MARCIANISE. OPS, ecco le prove. L’area ex Siemens venduta due volte in mezz’ora. Dagli atti manca l’indicazione del titolo di provenienza della proprietà

2 Luglio 2021 - 18:27

MARCIANISE – Ricordate quando, nell’ultimo articolo, abbiamo fatto riferimento alla società Be.Co. con sede  in provincia di Monza Brianza?
Ce la ritrovammo all’improvviso come venditrice del terreno acquistato dalla MB.. di Marcianise.
La visura catastale metteva, sullo stesso piano, Nokia e Be.Co., al punto che noi rimanemmo disorientati perché quella roba assomigliava tanto a una comproprietà che veniva ceduta alla società del noto imprenditore Gaetano Barbarano.
Però ci rimase in testa un perno, visto che questa Be.Co. non compariva in alcun passaggio di esercizio industriale di quell’area dal 1960 ad oggi, cioè dal giorno in cui l’ormai famosa delibera del consiglio comunale concesse in uso l’intera area alla multinazionale americana Autelco, con il mandato vincolante di favorire l’assunzione di maestranze locali, salvo poi, a mission conclusa o interrotta, restituire l’area al pieno possesso del Comune, che comunque ne conservava la proprietà.
Questa BE.CO. non si è incrociata in nessun passaggio catastale.
In principio fu Autelco, incorporata dalla Gte, sostituita da Italtel, poi assorbita dalla Siemens, prima dell’approdo a Marcianise della Nokia, che con diverse identità societarie ha gestito l’area industriale fino ai giorni nostri, cioè fino al famoso atto notarile del 7 dicembre scorso.
Siccome abbiamo la possibilità e la fortuna di essere apprezzati da autorevolissimi interpreti dell’antica professione notarile, ci siamo anche potuti permettere un confronto sui contenuti dell’atto firmato nello studio di un professionista bergamasco.
E così abbiamo scoperto l’arcano.
Il 7 dicembre 2020 non è stato stipulato un solo atto, bensì due.
L’area ex Siemens è stata venduta prima da Nokia alla Be.Co., rappresentata da un tal Daniele Consonni, nato a San Giovanni Bianco in provincia di Bergamo il giorno 11 marzo 1984, domiciliato per la carica di amministratore unico della Be.Co. commerciale Italia presso la sede legale di via Dante Alighieri n.15 in Concorezzo, come già detto provincia di Monza Brianza.
Questo atto di 42 pagine è stato certificato con numero di repertorio 197487.
Successivamente, dopo un minuto, sempre il 7 dicembre, con numero di repertorio che progredisce di una sola unità, cioè 197488, la Be.Co. ha venduto alla MBT di Gaetano Barbarano. Ora, se Barbarano è in buona fede, per quale motivo organizzato questa triangolazione strana rispetto alla quale il notaio orobico avrebbe dovuto dire “Ragazzi,

non è che mi fate passare un guaio“?
E veniamo alla seconda e ultima parte della puntata di oggi, perché qui ormai è chiaro che occorra una particolarissima applicazione giornalistica.
Il primo atto, se leggete bene, il primo negozio diventa l’atto di provenienza della proprietà, che nello stesso giorno passa da questa Be.Co. a Gaetano Barbarano.

Nel primo atto non c’è alcun riferimento, come abbiamo sospettato fin da subito, alla provenienza dell’immobile, mentre ci si dilunga in una digressione anche un po’ stucchevole relativa ad atti societari di cambio di denominazione, di scissione, di incorporazione e via discorrendo.
L’unico contenuto fondamentale, che non può essere sottaciuto in un atto notarile di compravendita, cioè la dimostrazione documentale, oggettiva, dell’esistenza di un diritto di proprietà da parte del venditore rispetto ad un acquirente che, ripetiamo, se è in buona fede, rischia di comprare la Fontana di Trevi, ma che comunque, facendo l’imprenditore da una vita, non firmerebbe in buona fede mai un contratto con il quale acquista un terreno senza che chi lo vende sia in grado di dimostrare di essere abilitato a farlo. Perché se un bene di tua proprietà lo puoi vendere. Se non lo è, cosa vendi?

O Per l’appunto, la fontana di Trevi, oppure un terreno grande, importante, come quello della ex Siemens, con la speranza che nessuno vada a far caso a queste cose, dato che queste affondano le loro radici in un tempo distante ben 61 anni.
Ma siccome Marcianise è anche una città di utili intellettuali, la nemesi storica che fortunatamente qualche volta da il suo dovere ha voluto che Alessandro Tartaglione, invece di andarsene al mare, invece di mettersi a leggere il romanzo di uno scrittore alla moda, ha fatto prevalere la sua marcianisanità, andando ad aprire le pagine del bel libro di Salvatore Delli Paoli, cioè la persona più velardiana tra i velardiani.

Il quale, con una recensione pubblicata da “Il Mattino” proprio a firma di Antonello Velardi mandò prima alle stampe e poi in libreria la sua opera  “La storia di Marcianise, dalle origini al 2000″ nella quale ricostruiva, avendo in mano la delibera del 1960, citata in una nota come fonte bibliografica, diceva già allora, con chiarezza, che essendosi esaurite le attività industriali, quell’area, in forza delle clausole della delibera di cui sopra, sarebbe tornata al Comune che avrebbe dovuto utilizzarla per realizzare un grande parco urbano.
Ora, Delli Paoli, ma anche Velardi, che nella sua recensione usò parole meritatamente elogiative nei confronti del suo amico,
dovrebbero agire di conseguenza. E invece stanno zitti.
Come mai Delli Paoli non ha detto una sola parola, visto e considerato che con i 4 milioni e passa scuciti (ma poi a chi? Be.Co. o a Nokia?) ha totalmente sconfessato ciò che Delli Paoli aveva scritto nel suo libro.
Delle due, l’una: o il professore velardiano non sa leggere e quindi ha preso una topica colossale per la quale occorrerebbe una contro-recensione di un contro-Velardi, oppure ha ragione lui e siamo di fronte all’ennesimo imbroglio operato da imprenditori schierati da tempo con l’attuale sindaco che, da parte sua, nonostante la richiesta formale avanzata da Tartaglione e da altri consiglieri di minoranza, attua una strategia dilatoria, evitando di mettere a disposizione dei consiglieri comunali nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche di rappresentanti del popolo, la delibera del 1960.
Abbiamo scritto diverse cose in questo articolo, ma sappiate che a fronte di quello che abbiamo eletto nei due atti notarili e di quello che abbiamo capito, non abbiamo esaurito nemmeno il 20% dell’argomento.
Già così ci sarebbe ampia materia affinché le autorità che per la Costituzione Italiana devono, ripetiamo devono, per obbligo attivare l’azione penale, si muovano.
Campa cavallo. Noi invece siamo sempre attivi e non ci fermeremo mai perché abbiamo la testa dura come i muli del Gennargentu.