L’EDITORIALE. Peppe Pagano chiama z…..a Mimma Tonziello. Stia sereno, tiri fuori i bilanci e la due diligence dei beni confiscati alla camorra che lei gestisce

20 Aprile 2019 - 18:36

di Gianluigi Guarino

Se il signor Peppe Pagano dà della z….ola a una rispettabile e matura signora, peraltro felicemente sposata da anni e procreatrice di generosa prole, con ben 6 figli, non va preso sul serio. Perchè regalargli una reazione sanguigna, verace, risentita, limitata solamente alla lettera, alla singola parola sconveniente o insultante messa nera su bianco in una discussione social, significherebbe dar fuoco alle polveri e trasformare la questione che lo riguarda, in vera e propria bagarre.

Ciò produrrebbe esattamente l’obiettivo che Peppe Pagano vuol raggiungere: depistare, allontanare la discussione dal punto essenziale, dal suo fulcro: è vero o non è vero che le associazioni che fanno capo a lui e alla moglie Mirella Letizia, assessora comunale a Casal di Principe, gestiscono più di 20 beni confiscati alla camorra?

Di per sè, questo, anche se risultasse vero, non costituirebbe un problema. Perchè se Pagano e le sue associazioni gestissero, attenzione, in nome e per conto dello stato, questi immobili, non lucrando neppure un euro, ma convogliando ogni energia al raggiungimento di un reddito sociale che si esprima attraverso fatti, atti, produzione di beni e servizi, materiali e immateriali, realizzati e raggiunti attraverso strumenti, input produttivi, esemplarmente diversi, antitetici rispetto a quelli che la camorra ha utilizzato per monopolizzare l’economia dell’agro aversano e di gran parte di quella della provincia di Caserta, allora potremmo discutere al massimo su una concentrazione anomala, eccessiva, tanto cospicua da rendere difficile, da complicare l’efficienza produttiva di beni, servizi e azioni sociali, ma non potremmo certo mettere in croce Peppe Pagano e la moglie, nel momento in cui questi rispettassero integralmente e rigorosamente la mission dei soggetti del terzo settore che a questi beni devono dare, prima di tutto, una messa a valore di tipo morale che poi abbia, come conseguenza, anche una efficienza materiale.

Per fare questo, però, non ci vogliono le chiacchiere. Ci vogliono i bilanci. E allora, Pagano invece di chiamar puttane le signore per bene, accetti un confronto che si basi, però, per una volta, per una volta sola, non sulla esposizione dei soliti slogan, ormai divenuti una stanca e vetusta cantilena, che non impressiona più nessuno, a partire dai valorosi magistrati della dda, dagli uomini e le donne più esposti delle forze dell’ordine, che svolgono azioni di presidio del territorio e attività di indagine di polizia giudiziaria, come non impressiona nessuno la pratica che Lei, Pagano, e tutti i cherubini, gli angeli, toccati dalla grazia e fulminati dalla scossa della legalità, adoperate quando classificate i buoni e i cattivi, utilizzando il discrimine dell’essere prodighi di salamelecchi ed elogi a buon mercato, per la vostra attività a prescindere, oppure di essere critici per come realizzate, soprattutto con una dialettica spesso aggressiva, quasi violenta, sicuramente inaccettabile, la vostra nuova fortuna di un’anticamorra che, lo abbiamo scritto cento volte, ma lo ripeteremo fino alla noia, in questa provincia, ha rappresentato il migliore e più remunerativo indotto della camorra, creando fortune politiche e anche fortune economiche.

Ma non vogliamo esacerbare certo la polemica, alzando il tiro, perchè così contribuiremmo anche noi all’attività elusiva rispetto alla necessità di andare al nocciolo del problema. Il fatto che questo giornale si occupi di Lei, signor Pagano, dovrebbe già gratificarla, anzi onorarla di per se, perchè di lei si occupa una testata libera e liberale, autenticamente indipendente e soprattutto che sa leggere e che sa scrivere, non utilizzando mai a sproposito, ce lo consenta, signor Pagano, l’antichissimo strumento retorico dell’invettiva, che non può essere una parolaccia o un insulto. Ma non perchè questo non è politically correct o immorale per i moralisti, ma semplicemente perchè denota l’assenza di un’idea, di un contenuto, di un’argomentazione da opporre ad un’altra argomentazione che non piace e non aggrada.

Lei invece, rispetto alla signora Mimma Tonziello, riesce ad obiettare e ad opinare solamente sputando insulti che poi, ripetiamo, provocano più ilarità che rabbia.

Ora, la Tonziello sarà anche un’avversaria politica sua, di sua moglie e di Renato Natale. Questa evidenza, ci dà la possibilità di sottolineare, ancora una volta, un vostro antico vizietto che ormai vi rende sempre meno credibili, ogni giorno che passa: se un avversario politico vostro, vi dice di tirare fuori i bilanci delle associazioni, di mettere in pubblico una due diligence dei beni gestiti, voi non potete insultarla, perchè se continuate a ritenere, ancora oggi, che l’essere nominalmente, assertivamente anticamorra garantisce una sorta di lasciapassare dialettico, che vi autorizza all’esercizio dell’arroganza, della prevaricazione, che, badate bene, non sta tanto nel linguaggio scurrile o in un epiteto buffo, ma nella protervia di chi ritiene che, essendosi dichiarato anticamorra, che avendo costruito una narrazione abile, edificata su tanti eventi grandi e piccoli meramente dimostrativi, a partire dalla nascita del famoso ristorante, può consentirsi di abitare una zona franca in cui non esiste l’obbligo, prima di tutto morale rispetto a una gestione di beni confiscati dallo Stato, di dar conto al medesimo Stato, che non è costituito solamente dall’addizione degli ordinamenti politico-burocratici, ma è il corpo civile dei cittadini.

Ecco perchè è grave quello che ‘sto Pagano dice. Perchè se ad essere messe in discussione fossero state case sue, fossero stati terreni suoi o di sua moglie, e va bè, ‘na parolaccia, un insulto non saranno eleganti, ma come si suol dire, quando ce vo’ ce vo’.  

Ma lei sta amministrando in quanto gratificato da una legittimazione di soggetto combattente contro il mostro camorristico, beni, non di sua proprietà, ma ancora appartenenti, fino a prova contraria, alla res publica.

D’altronde, che cosa le si chiede? Di esibire i bilanci, di mettersi a disposizione in una conferenza stampa affinchè ogni centimetro quadrato delle aree che le sue associazioni gestiscono, diventino oggetto di totale e trasparente conoscenza.

Cavolo, siete considerati dei sacerdoti della legalità e quando c’è da praticarla realmente, non con le chiacchiere, vi irrigidite e date la sensazione, agli osservatori neutrali, di aver qualcosa da nascondere.

Perchè, se uno non ha nulla da nascondere, non ha nulla da temere. E se uno si è fatto un nome in quanto difensore della legalità, dunque del diritto, dunque della legge, la legalità, il diritto e la legge la deve difendere, ma anche testimoniare con i fatti e gli atti.

Forza, un piccolo sforzino e non la buttiamo in cagnara. Sono convinto che anche il mio amico Gianni Solino che mi risulta sia anche un vostro amico, non potrà non essere d’accordo. Altrimenti, avrei fatto male a considerarlo persona stimabile.

 

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