IL FOCUS. CASERTA. Tanto cemento nel centro storico. L’impresa Fontana e i notai Di Caprio comprano anche la Banca d’Italia, ma noi siamo contenti e applaudiamo. Però quel cartello di via Vico (per ora) non convince affatto

15 Giugno 2023 - 20:19

Esiste una legge regionale del 2009 che permette di abbattere e ricostruire, aumentando del 35% la volumetria degli immobili nel centro storico, ma ad una sola condizione, ovvero che i palazzi siano stati costruiti o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni. Ecco, noi non sappiamo – e lo chiediamo a Di Caprio e Fontana – se le due operazioni immobiliari fatte rispettano questa norma

LA RISPOSTA DEL NOTAIO DI CAPRIO: CASERTA. Ci scrive il notaio Di Caprio ed effettivamente lui sta comprando il palazzo della Banca d’Italia senza l’ausilio del costruttore Fontana. Ma noi… (CLICCA PER LEGGERE)

CASERTA (Gianluigi Guarino) – Da un po’ di tempo ci stiamo occupando di alcune operazioni immobiliari, in realtà piuttosto robuste, compiute all’interno del perimetro di quello che a tutti gli effetti va considerato il centro storico della città di Caserta per come questa definizione si associa alla catalogazione classica delle cosiddette Zone territoriali omogenee che rappresentANO la spina dorsale della grande riforma dell’urbanistica italiana concretizzatasi con la legge 765 del 1967, la quale inseriva nella legislazione nazionale concetto e contenuto della definizione di Piano regolatore generale, e dal decreto ministeriale dell’anno successivo, il 1444/1968, che della citata legge rappresentò il braccio operativo, attuativo, concretamente calato nei territori dei centri urbani e di quelli extra urbani ma comunque appartenenti ai perimetri di competenza di ognuno degli 8 mila comuni italiani.

“COME
SE AVESSIMO ACCETATO…”

Circa un mese fa abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere molto interessanti e parimenti cordiali con un rappresentante della Immobiliare Fontana e Figli 1955, con sede a Napoli, alla via Arcangelo Corelli, la cui proprietà è affidata al 50% cadauno al 26enne Giorgio Fontana e alla 30enne Maria Fontana, verosimilmente fratello e sorella che hanno affidato l’esercizio esclusivo dei poteri esecutivi a Francesco Fontana, 60enne, verosimilmente papà di Giorgio e Maria, e sicuramente marito della 53enne Maria Cerrone.

Insomma, un’azienda a conduzione familiare, ma con numeri significativi. A partire dalla cifra accettabile, rispetto a certe prassi di aziende con dieci mila euro di capitale sociale e 10 milioni di fatturato l’anno, di un milione di euro quale capitale della società.

Un’azienda a conduzione familiare, dicevamo, cresciuta moltissimo, se è vero come è vero che è stata in grado di coinvolgere nella piazza di Caserta una famiglia molto importante e molto rinomata nel mondo delle professioni, quella del notaio Vincenzo Di Caprio e del suo figliolo, nonché erede del suo accorsatissimo studio, notaio Onofrio Di Caprio.

Da qualche giorno a questa parte, al riguardo, si parla di un coinvolgimento dell’impresa Immobiliare Fontana e Figli 1955 nell’acquisto del palazzo all’angolo tra piazza Vanvitelli e corso Giannone, dinanzi al palazzo Acquaviva che ospita Prefettura e Questura, per tantissimo tempo, fino alla chiusura del 2018, sede di Caserta della Banca d’Italia.

Quest’ultima notizia va in parte a modificare la lettura di quella originaria che, stando almeno a ciò che CasertaCe sapeva, imputava questa operazione di compravendita da svariati milioni di euro ai soli notai della famiglia Di Caprio.

Quando abbiamo parlato con il rappresentante – vabbé, diciamola tutta, con l’emissario – dell’Immobiliare Fontana e Figli 1955 ci siamo accorti di una tensione a voler spiegare che tutto ciò che l’impresa in questione sta facendo nell’ultimo periodo è frutto di procedimenti amministrativi legali, regolari e del tutto trasparenti.

Uno sforzo che abbiamo apprezzato, con tanto di auspicio di trovare di qui a poco, per quella che è funzione che ricopriamo, elementi che facciano coincidere le nostre convinzioni con le asserzioni di questa impresa con sede a Napoli.

Naturalmente, da parte nostra abbiamo garantito all’interlocutore un’azione professionale improntata alla correttezza e costituita attraverso un approccio laico e imparziale. Ciò lo abbiamo affermato dopo aver ringraziato l’emissario con il nostro ormai proverbiale “grazie della considerazione, a noi non serve nulla, come se avessimo accettato“.

Probabilmente, quella visita era dovuta al fatto che questo giornale è stato l’unico a chiedersi e conseguentemente a scrivere sull’alacrità dei lavori, di alcuni cantieri attivati in aree cruciali, nodali, del centro storico, cioè della Zona A del capoluogo.

NOTAI, IMMOBILIARISTI E VENDITORI DI AUTO ALL’ACQUISTO DEL CENTRO STORICO

Abbiamo cominciato a studiare con molta attenzione la questione e oggi possiamo confermare che il rapporto tra l’Immobiliare Fontana e Figli 1955 e i notai Di Caprio è solido, reale, forte.

Al riguardo, i lavori di abbattimento e ricostruzione realizzati in via Giovanbattista Vico hanno riguardato e hanno valorizzato un’immobile di proprietà dei Di Caprio.

Ma sono diversi altri gli interventi in corso a Caserta, con una famiglia imprenditoriale che tende ad allargarsi, visto e considerato che, a quanto pare, comprende anche uno dei brand più importanti delle concessionarie d’auto di questa provincia e di questo regione.

Per il momento limitiamoci ad approfondire questioni già affrontate negli scorsi mesi e nelle scorse settimane da questo giornale, cioè quella appena citata riguardante l’operazione immobiliare di via Vico e quella relativa ad un’altra forse ancor più importante. in quanto significativamente remunerativa, ad alto valore aggiunto, dato che i nuovi appartamenti costruiti sono andati letteralmente a ruba e vi garantiamo che non usiamo questo termine a scopo goliardico-sardonico.

Trattasi dell’immobile all’angolo tra via Roma e via Unità Italiana.

Per non allungare eccessivamente l’articolo, sicuramente in un caso, probabilmente anche nell’altro (stiamo verificando) l’Immobiliare Fontana e Figli 1955 ha voluto esporre un cartello di cantiere con evidente pretesa di trasparenza. E anche questo va apprezzato, visto che ciò ha favorito il nostro lavoro e dunque l’accertamento di quegli standard di regolarità, di legalità senza se e senza ma, dei quali speriamo di poterci convincere al più presto.

I cartelli recano la seguente definizione: “Ristrutturazione edilizia con aumento volumetrico del 35% della volumetria esistente, così come previsto dall’articolo 5 della legge regionale 19/2009“.

UNA STORIA CHE VA AVANTI DA UN BEL PO’

È probabile che questo zelo sia determinato dalle complicate vicissitudini di un palazzo, quello all’angolo tra via Roma e via Unità Italiana, che da un po’ di anni sta nella testa e nel cuore della famiglia Fontana.

Siccome questa è solo la prima puntata della storia, vi anticipiamo solamente che tutto quello che è capitato tra il 2006 e il 2009, cioè la presentazione di un Piano di Recupero, velocissimamente approvato dall’allora prefetta di Caserta, nonché commissaria prefettizia della città capoluogo, Maria Elena Stasi, pupilla di Luigi Cesaro, detto Giggin a’ purpett, fino alla piccola battaglia giudiziaria tra l’amministrazione comunale, al tempo dal sindaco Nicodemo Petteruti, e l’allora proprietario di quel palazzo, la Finroma srl, tutto ciò, dicevamo, non è estraneo al mondo dei Fontana, visto e considerato che le dinamiche esistenziali e imprenditoriali della Finroma si intrecciano con quelle dell’Immobiliare Fontana e Figli 1955 che ha incorporato la citata Finroma nell’estate 2021, acquisendone evidentemente anche i titoli relativi ai diritti reali.

Comunque, fermo restando che torneremo sulla ricostruzione storica di quegli eventi e sul motivo per cui la procura della Repubblica sequestrò il Piano di Recupero dell’immobile presentato da Finroma, salvo poi dissequestrarlo proprio nell’anno 2009, teniamoci per oggi stretti stretti sull’attualità.

LA LEGGE REGIONALE DEL PIANO CASA 2009: PIU’ VOLUMETRIE SI’…MA FORSE NO

Se è vero che rispetto a quel Piano di Recupero del 2006 (un abbattimento e ricostruzione, con pari volumetrie, di appartamenti e negozi) si è verificato un fatto nuovo, una radicale riforma normativa attraverso la legge regionale, che chiameremo del Piano Casa, è anche vero – ci permettiamo di formulare un piccolo rilievo ai Fontana, che citare solamente l’articolo 5 della legge 19/2009 non è sufficiente per avere la certezza che il 35% di aumento volumetrico, presumibilmente realizzato tra via Roma e via Unità Italiana, come sicuramente, cartelli alla mano, è avvenuto per l’immobile di via Vico, potesse essere realmente attuato.

Giusto, fondato, far riferimento all’articolo 5 il quale, effettivamente, sancisce che “è consentito l’aumento, entro il limite del trentacinque per cento, della volumetria esistente degli edifici residenziali per interventi di demolizione e ricostruzione“, che non produce alcun contenuto su eventuali eccezioni relative alle zone A, ma è anche vero che, oltre all’articolo 5, esiste anche l’articolo 3 e queste eccezioni le elenca tutte.

A dire il vero, la formulazione iniziale di quest’ultimo articolo era quasi categorica, visto e considerato che tutto quello considerato possibile ai sensi dell’articolo 5, cioè l’aumento del 35% delle volumetrie su abbattimenti e ricostruzioni, diventava totalmente impossibile nelle Zone A, in questo caso citate testualmente:

Art. 3
Casi di esclusione

  1. Gli interventi edilizi di cui agli articoli 4, 5, 6-bis e 7 non possono essere realizzati su edifici che al
    momento delle presentazioni della Denuncia di inizio di attività di edilizia (DIA) o della richiesta del
    permesso a costruire risultano:
    […] b) collocati all’interno di zone territoriali omogenee di cui alla lettera A) (che sono le zone A in quanto previste dal decreto del 1968) dell’articolo 2 del decreto ministeriale n.1444/1968 o ad esse assimilabili così come individuate dagli strumenti urbanistici comunali.

L’ECCEZIONE DELL’ECCEZIONE TARGATA CALDORO

Per cui, la legge regionale del Piano Casa, come succede spesso con le norme italiane, non diceva esplicitamente che nelle zone A non si potevano fare cose che, invece, nelle zone B e C si potevano fare, ma, in realtà, diceva proprio questo.

Se nonché, nel 2011, Stefano Caldoro e il centrodestra, che avevano sostituito Antonio Bassolino e il centrosinistra alla guida della regione, modificano, integrano le previsioni di questo articolo 3 della legge 19/2009, quando ne assumono testo e contenuto all’interno della legge regionale 5 del 2011.

E così entra in scena l’eccezione dell’eccezione.

La zona A è intangibile, nei palazzi protetti dalla Soprintendenza c’è un vincolo di inedificabilità, per gli altri puoi abbattere, qualora ne ricorrano le necessità per lo stato dell’immobile, ma nella ricostruzione, che ovviamente dev’essere fatta nel rispetto di norme generali ed eventualmente di quelle di dettaglio, contenute nei piani particolareggiati (a Caserta vige un Piano di Recupero), non puoi aumentare nemmeno di mezzo metro cubo la volumetria esistente.

Insomma, le norme originarie del Piano Casa regionale 2009 non sarebbero state utilizzabili per realizzare operazioni come quella di via Vico e presumibilmente di via Roma.

Ed ecco l’eccezione dell’eccezione griffata Caldoro:

“[…] ad eccezione degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni qualora non rientrino in altri casi di esclusione ai sensi del presente articolo

Prima domanda: i due edifici, sicuramente quello di via Vico, molto probabilmente quello tra via Roma e via Unità Italiana, sono stati costruiti dopo il 1973? E ancora – seconda domanda – dal 1973 a oggi, gli immobili sono stati sottoposti a interventi significativi di ristrutturazione?

Senza entrare nel merito del discorso sulla ratio di questa norma, onestamente, a dir poco illogica, la nostra attività giornalistica continuerà proprio nella direzione di una ricerca storica che – fermo restando l’inutilità di ciò, per noi del tutto irrilevante, che eventualmente il trio dell’Ave Maria dell’Ufficio Tecnico del comune di Caserta, formato da Franco Biondi, Lello De Rosa da Casapesenna e Luigi Vitelli, abbia scritto sul tema – vorrà stabilire se quegli edifici sono stati costruiti dal 1973 in poi o prima ed eventualmente se siano stati oggetto non a sedicenti, bensì a reali, concreti, evidenti e sostanziali interventi di ristrutturazione.