CAPUA. L’istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero trascina Comune in tribunale, la Cassazione respinge il ricorso
20 Novembre 2024 - 13:34
La controversia per l’espropriazione di un terreno per realizzare l’area mercato.
CAPUA/CANCELLO ED ARNONE – La prima sezione civile della Corte di Cassazione, presieduta da Giuseppe Cesare Umberto Scotti, si è pronunciata sul ricorso presentato dall‘Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Capua contro il comune di Cancello ed Arnone, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli
La vicenda nasce nell’aprile del 1999 quando ‘istituto diocesano accettava, dal responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Cancello ed Arnone, 235 milioni delle vecchie lire, quale indennità di esproprio per il terreno di 6885 metri quadrati sito nel territorio comunale, zona destinata alla nascita dell’area mercato.
A fronte della mancata realizzazione dell’opera pubblica da parte Comune l’Istituto nel 2005 chiedeva la condanna dell’ente per l’illegittima occupazione del fondo oltre alla richiesta di restituzione del terreno o il controvalore dello stesso. All’esito della perizia il tribunale di S. Maria C.V. condannava il comune al pagamento della somma di 760,545 euro a titolo risarcitorio in favore dell’istituto diocesano.
Impugnata la sentenza da parte dell’ente locale contestando la qualificazione dell’occupazione operata dal giudice di primo grado quale occupazione illegittima. Ad avviso del Comune la procedura, almeno all’origine, era stata correttamente intrapresa mediante la pubblicazione di una delibera di giunta di approvazione dei lavori.
La Corte di Appello di Napoli, in accoglimento dell’appello principale riformava la pronuncia di primo grado dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. La Corte quindi ha ritenuto che la controversia non rientrava nella giurisdizione del giudice ordinario bensì di quello amministrativo. Avverso tale pronuncia di secondo grado, l’istituto per il sostentamento del clero ha proposto ricorso in Cassazione ma è stato ritenuto inammissibile in quanto a parere della Cassazione “l’istituto diocesano non ha mai specificatamente contestato l’esistenza o il contenuto di tale documento e ha accettato espressamente e senza condizioni la somma offerta dal comune appellato a titolo di indennità di espropriazione del fondo. Quindi è provato che il comportamento del comune di Cancello ed Arnone deve essere ricondotto a tale deliberazione e che questa costituiva la manifestazione dell’esercizio di un pubblico potere autoritativo di cui il medesimo comune era certamente munito”.