiavone ha partecipato in video conferenza, lo pubblichiamo in calce a questo articolo.

Vogliamo solo notare e sottolineare due o tre cose che, a nostro avviso, hanno un certo valore, anche nella delineazione delle caratteristiche peculiari di Nicola Schiavone nella sua veste di collaboratore di giustizia. La sensazione è quella di una persona che probabilmente enfatizza il proprio ruolo di mammasantissima che avrebbe esercitato dal 2004 fino al suo arresto.

Nicola Schiavone ci appare come persona che guarda agli anni 90, cioè agli anni dell’oro e del sangue e della massima potenza espressa dal clan dei casalesi, come uno su cui grava la necessità storica di riproporli per “diritto” e responsabilità dinastica. Ne viene fuori un racconto particolarissimo espresso da una persona che, a differenza di tanti altri pentiti, sembra aver proficuamente occupato il tempo carcerario in molte letture di atti giudiziari.

Chi scrive ha consultato decine di migliaia di pagine di ordinanze, di verbali di interrogatorio ed altre fonti, centinaia forse migliaia di propalazioni di collaboratori di giustizia appartenenti al clan dei casalesi o anche ad altri clan casertani, a partire da quelli di Marcianise, dato che, al di la di questi, poi resta poco o nulla. Nicola Schiavone è sicuramente il pentito più colto, quello più abituato a leggere. Non c’è dubbio che sia così. Lui costruisce una narrazione sempre coerente, mai sconnessa e solo raramente disconnessa ai vari contesti a cui fa cenno i cui conti normalmente tornano confermando una visione organica dei fatti e delle circostanze. Conseguentemente, Nicola Schiavone non viene preso in fallo da chi, come noi, conosce e conosce molto bene ,la storia politica ed imprenditoriale di questa provincia e dell’agro aversano, che ci portiamo dietro dal lustro trascorso alla guida del Corriere di Caserta.

E’ chiaro che una modalità di racconto così evoluta finisce per valorizzare il significato e l’incidenza effettuale che le sue parole hanno nei procedimenti giudiziari in cui sono utilizzati. E così per rimanere al caso di cui ci stiamo occupando, è precisa la cronologia degli eventi politici riguardanti Nicola Ferraro.

Schiavone jr che nell’anno 2000 aveva 21 anni, ricostruisce quelle elezioni regionali nel momento in cui parla della candidatura, peraltro vincente, di Pietro Paolo Ferraiuolo, medico di Casal di Principe e soprattutto zio diretto di Nicola Ferraro. E quando Nicola Schiavone dice che lo stesso Ferraro aveva in un primo momento appoggiato Forza Italia e dunque Nicola Cosentino, abbandonando quest’ultimo ritenendolo troppo vicino e anche troppo tifoso dei suoi acerrimi rivali e concorrenti in affari, Michele e Sergio Orsi, dà riscontro alla ricostruzione cronologica dei vari momenti elettorali.

Nel 2000 Nicola Ferraro fa candidare lo zio e lo fa eleggere, nel 2005 si candida lui direttamente alle elezioni regionali, con l’intera famiglia Schiavone e l’intero gruppo criminale ad essa riconducibile, assolutamente fondamentale nelle gerarchie complessive del clan dei casalesi, letteralmente mobilitato per sostenerlo casa per casa con il massimo impegno, secondo il racconto preciso che di quella campagna elettorale fa Nicola Schiavone.

Ferraro si aggrega all’Udeur di Clemente Mastella, portando la guerra elettorale in casa di Nicola Cosentino. E lo fa proprio in uno dei momenti decisivi della “vita in politica” di quest’ultimo, quando Cosentino si candida a presidente della Provincia e quelle elezioni perde. I numeri, che noi abbiamo studiato a fondo, parlano chiaro: le perse perchè Nicola Ferraro e tutta quanta la sua area economico imprenditoriale di riferimento e, stando al racconto di Nicola Schiavone, insieme ad un potentissimo apparato camorristico, costituita dai tanti indotti che si affasciavano alla sua Ecocampania, si schiera col centrosinistra e determina la vittoria di Sandro De Franciscis.

Interessante, non tanto come costruzione di uno spaccato di ampio respiro ma come elemento di conoscenza biografica di Nicola Ferraro, è il racconto degli anni 90, cioè quelli in cui un Nicola Schiavone ancora adolescente viveva lo strapotere criminale, e non solo, del padre Francesco. A noi per esempio era sfuggito la rivelazione di Schiavone junior sul fatto che l’amicizia personale tra suo padre e Nicola Ferraro era stata sancita da un atto di disponibilità importantissimo dato che in un periodo in cui era latitante, Sandokan, a detta di suo figlio, sarebbe stato ospitato proprio dall’imprenditore dei rifiuti.

Il resto dell’interrogatorio non propone fatti inediti. Nicola Schiavone riesce tutto sommato a tenere testa all’abile interrogatorio di controesame dell’avvocato difensore Giuseppe Stellato, il quale prova a rimettere sulla Terra, su un piano di concretezza effettuale, i racconti di scenario espressi dal pentito. Ad esempio, Stellato fa emergere con chiarezza che l’operazione per la gara d’appalto per la raccolta rifiuti a Casal di Principe, per la quale Nicola Schiavone dice di aver malmenato Sergio Orsi non sparandogli solo grazie all’intervento di Lello Letizia che si interpose, non la vinsero Nicola Ferraro e l’Ecocampania, nonostante il fatto che l’allora giovane boss si definiva come del resto fa ancora negli interrogatori che rende, al cospetto dei pm ma anche al cospetto dei collegi giudicanti, il sindaco di fatto di Casale.

L’avvocato Stellato non può utilizzare lo stesso argomento su un’altra gara fondamentale nella costruzione delle accuse formulate a carico di Ferraro, cioè quella relativa al project financing per la gestione del cimitero di Villa Literno. Lì, infatti, l’aggiudicazione ai fratelli Mastrominico ci fu per davvero. Si ha la sensazione che l’avvocato in questo caso tenti di minimizzare il ruolo di Ferraro in quell’operazione, attraverso domande precise rivolte a Nicola Schiavone. Questi, però, da parte sua riesce a reggere piuttosto bene il confronto, senza svicolare, e a mantenere, conseguentemente, integra la struttura della sua ricostruzione dei fatti, che racconta di un Nicola Ferraro artefice, mediatore, protagonista di un meccanismo di equilibrio politico-camorristico, che portò all’assegnazione di quei lavori ai fratelli Mastrominico i quali, in quanto imprenditori di riferimento Antonio Iovine ‘o ninno, erano graditi anche agli Schiavone.

Un equilibrio che accontentava tutti, a partire dai Bidognetti che si vedevano riconoscere un cospicuo conferimento finanziario in quanto gruppo egemone di controllo sull’area di Villa Literno, conquistata a conclusione della sanguinosissima guerra ingaggiata con il gruppo locale dei Tavoletta. Soddisfatta fu, sempre secondo il racconto di Nicola Schiavone, anche la parte politica locale, rappresentata dall’allora sindaco Enrico Fabozzi, divenuto poi nel 2010 a sua volta consigliere regionale e condannato qualche anno fa ad una pena durissima, se non ricordiamo male 10 anni, proprio per queste vicende, di cui anche Antonio Iovine ha parlato diffusamente davanti al pm della dda Ardituro e poi davanti ai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in un racconto che, in linea di massima, combacia con quello formulato successivamente da Nicola Schiavone.

 

QUI SOTTO L’INTERROGATORIO DI NICOLA SCHIAVONE