OMICIDIO RUGGIERO. Ciro Guarente da assassino a vittima di pedofilia. Tentativo di “umanizzare” il carnefice?
25 Giugno 2018 - 17:33
PARETE/AVERSA – Assassino reo confesso, ma anche presunta vittima di un prete pedofilo. È così che la difesa del 36enne Ciro Guarente, in carcere da quasi 11 mesi per l’omicidio avvenuto ad Aversa dell’attivista gay Vincenzo Ruggiero, si prepara ad “umanizzare” la figura dell’ex marinaio accusato di aver ammazzato Ruggiero a colpi di pistola e di aver fatto a pezzi il corpo, nascondendone poi le parti in un autolavaggio del quartiere napoletano di Ponticelli; i resti sono stati trovati sotto un massetto di cemento nel punto dove solitamente c’era il cane da guardia, ma qualche frammento osseo della testa e di un braccio non è ancor stato rinvenuto.
Guarente, che da ex marinaio è poi divenuto dipendente civile della Marina, ha ricevuto l’avviso di conclusione indagini dalla Procura di Napoli Nord a fine maggio, insieme all’altro indagato Francesco De Turris, accusato di aver ceduto al presunto omicida la pistola calibro 7,65 usata per uccidere Ruggiero.
Nei giorni scorsi Guarente ha quindi chiesto di essere interrogato tramite il suo legale Dario Cuomo; non si sa se rivelerà nuovi particolari sul delitto o se farà il nome di qualche altro eventuale complice, cosa che sembra difficile visto il silenzio “assordante” di questi mesi. La documentazione, comunque, è stata depositata in Procura.
Del grave trauma subito dal 36enne quando frequentava le scuole elementari a Ponticelli, si era parlato subito dopo l’omicidio Ruggiero, ma in quel momento si trattava di voci. Le indagini difensive di Cuomo hanno invece accertato che Guarente, quando era minorenne, sarebbe stato vittima di un noto sacerdote già accusato di pedofilia, don Silverio Mura, che in quel periodo – fine anni ’80 e inizio anni ’90 – era parroco proprio nella chiesa di Ponticelli frequentata da Guarente.
Cinque le testimonianze raccolte, sia di vittime dirette del sacerdote che di persone che sapevano delle violenze subite da Guarente. Questi non ha mai denunciato nulla, ma quel trauma se lo sarebbe portato appresso negli anni come un macigno, fino ad esplodere nel raptus omicida che armò la mano dell’ex marinaio la sera del 7 luglio 2017, quando con premeditazione, attese l’arrivo a casa di Ruggiero per poi ucciderlo. Il movente, è emerso, era passionale, in quanto Ruggiero in quel periodo conviveva con la trans Heven Grimaldi, fidanzata di Guarente, e quest’ultimo pensava che tra i due coinquilini fosse scattato qualcosa.
L’ingresso nelle indagini sul delitto Ruggiero del trauma subito in giovanissima età dal suo aguzzino, hanno come obiettivo di far comprendere agli inquirenti della Procura della Repubblica di Napoli Nord ma soprattutto ai magistrati che dovranno giudicare il 36enne, come sia possibile che un incensurato, lavoratore con contratto a tempo indeterminato e proveniente da una famiglia benestante, abbia improvvisamente ucciso con tale violenza e accanimento il suo presunto rivale in amore, sfogando una rabbia tale da arrivare a tagliare a pezzi il corpo, a cospargerlo di acido e occultarlo in un garage del suo quartiere, dove credeva potesse restare lì per sempre.