CAMORRA. Piove sul bagnato per il pupillo di Antonio Iovine O’ Ninno. Dopo averlo condannato all’ergastolo definitivo, la Cassazione dà ancora torto a Corrado De Luca

9 Agosto 2022 - 11:57

Si tratta delle misure cautelare relative all’ormai famigerato duplice omicidio Sebastiano Caterino e Umberto De Falco, avvenuto nel 2003 a Santa Maria Capua Vetere, e per il quale il fedelissimo del boss pentito è imputato nel processo-ter insieme a tre insospettabili della città del Foro

SAN CIPRIANO D’AVERSA – Questa sentenza della Cassazione riguarda una fase cautelare che coinvolge Corrado De Luca, esponente di spicco del clan dei Casalesi ed esponente di spicco in quel di San Cipriano d’Aversa del boss – poi divenuto collaboratore di giustizia Antonio Iovine. L’anzianità criminale di De Luca rende questa notizia più formale che sostanziale, più utile agli addetti ai lavori (giudici, avvocati, giornalisti specializzati in giudiziaria), che il lettore comune, al quale, quando dici che un paio di mesi fa Corrado De Luca è stato condannato definitivamente all’ergastolo dalla stessa corte di Cassazione per un’altra vicenda, tre omicidi avvenuti nel 1992, quelli di Luigi Di Cicco, Vincenzo Maisto e Italo Venosa, possono anche chiudere la partita, introitando un’informazione che di per sé assorbe tutta la lunga e complessa storia giudiziaria di questo camorrista.

Ma si sa, nella vita ci sono (purtroppo o per fortuna) anche gli avvocati e allora capita che i giudici della legittimità debbano ancora oggi pronunciarsi su un ricorso presentato dai pubblici

ministeri della Dda su una scarcerazione “tecnica”, non reale, su un’istanza di scarcerazione emessa dal Riesame di Napoli e richiesta dai suoi legali a favore di De Luca, raggiunto da una misura cautelare in carcere relativa a quella che è diventata un vero e proprio tormentone nella cronaca giudiziaria, ovvero l’omicidio di Sebastiano Caterino detto l’evraiuolo, superkiller, bardelliniano, scissionista e tante altre cose, e di suo nipote Umberto De Falco, avvenuto in 31 ottobre 2003 a Santa Maria Capua Vetere.

La decisione del Riesame di Napoli non ha impedito alla Dda di ottenere, nell’esplicazione di una procedura parallela e non intrinsecante, il rinvio a giudizio di De Luca, che oggi risponde, al cospetto della corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, di quell’omicidio, assieme a tre insospettabili incensurati della città del Foro, accusati di aver supportato logisticamente il corposo gruppo di fuoco. Un processo che, peraltro, potrebbe essere condizionato dall’esito del Caterino-bis, cioè del processo che ha messo insieme anche un po’ caoticamente, a dire la verità, sempre davanti la corte di Assise, il capo di imputazione a carico del reo confesso Francesco Ciccio e’ Brezza Zagaria con quelli riguardanti altri imputati, precisamente i politici di Capua Antropoli, Taglialatela e Ricci che mai sarebbero stati giudicati da una corte di Assise, se non si fossero accodati all’accusa di omicidio, attivata nei confronti di Zagaria che, da pentito, aveva accusato di tutte altre cose i suddetti politici.

Tornando alla notizia odierna, la Cassazione ha accolto il ricorso della Dda, annullando la decisione del Riesame e dunque ricostituendo la misura cautelare del carcere, ovviamente sempre sul piano tecnico, dato che in galera De Luca ci sta per tanto altro e soprattutto, da qualche mese a questa parte, ci sta con l’aggiunta del “fine pena mai” per i tre omicidi definitivamente sentenziati dalla Cassazione.

Il Riesame, segnalando la gravità del reato per cui era scattata l’ordinanza, non aveva rilevato però la presenza di un pericolo di reiterazione del reato. Una decisione che, però, aveva preso in esame solo una porzione, peraltro neppure decisiva, della biografia giudiziaria di De Luca: gli otto anni di reclusione già scontati per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, con l’appendice di una sorveglianza speciale scaduta nell’anno 2016. Tutto il resto, cioè tutto quello che la Dda aveva significato in sede di dibattimento davanti ai giudici della libertà, era stato completamente ignorato da questi. Tutte le condanne successive, infatti, come lamenta la procura antimafia, non sono state valutate al collegio del Riesame, dando così una visione parziale della storia.

I giudici su questo punto hanno dato ragione ai pm della Dda, specificando, inoltre, che il pericolo di reiterazione della condotta criminale di De Luca era presente e dimostrato anche da queste sentenze, tra cui quella dei tre omicidi che, al momento della decisione del Riesame, era avvenuta in corte di Appello, poi divenuta tombale con la decisione degli ermellini.

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