TUTTI I NOMI. L’amministratore del tribunale e i fratelli del boss Michele Zagaria insieme per nascondere i beni della società sequestrata: chieste 5 condanne

5 Giugno 2025 - 11:26

CASAPESENNA – Cinque persone sono attualmente sotto processo a Santa Maria Capua Vetere nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza su un presunto trasferimento fraudolento di beni, volto – secondo l’accusa – a sottrarre un’azienda agricola alle misure patrimoniali disposte dalla magistratura. Ieri, il pubblico ministero Ciro Capasso ha avanzato richieste di condanna per tutti gli imputati.

Al centro della vicenda, un’impresa agricola formalmente intestata a Raffaele Fontana, madre dei fratelli Carmine e Antonio Zagaria, scomparsa lo scorso anno. Tra il 2006 e il 2013, l’azienda sarebbe stata progressivamente svuotata di risorse, macchinari, bestiame e crediti, trasferiti a società apparentemente estranee e intestate a prestanome, al fine di eludere i provvedimenti di sequestro e la possibile confisca.

Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, i promotori di questa operazione sarebbero stati Carmine e Antonio Zagaria, fratelli del boss ergastolano Michele Zagaria, noto come “Capastorta”, figura di spicco del clan dei Casalesi. Per entrambi il PM ha richiesto una condanna a cinque anni di reclusione.

A fare da prestanome, secondo l’accusa, sarebbero stati Antonio Zagaria (omonimo, ma senza legami familiari con il clan), residente a Casagiove, e il fratello Fernando. Per il primo, la procura ha richiesto 14 anni di reclusione, per il secondo 5. Tutti e quattro i soggetti rispondono di trasferimento fraudolento di beni aggravato dall’agevolazione al clan camorristico.

Sotto processo anche Aristide Casella, amministratore giudiziario nominato per la gestione dell’azienda, per il quale sono stati chiesti 5 anni. Al professionista, originario del Vomero, la DDA contesta reati quali rifiuto d’atti d’ufficio, sottrazione di beni sequestrati e favoreggiamento reale. Secondo l’accusa, Casella avrebbe consapevolmente tollerato, se non addirittura favorito, la gestione occulta da parte dei fratelli Zagaria, consentendo loro di continuare a beneficiare dei profitti aziendali.

Ulteriori accuse pendono su Antonio Zagaria di Casagiove, ritenuto coinvolto anche in un concorso esterno in associazione mafiosa. A lui viene attribuito il ruolo di intermediario nelle operazioni contabili fittizie – tra cui sovrafatturazioni e sottofatturazioni – che avrebbero consentito la creazione di fondi neri destinati in parte alla famiglia del boss e in parte a suo personale vantaggio.