Startup, investimenti in frenata nel 2022
15 Dicembre 2022 - 13:16
Dopo anni di continua e crescente attrattività, gli investimenti nelle startup italiane hanno subito una battuta d’arresto o, almeno, un rallentamento forse inatteso, che accomuna il nostro Paese a quanto sta avvenendo nel resto d’Europa, dove le imprese ad alta scalabilità (potenziale) hanno dovuto fare i conti con una contrazione degli impieghi per la prima volta nel corso degli ultimi dieci anni.
I dati di Atomico lasciano poco spazio alle interpretazioni
Insomma, se fino a un anno fa i milioni di euro abbondavano le startup tecnologiche e quelle dell’healthcare, quelle ludiche più generose con i bonus scommesse e in particolare i bonus scommesse di benvenuto, o ancora quelle legate ad altre forme di intrattenimento, oggi bisogna fare i conti con una decelerazione non drammatica, ma pur sempre significativa.
I dati di Atomico segnalano infatti che nel 2022 sono stati investiti 85 miliardi di euro, 15 miliardi di euro in meno rispetto a quanto raccolto dalle tech company europee lo scorso anno. Il calo non sembra tuttavia aver nuociuto all’entusiasmo degli investitori e degli imprenditori del settore, considerato che secondo quanto rivelano le conclusioni del report The State of European Tech 2022 Edition, oltre i tre quarti degli intervistati si dichiarano fiduciosi in una rapida ripresa nel prossimo futuro.
Perché gli investimenti stanno rallentando
Sempre secondo l’analisi effettuata, a rappresentare il principale freno per gli investimenti in startup sono stati l’inflazione galoppante e le condizioni geopolitiche odierne.
È anche per questo motivo che la sofferenza degli investimenti in startup non riguarda solamente l’Italia ma tutto il vecchio Continente, dove il rallentamento sembra riguardare tutti i settori, compresa quell’economia digitale che ha accelerato nel corso dell’ultimo biennio.
Considerato
Non mancano le buone notizie
In ogni caso, qualche buona notizia c’è. Tra il 2021 e il 2022, per esempio, la macro area dell’Europa Meridionale di cui fa parte il nostro Paese ha aggiunto 4 nuovi unicorni, ovvero società con una valutazione di mercato superiore al miliardo di euro, con un aumento del 21%.
Anche il nostro Paese ha fatto la sua parte, portando a contributo i suoi primi due unicorni, Satispay e Scalapay.
Gli impatti sul mercato del lavoro
Evidentemente, le difficoltà del settore tecnologico hanno portato importanti strascichi sul fronte occupazionale dove nell’ultimo anno più di 200.000 lavoratori hanno perso il proprio posto a causa di licenziamenti in oltre 1.000 diverse aziende.
Il dato – che interessa l’intero panorama globale – è particolarmente rilevante anche nel vecchio Continente. In Europa infatti sono stati licenziati più di 14.000 dipendenti di aziende tecnologiche che hanno qui sede, rappresentando il 7% dei licenziamenti globali, la maggior parte dei quali concentrata nella seconda parte dell’anno.
Ribadiamo ancora una volta che, considerato che le determinanti che hanno indotto questo deterioramento del settore tecnologico sono ancora presenti, non è possibile escludere ulteriori licenziamenti nel corso dei prossimi mesi. La ripresa è infatti slittata nel medio termine, con la conseguenza che la prima parte del prossimo anno potrebbe essere un ulteriore periodo di criticità per questo comparto.
Proprio le startup potrebbero essere le locomotive della ripresa, con molte aziende in fase iniziale che continuano a crescere ed assumere attivamente. Per la società di ricerca, infatti, proprio in Europa c’è una carenza generale di talenti nel settore tecnologico e la “fame” di professionalità è abbastanza alta.
L’Europa – aggiunge ancora il report – ha circa 166.000 startup, molte delle quali è ancora impegnata ad assumere, con una comunità di 2,6 milioni di dipendenti che dovrebbe pertanto ampliarsi nei prossimi mesi. Considerato che per molte di queste startup è difficile attrarre talenti, Atomico prevede una graduale ridistribuzione dei talenti tra le varie aree geografiche, con molte aziende che saranno più propense ad assorbire i talenti.
La capitalizzazione delle startup
Concludiamo infine con un breve richiamo statistico: l’Italia continua infatti a registrare livelli di investimento in startup che sono nettamente inferiori alla media, nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni.
L’attività di investimento nel nostro Paese è prevalentemente orientata verso i c.d round early stage, con livello doppio di capitale investito in round inferiori a 20 milioni di dollari. Il nostro Paese ha anche registrato il calo minore della capitalizzazione di mercato, assumendo l’ottava posizione per capitalizzazione di mercato nel settore tecnologico in Europa, confermando in questo modo una buona tenuta di questa variabile.