CONSORZIO DI BONIFICA senza vergogna. Dieci assunzioni a tempo indeterminato spartite tra i vari Graziano, Giovanni Zannini e…

28 Maggio 2021 - 17:11

Il commissario Carlo Maisto, che si autodefinì la mano lunga della Regione, aspira addiruttura ad ottenere il sesto anno di carica da commissario non avendo adempiuto ad uno solo degli obblighi che la legge definisce come condizione irrinunciabile del suo mandato. Si tratta di uno dei casi peggiori della più becera, volgare e rozza “predazione” della politica politicante delle pubbliche risorse

 

CASERTA“Aridatece er puzzone!”
O sarebbe meglio dire “Aridatece er puzzone, ma in solitaria” non citando, ma parafrasando la famosa frase scritta con vernice contro le mura della città di Roma, che viveva un dopoguerra di fame e di stenti, al punto da spendere questa battuta amara, che in pratica riconosceva a Benito Mussolini la capacità di far quantomeno mangiare il popolo.

La correzione è opportuna perché l’ex parlamentare ed ex consigliere regionale del Pd Stefano Graziano non è uscito affatto dalla partita riguardante la gestione del consorzio di Bonifica del Basso Volturno, che da un po’ di tempo ha incorporato anche quello di Sessa Aurunca.

Quello di oggi, però, è un Graziano esponenzialmente più debole rispetto alla cifra di influenza che svolgeva nella scorsa consiliatura, quando era uno dei protagonisti dei grandi mercati della lottizzazione, unica manifestazione reale e concreta della politica meridionale, di quella campana e di quella casertana in particolare.
Graziano è un po’ permaloso, però questo suo difetto che nel caso specifico avrebbe potuto anche diventare una qualità, viene sovrastato dalle ragioni del potere, che si sviluppano solo attraverso la gestione delle pubbliche risorse, diretta o indiretta che sia.
Il teverolese, dunque, non può permettersi il lusso di regalare un sorrisino ironico, sardonico, a quel simpaticone di Frignano che di nome fa Carlo Maisto, autodefinitosi, in una videointervista, la mano lunga della Regione Campania, e che lui monocraticamente mise in pratica sulla poltrona di commissario del Consorzio.

Le ragioni della sopravvivenza in politica da parte di chi ha difficoltà a riconfigurare (per Graziano sarebbe meglio dire, a configurare) la propria esistenza, dandole una dimensione che la affranchi dall’essere una semplice propaggine dell’esercizio politico e politicante, gli impongono di riproporsi agli occhi di Maisto facendo finta di non ricordare che quest’ultimo, a cadaveri ancora caldi, cioè con Graziano appena defenestrato dall’esito elettorale dalla sua postazione napoletana, attraversò l’alba del 22 settembre solcando le strade dell’agro aversano e non solo per dare la propria disponibilità ai vincitori di quelle elezioni, cioè a Gennaro Oliviero, a Giovanni Zannini, tentando anche un approccio con Nicola Caputo, che già si sapeva avrebbe ricevuto da De Luca una postazione da assessore regionale, con delega proprio nella materia dell’agricoltura che ha il controllo e la vigilanza sui consorzi di Bonifica.
Nicola Caputo non è certo uno stupido.
E soprattutto si è posto in maniera laica al cospetto dei molti racconti che questo giornale ha fatto sul modo in cui viene gestito il Consorzio di Bonifica e su un commissariamento pressoché infinito, il quale di tutto si occupa eccetto che di quello che la legge gli impone di occuparsi: l’ordinaria amministrazione e rapide procedure per la rideterminazione delle strutture di elettorato attivo e passivo in modo da consentire all’assemblea dei consorziati, cioè dei contadini ma anche dei proprietari degli immobili che insistono nelle aree di depressione idraulica, di riunirsi e di ridare una legittimità democratica agli organi amministrativi.
Siccome questa è un evidenza palmare, finisce per superare anche tutte le narrazioni di autentica pornografia gestionale che pure Casertace ha sviluppato negli ultimi anni.

Porsi laicamente di fronte alla questione Maisto non significa, dunque, sposare la prosa a volte fiammeggiante da noi utilizzata, che denota la maturazione di opinioni severissime sulla gestione quotidiana del pubblico danaro;
ma significa semplicemente, neutramente, prendere atto che un ente che esiste in quanto un numero importante, cospicuo, di soggetti, di piccoli e piccolissimi imprenditori, ben 180mila, si sono messi insieme e hanno per legge e statutariamente il diritto-dovere di eleggere i propri organismi di governo.
Tutto qui.
Non si tratta di aggettivi più o meno veementi, più o meno aggressivi.
Maisto è commissario da 5 anni.
Di per sé, di fronte a questa evidenza, non inficiabile da alcuna discriminante di sensibilità rispetto al giudizio di valore che si può dare sulla gestione, l’assessore Nicola Caputo, che fino a cinque, a differenza di suoi colleghi, sa contare, dice: ragazzi fermiamoci qui, cerchiamo di ripartire, magari dando un incarico a termine a qualche dirigente e dipendente, perché svolga in pochi mesi la vera funzione commissariale, e cioè quello che Maisto non ha fatto e non ha voluto fare per cinque anni, e ridiamo legittimità al sistema, ricoinvolgendo l’organo assembleare.
Non possiamo non essere d’accordo con Caputo, rispetto al quale spesso siamo molto severi, ma che merita di essere valutato, volta per volta, per ciò che fa e che dice, essendo per noi liberali infinitamente più importante il contenuto di un concetto rispetto all’identità di chi lo esprime.
E torniamo a Graziano.
D’altronde, sempre a Teverola siamo.

È forte la volontà, la determinazione mostrata da Maisto negli ultimi mesi di vedersi confermato ancora una volta alla carica di commissario una volta che, di qui a un paio di mesi, scadrà l’ennesima proroga che, grazie a Graziana (in questo caso il gioco di parole rende bene l’idea) gli fu concessa l’anno scorso.
Ovviamente Maisto sa che Graziano personalmente non votando il consiglio regionale e non potendo determinare il voto di uno solo dei suoi colleghi, viene guardato da De Luca con simpatia umana, ma la politica è quella che è e in generale – non vale solo per Graziano – quando cadi da cavallo non conti più un cavolo o quasi.
Però, se hai la capacità che può avere una persona a cui il sistema-Italia, il sistema-Campania, consente di campare solo di politica anche quando non ricopre alcuna carica istituzionale, allora rientri in partita. Non per comandare da solo, ma per limitare i danni e conservare un pezzetto di potere.
Però, devi essere credibile di fronte a un Maisto il quale si è immediatamente buttato dopo le elezioni dalla parte in cui scorre il cecio?
Il soldo?
Insomma, ci siamo capiti.
E allora cosa faccio, caro Maisto, che dentro di me ti ammazzerei: non ti porto a parlare con una scartina, bensì con alcuni consiglieri regionali che contano, uno fra tutti Mario Casillo, il quale non è che debba bussare più di tre volte alla porta dell’ufficio di De Luca per entrare.
Maisto mano lunga, dunque, finisce sotto la protezione di politici che contano, augurandosi che uno come Casillo non abbia persone da sistemare tra le province di Napoli e Caserta, lasciando in questo modo a Graziano la possibilità di inserire ancora qualcuno dei suoi negli organici consortili.

Se lo deve augurare, Maisto, perché ha già capito che i suoi nuovi interlocutori non hanno nemmeno quel garbo perbenista, farisaico, che dà ai modi di Stefano Graziano un certo aplomb aristocratico.

Finire sotto Gennaro Oliviero o, ancora di più, sotto a quella autentica macchina clientelare, parossistica come mai nella storia della provincia di Caserta si era vista, che di nome fa Giovanni Zannini, non è affatto agevole.

Qualche esempio?

Con buona pace di ciò che la legge impone, ma soprattutto di ciò che la legge non consente ad un commissario nominato dalla Regione, questo qui ha fatto dieci assunzioni a tempo indeterminato.

Guardate, di questi tempi, è un’autentica follia.

L’ennesimo schiaffo che questi voraci e insaziabili politici locali infliggono, ad esempio, a quella parte del settore privato, a quella parte pulita delle partite Iva, che ogni giorno svangano perché uno Stato vampiro (la tregua Covid terminerà presto) non gli consente di fare una sola assunzione, sapete perché?

Perché deve, usando una battuta che il comico Crozza fa quando imita De Luca, “arrubbarsi” il 60% del credito aziendale per far campar campare gente come Carlo Maisto, che assume 10 persone a tempo indeterminato più 65 stagionali i cui stipendi non potranno che uscire dalla rapina quotidiana inflitta ai lavoratori autonomi e nel caso specifico a tutti i consorziati per i quali, ovviamente, si profila un aumento del contributo di bonifica e di irrigazione, in modo da consentire a questi ladri di sogni, di ambizioni, di obiettivi puliti e coltivati dall’illusione che la meritocrazia possa contare una ‘ntecchia.

Sui 10 nomi ci riserviamo gradualmente la esplicazione più approfondita, partendo dalle loro generalità.

Uno, però, l’abbiamo già captato bene.

Manco a dirlo, la sua è proprio l’assunzione più recente, essendo la delibera ad essa sovraordinata risalente allo scorso 17 maggio, pochi giorni fa.

Trattasi  di Vincenzo Esposito da Mondragone. Nipote di un ex dipendente del Consorzio, geometra del Settore Tecnico Giuseppe Esposito, che ha bazzicato sempre attorno alle stanze in cui, stavolta citiamo il senatore Lino Banfi nel film “Quo Vado” di Checco Zalone, sudooooore.

Ma non è mai riuscito ad essere assunto dato che un contratto del genere, di questi tempi e in un ente letteralmente sfondato dai debiti qual è il Consorzio di Bonifica, è apparso troppo anche per chi, tutto sommato, cerca di trovare punti di mediazione con lo status quo.

Ci è voluto Giovanni Zannini, la sua veemenza, le parole forti e sicuramente la disponibilità manifestata a Maisto perché il suo vitalizio, pardon contratto di commissario venga confermato, per realizzare il miracolo.

Alla prossima puntata.