CORONAVIRUS e la BELLA SATIRA. Ascolta Massimo Cannizzaro e il suo “don Vincè”. Questo qui va candidato a presidente contro De Luca
15 Marzo 2020 - 13:02
CASERTA – (Gianluigi Guarino) Confessiamo che, fino a qualche minuto fa, non conoscevamo Massimo Cannizzaro. E onestamente riteniamo anche di avere molte attenuanti, visto la sconfinata, scombinata, coloria di artisti, semi artisti, digitalqualchecosa, inventori, che affolla ormai sterminatamente, l’universo liquido dei social, dei media qualchecosa eccetera.
Massimo Cannizzaro è un artista napoletano. Detta così, può significare molto ma anche nulla, perchè è ben nota l’attitudine di questo popolo per le arti della rappresentazione scenica, più o meno, musicata. E nemmeno il fatto che si tratti di una persona relativamente giovane giustifica la mancata conoscenza da parte di chi, come noi, cerca di porre sempre molta attenzione alla vita artistica della nostra terra.
Da Made in Sud in poi, infatti, c’è stata una proliferazione di personaggi, più o meno probabili, più o meno improbabili, il più delle volte però velleitari che ha cercato di interpretare una nuova forma di comicità, adatta ai tempi moderni.
Occorreva, dunque, un colpo di fortuna affinchè aprisse per Cannizzaro una breccia nel muro dell’anonimato o del semi anonimato. Questo artista partenopeo, a pensarci bene, di colpi di fortuna, ne ha avuti due.
Nella vita tutto è relativo: le guerre hanno distrutto l’esistenza di tanti e hanno fatto la fortuna di pochi. Per il coronavirus, è la stessa cosa. E’ diventato il tema unico della vita di tutti gli italiani e, in più, la reclusione domiciliare collettiva offre la possibilità, a chi propone contenuti di ogni genere, di essere guardati con un livello di attenzione inimmaginabile in momenti normali.
E questo è il primo colpo di fortuna. Il secondo è costituito dal fatto che in Campania, questo sentire popolare basico, irrazionale, è furbescamente alimentato e aggravato da chi, sul coronavirus, sta facendo un investimento politico per cercare di salvare una poltrona che, fino a un mese fa, sembrava, nel disegno del proprio futuro, una remota chimera.
Diciamo che il coronavirus e tutto il melodramma ad esso allegato ha creato una condizione tale da consentire al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca “di stare nel suo“, così come si dice nel gergo dei nostri adagi, giusto per parificare l’immagine della “capa per spartire le orecchie“, utilizzata in uno dei suoi show dal governatore.
A pensarci, ma proprio a pensarci bene bene, i colpi di fortuna di Cannizzaro sono tre: Vincenzo De Luca che, da 10 giorni a questa parte, si è letteralmente inventato un modo per legiferare per ordinanza, sovrapponendosi e, in qualche occasione, contrapponendosi alle misure prese dal governo, con conseguente incasinamento di una situazione già incasinata, dimostra che lui punta più alla promozione di sè, in funzione delle elezioni regionali, peraltro rinviate al prossimo ottobre, che alla risoluzione del problema del coronavirus.
Perchè, ancora una volta, a pensarci bene, a cosa serve oggi la riproposizione di un suo antico e famoso sketch salernitano, in quel caso, realizzato contro i parcheggiatori abusivi, e riadattato oggi, ai tempi del coronavirus, quando, da vero sceriffo dell’Arizona, esce con la sua auto, becca e redarguisce, o meglio insulta, interpretando furbamente e furbescamente il sentire popolare basico di cui scrivevamo all’inizio, due o tre persone che girano per strada, delegittimando in questa maniera anche le forze dell’ordine, le forze di polizia, adibite per Costituzione alla cura dell’ordine pubblico e al rispetto delle direttive del governo?
Non serve a un tubo. Nè si può dire che con il bombardamento mediatico e con le misure pazzesche di limitazione della libertà personale occorra ancora una presa di coscienza, per la quale può essere utile l’esempio o una scenetta pop-trash, dunque chiaramente comprensibile a grandi e piccini, ricchi e poveri, scolarizzati e non.
Non serve a un tubo. Come non serve a un tubo, per lo stesso motivo, andare a fare discussioni sulla questione dello jogging, per il quale De Luca scrive un’altra ordinanza in sostanziale difformità con le prescrizioni del governo, facendosi forte, in maniera molto discutibile e a nostro avviso giuridicamente errata, delle possibilità che ai sindaci e ai presidenti delle regioni vengono offerte, in tema di sanità pubblica, pensate un pò, dalla legge istitutiva del Ministero della Salute, precisamente dall’articolo 32, da noi arci citato in questi giorni, della 833 del 1978, reazione statalista al referendum pannelliano che abrogò, insieme a quello dell’Agricoltura (in quel caso si inventarono il nuovo dicastero delle Risorse Agricole, in vita ancora oggi) il Ministero della Sanità.
Questa legge viene utilizzata dal governatore come strumento di una secessione di fatto della Campania dall’Italia, in un momento in cui, effettivamente, la necessità principale è costituita dal fatto che a parlare sia solo uno, cioè il governo nazionale, e non tanti o addirittura tutti.
E in questa situazione si inserisce il terzo colpo di fortuna, avuto dal buon Cannizzaro. Se si eccettua, infatti, la voce del consigliere regionale Alfonso Piscitelli, che stamattina ha espresso critiche, seppur pacate, al governatore, per i suoi atteggiamenti, nessuna voce si è alzata in maniera forte e chiara per stigmatizzare, anche a costo di essere impopolari, richiamando i valori di un corretto governo del territorio, proprio nel momento in cui la bandiera della cultura di governo va issata in alto, ad argine degli arruffapopolo come De Luca, che, in queste giornate concitatissime, stanno, come abbiamo scritto prima, “dentro u’ lloro“.
L’assenza di cultura di governo è evidente nel momento in cui nessuna voce importante si alza per ricordare a De Luca che se veramente la Campania fosse colpita come la Lombardia, sarebbe vera strage viste le condizioni penose in cui versa la sanità locale, anche e soprattutto per colpa dell’attuale presidente della Regione.
In questo deserto del contraddittorio democratico, che sarebbe giustificato di fronte alla chiara identità propagandistica di tutto ciò che De Luca sta facendo negli ultimi giorni, quello di Cannizzaro diventa un raggio di sole della democrazia, un raggio di sole della libertà di opinione, un raggio di sole di chi un minimo ragiona sulle cose e afferma, nella sua canzone satirica in parafrasi a quella famosissima cantata da Fabrizio De Andrè, che in Campania, a Napoli, a Caserta, dappertutto, se non si morirà di coronavirus, si rischierà seriamente di morire di fame.
Beh, con questa semplice espressione artistica, Cannizzaro va ad occupare uno spazio lasciato totalmente vuoto da un’opposizione di centrodestra senza idee, senza personalità, senza coscienza della storia, senza identità.
Ad oggi Massimo Cannizzaro è, dunque, la migliore opzione per sfidare De Luca alle prossime regionali.
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