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OSPEDALE DI PIEDIMONTE. Accolto il ricorso al Tar. Non saranno più retrocesse le u.o.c. di chirurgia, ortopedia e rianimazione

9 Aprile 2021 - 16:52

Pensate che spiegare la notizia del genere sia semplice? Ci troviamo in un posto assurdo in cui oggi il Tar ha pubblicato una sentenza su una cosa che De Luca decise nel dicembre 2018, che non è stata mai applicata nei piani aziendali di due dg dell’Asl di caserta. Tra le altre cose la delibera filosofica pro Palmieri dell’agosto 2020 a firma di Ferdinando Russo ha offerto al tar su un piatto d’argento la possibilità di decidere esattamente per quello che il dg scrisse in quella comica delibera che contrastava totalmente che del luca aveva messo nero su bianco sul proprio decreto

PIEDIMONTE MATESE (g.g.) – Un errore che facilmente si può compiere quando si pubblica la notizia relativa ad una sentenza della
giustizia amministrativa, Tar o Consiglio di Stato che sia, è quella di pensare che l’apparenza del suo contenuto di
solito molto prodigo nel racconto e nei particolari, anche riguardante gli antefatti di ogni vicenda esaminata, possa
essere sufficiente a capire la storia nella sua interezza. A volte nella parte denominata “fatto e diritto” si
possono, infatti,acquisire tutti gli elementi di impianto logico partendo dagli antefatti. In certi altri casi come
quello di oggi, invece, se non acquisisci delle informazioni aggiuntive che ti chiariscano ogni dettaglio
dell’antefatto, finisci per raccontare solo una parte degli eventi e per di più quella parte che non è in grado di
farti capire cosa succederà da domani in poi, cioè dal giorno successivo della pronuncia del Giudice.

Ricordate la grande polemica, scatenatasi nel 2019 all’indomani del varo e della veloce modifica in corso d’opera del
nuovo piano ospedaliero regionale? Quando Vincenzo De Luca, presidente della Regione e, al tempo, anche Commissario
di Governo per l’abbattimento del deficit miliardario della sanità campana, decretò la nuova mappa delle strutture
ospedaliere dell’Asl di Caserta, a Piedimonte Matese che forse per la prima volta si accorgeva realmente che Dante
Cappello non c’era più, scoppiò il putiferio. Partendo da uno status quo che attribuiva solamente all’ospedale San
Giuseppe Moscati di Aversa il rango di Dea di primo livello, veniva promosso sullo stesso piano l’ospedale San Rocco
di Sessa Aurunca, naturalmente grazie alla sostanziosa attività di lobbying operata dall’allora consigliere regionale,
divenuto poi presidente del consiglio regionale Gennaro Oliveiro, già proiettato con la testa ai 60 milioni di euro
stanziati a favore del San Rocco e che questa struttura ha potuto ricevere solo in quanto Dea di primo livello,
proiettando queste risorse insieme alle altre che poi dovrebbero arrivare, alla costruzione di un nuovo nosocomio
vista mare, in pratica sulla litoranea tra Baia Domizia o dintorni, ovviamente nell’agro del comune di Sessa Aurunca
e non in quello di Cellole.
Sessa Aurunca ma non solo: Dea di primo livello diventò anche la struttura ospedaliere di Marcianise. Ciò avvenne
sotto la spinta dell’allora direttore generale Mario Di Biasio che da tempo accarezzava l’idea di entrare in
concorrenza con l’azienda ospedaliera autonoma di Caserta a partire dalla fondamentale area delle cure oncologiche.
Risultato finale: 3 Dea di primo livello: Aversa, Sessa Aurunca, Marcianise, mentre gli altri ospedali e
precisamente il Melorio di Santa Maria Capua Vetere, quello di Maddaloni e quello di Piedimonte Matese conservavano
il rango di pronto soccorso attivo.
Ritornando al casino di Piedimonte Matese che abbiamo tralasciato un attimo per scrivere di Sessa Aurunca e di
Marcianise, questo scoppiò perché, per equilibrare la bilancia tra costi e benefici, i tagli andarono a colpirono la
zona divenuta politicamente più debole, cioè quella di Piedimonte Matese. In quel piano e nel conseguente decreto del
commissario ad acta, era prevista la cancellazione delle tre unità operative complesse, operanti da anni e anni
nell’ospedale di Piedimonte Matese. Un pasticcio inenarrabile visto e considerato che per qualcuna di esse, la stessa
Asl di Caserta aveva bandito e anche definito il concorso per primari di una u.o.c. che però veniva cancellata.
Parlare di schizofrenia, a riguardo, ci sembrò al tempo, come ci sembra ancora oggi, il minimo del minimo. Il piano
ospedaliero dunque retrocedeva a rango di unità operativa semplice di dipartimento, u.o.s.d., la chirurgia generale,
in cui era arrivato da pochissimo tempo il nuovo primario vincitore di concorso, il casertano Gianfausto Iarrobino,
l’ortopedia e l’anestesia-rianimazione.

Finita qui? Possiamo procedere con la sentenza del Tar? No, perché a pensarci bene, in Regione c’era una persona di
Piedimonte Matese. In pochi se n’erano accorti, ma c’era. Si trattava dell’allora assessore regionale al lavoro Sonia
Palmeri, la quale doveva presentarsi, come effettivamente si presentò alle elezioni del settembre 2020. Dunque, dopo
che nel 2019 l’Asl di Caserta non aveva, “misteriosamente”, recepito in un proprio atto aziendale il nuovo piano
ospedaliero varato dalla Regione Campania attraverso il Commissario di Governo, cioè da chi ha podestà diretta e
assoluta su tutte le Asl, l’andazzo è continuato anche nel 2020. Anzi, siccome la Palmeri era sponsorizzata dal
figlio o da entrambi i figli di De Luca, il direttore generale Ferdinando Russo, tra una nomina e l’altra, sempre
funzionale a logiche di potere ben definite sulle direttrici Regione Campania, Università e anche qualche fatto suo,
elaborò una delibera di tipo filosofico. Mai vista una roba del genere. Una sorta di dichiarazione di intenti che con
il concetto di deliberazione non c’azzeccava proprio nulla, troppa grazia, non solo avrebbe tenuto in vita pienamente
i reparti penalizzati, ma addirittura si proiettava nella direzione di un miglioramento, di una promozione di
Piedimonte che al pari di Sessa Aurunca e di Marcianise, sarebbe divenuta, fantasticamente, auspice il Governo
Vincenzo De Luca, al tempo ricandidato alla Presidenza, un Dea di primo livello e dunque un ospedale di serie A.
Ovviamente, siccome erano solo promesse elettorali, nella delibera filosofica di Russo non c’era una sola sillaba che
incardinasse all’obiettivo dichiarato qualche fatto concreto frutto di un procedimento amministrativo realmente
attivato. Tutte chiacchiere, tutte balle. Quindi quella delibera alla fine è servita solamente a fornire al Tar
quell’elemento di sconcerto, per effetto del quale il ricorso presentato dal Comune di Piedimonte rappresentato
dall’avvocato casertano Renato Labriola, è stato accolto nei suoi elementi principali.

Finita qui? Possiamo scrivere qualcosa sul merito sulla decisione dei giudici amministrativi? Assolutamente no.
Perché anche Russo proseguì sulle tracce del suo predecessore Di Biasio: il piano ospedaliero scriveva quello che
aveva scritto ma nell’atto aziendale dell’Asl non veniva applicata la parte riguardante l’ospedale di Piedimonte
Matese, che oggi, 9 aprile 2021, giorno in cui viene resa nota la sentenza del Tar sul ricorso presentato dal comune
di Piedimonte, vive ed opera ancora nel regime previsto dal vecchio piano ospedaliero, quello superato dalla messa in
opera del nuovo, frutto del decreto commissariale del dicembre 2018.In poche parole, la chirurgia continua a rimanere
una uoc con 22 posti letto compresi i due dedicati al day surgery; l’ortopedia resta a sua volta u.o.c. con altri 22
posti letto, mentre la rianimazione ne conserva 6 e conserva anche il rango di unità operativa complessa. In tutto
fanno 50 posti letto. Dunque, il Tar della Campania si pronuncia oggi su una cosa che non è ancora accaduta ma che
dovrebbe accadere. A riguardo il signor Ferdinando Russo ci dovrebbe spiegare come funzionano a casa sua le cose. Ci
deve spiegare se è mai possibile che il nuovo piano ospedaliero venga applicato, venga reso esecutivo dall’Asl di
Caserta a chiazze, in maniera selettiva. A casa del casoriano funziona così: se conviene a Russo si applica il nuovo
e dunque si fanno le nomine di altri primari, di altri dirigenti con una logica descritta prima. Se invece il
casoriano non è interessato a gestire il meccanismo di potere, non si da seguito al nuovo piano ospedaliero, facendo
rimanere in vigore, a nostro avviso illegittimamente, il vecchio.
E allora, ora sì che possiamo scrivere qualcosa sul contenuto della sentenza del Tar il quale ha accolto la parte più
importante del ricorso firmato dall’avvocato Renato Labriola, annullando il decreto del commissario ad acta di
Governo nella parte in cui le tre u.o.c. vengono retrocesse a u.o.s.d. o meglio verrebbero retrocesse. Ciò significa
che a meno di un ricorso al Consiglio di Stato, la situazione rimarrà cristallizzata con buona pace del dg Russo il
quale aveva compiuto le sue arrampicate sui vari specchi ipotizzando tagli di 7/8 unità di posti letto nei reparti di
chirurgia e di ortopedia per dar seguito, ovviamente a chiacchiere al nuovo piano ospedaliero.

Tutto sommato, i contenuti della sentenza sono di semplice comprensione. In sostanza, il Tar riconosce pienamente
all’area geografica di Piedimonte Matese quello status di zona disagiata, di zona, troppo lontana da almeno un Dea di
primo livello. Conseguentemente, collegando la sua decisione ad una serie di norme presenti nel decreto del ministero
della salute datato anno 2015 da cui discende il nuovo piano ospedaliero della Campania, valuta come non equa, non
giusta, non appropriata la cancellazione delle 3 unità operative complesse, partendo da quella di anestesia e
rianimazione, fondamentale per equilibrare quei pazienti colpiti da qualche sindrome acuta, che hanno la necessità di
intraprendere il viaggio di 50 o 60 km senza rischiare eventi letali che li condurrà al Dea più vicino o alla super
clinica convenzionata di Pozzilli, targata Patriciello. Secondarie sono le decisioni dello stesso Tar che respinge
sia l’istanza di vedersi riconoscere lo status di Dea di primo livello, un costruzione che il giudice amministrativo
non può edificare visto che l’ospedale di Piedimonte parte cià dal rango di psa, sia quello di ripristinare il punto
nascite,. visto e considerato che i numeri, precisamente esposti, della effettiva natalità prodotta dalla struttura
sanitaria pubblica di Piedimonte Matese, non giustifica il costo del servizio.

 

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