La camorra al comune di CASERTA. Ieri Carlo Marino tenuto fuori la porta dalla prefetta. La relazione sullo scioglimento è a Roma. I CASI PIU’ SPINOSI

18 Marzo 2025 - 12:50

Non invitato al Comitato anche il vicepresidente facente funzioni della Provincia, Marcello De Rosa. In prefettura, invece, i dirigenti della due procure. Possibile, probabile, non certo, che si sia parlato anche dell’inchiesta su Giorgio Magliocca

CASERTA – Si è svolta ieri mattina alla prefettura di Caserta la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’ultima prima dell’invio, avvenuto in queste ore, della relazione redatta dalla commissione d’accesso agli atti rispetto al possibile scioglimento dell’amministrazione comunale di Caserta per infiltrazione camorristica.

Ed è molto probabile che si sia parlato della relazione inviata alla prefetta Lucia Volpe il 6 febbraio dai commissari, il prefetto Maurizio Masciopinto, la viceprefetta aggiunto Laura Mattiucci e il maggiore della Guardia di finanza Gianfranco Mozzillo.

Affermiamo questo perché, non seguendo la consuetudine e quanto prevede solitamente la norma, ovvero l’articolo 20 della legge 1º aprile 1981 n. 121, non sono stati invitati al meeting il sindaco Carlo Marino che del presidente facente funzioni della Provincia, Marcello De Rosa. Presenti in prefettura, invece, i dirigente delle due procure casertane, Aversa e Santa Maria Capua Vetere.

Probabile, quindi, che il comitato, composto anche dal questore Andrea Grassi, il comandante provinciale dei carabinieri Manuel Scarso, il comandante provinciale della guardia di finanza Nicola Sportelli, abbia discusso della relazione sullo scioglimento, ma anche rispetto alle recenti indagini che hanno colpito la Provincia di Caserta.

Una decisione che non possiamo definire errata, bensì una scelta seria, quella della prefetta Lucia Volpe, di non invitare Carlo Marino e Marcello De Rosa.

A nostro avviso, infatti, se si tratta di un comitato per la sicurezza pubblica, che va a toccare i temi anche della corruzione nell’amministrazione pubblica, non è proprio il caso di far venire in prefettura il sindaco, tra l’altro sotto processo con l’accusa di aver truccato una gara da oltre 100 milioni, dell’ente che rischia seriamente lo scioglimento per infiltrazione criminale, e il vicepresidente della Provincia al momento al centro di una pesante inchiesta, il cui l’attuale numero uno è stato condannato a tre anni per il reato di falso.

Se davvero è stata questa la ratio che ha mosso la prefetta Volpe, ci sentiamo di darle ragione e lodarla per la gestione di questa situazione e per aver mandato un messaggio chiaro ai casertani.

I motivi della commissione d’accesso a Caserta sono ormai noti. Tutto nasce dall’inchiesta esplosa il 13 giugno e che ha portato all’arresto ai domiciliari, poi revocato, di Franco Biondi, Giovanni Natale, Massimiliano Marzo, Gioacchino Rivetti, rispettivamente dirigenti, assessore e imprenditore, nonché papà di un dipendente comunale, nonché all’iscrizione nel registro degli indagati di altri soggetti, tra cui l’ex vicesindaco Emiliano Casale.

Altra indagine è quella emersa in autunno, che vede sempre un giro di mazzette all’interno dell’Ufficio tecnico di Caserta – ma anche di San Nicola la strada, al centro dell’inchiesta. Nel frattempo, però, la commissione prefettizia si era già insediata a palazzo Castropignano, dall’8 di agosto precisamente.

Chi legge questo giornale sa bene quali sono i motivi che potrebbero portare allo scioglimento per infiltrazione criminale del comune capoluogo. Causa scatenante sono stati i rapporti tra Casale e Marzo con le famiglie Rondinone e Capone, legate al clan Belforte di Marcianise, da sempre egemone su Caserta. Ma i commissari hanno trovato anche rapporti con la criminalità organizzata, con i Mezzara di Cesa, legati al clan dei Casalesi, per quanto riguarda i re dei parcheggi a Caserta, quella famiglia Dresia che domina da decenni sul parcheggio Pollio, ha in mano anche la futura gestione del parcheggio IV Novembre, quello dei Monumento ai caduti, e che da anni è politicamente annodata ai destini del sindaco Carlo Marino.

Ultimo, ma non ultimo, argomento che è presente nella relazione della commissione d’accesso è quello relativo agli appalti pubblici, in cui si sarebbe mossa una schiera di imprenditori legati in qualche modo al clan dei Casalesi, come nel recente caso della famiglia Falanga, i cui componenti vivono in una casa del boss Michele Zagaria, con tanti di armi e bunker all’interno, e della loro Mira Costruzioni.