Uccide il cognato e confessa il delitto. Ma le intercettazioni non sono utilizzabili

1 Luglio 2021 - 09:00

VILLA LITERNO – Le intercettazioni nel processo a carico di Michele Patrizio Sagliocchi sono state ritenute non utilizzabili dalla Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduta da Roberto Donatiello.

Sagliocchi (in odore di camorra, fazione Zagaria) è accusato dell’omicidio del cognato Antonio Miele, avvenuto il 10 gennaio 1980 a Villa Literno. L’uomo è considerato dal pubblico ministero Annalisa Imparato responsabile di questo delitto, consumato nella casa della sorella Michelina, dove il Miele venne ucciso con un colpo di pistola in pieno volto.

Il procedimento penale è gemmato da un’attività investigativa condotta dal Gruppo Investigativo Antiriciclaggio del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma in cui Sagliocchi risulta indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, fazione Zagaria.

All’epoca dei fatti, Michelina Sagliocchi, sorella di Michele Patrizio, si assunse la responsabilità del delitto, fu l’unica indagata e rea confessa davanti ai carabinieri. L’azione omicidiaria venne giustificata dalle continue violenze ed angherie subite dal compagno. Ma la donna è stata assolta nel giugno 1981 dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, perchè il fatto non costituiva reato.

Sagliocchi, intercettato, dichiara di essere stato lui l’artefice dell’omicidio del compagno della sorella. Lo avrebbe ammazzato per liberare la donna dai soprusi che era costretta a subire dall’uomo.