Assurdo, ma è così: il presidente del Molise tiene ancora a capo della sanità regionale l’uomo della De Girolamo oggi sotto processo. Ma il problema non è giudiziario, è istituzionale

15 Giugno 2022 - 13:59

Per l’ennesima volta siamo costretti a ritornare su un argomento che, pur non riguardando il nostro territorio, ma uno confinante, finisce per diventare una sorta di master, di emblema, di format di una malapolitica che non serve i cittadini ma piega le istituzioni alle sensibilità personali, costi quel che costi.

 

 

 

CAMPOBASSO Mancano pochissime battute alla conclusione del processo di appello a carico dell’ex ministro Nunzia De Girolamo, del suo diretto collaboratore, avvocato Giacomo Papa. E ancora, dell’ex direttore generale dell’Asl di Benevento, Michele Rossi, dell’ex direttore amministrativo Felice Pisapia, di Arnaldo Falato, ex responsabile budgeting e di Luigi Barone da Ceppaloni, anch’egli collaboratore diretto di Nunzia De Girolamo. Da un po’ di tempo stiamo seguendo questo processo. Lo facciamo non perché rappresenti, al di là del fatto che si tratta di miei conterranei, di un target abituale di Casertace, visto che se ci chiamiamo così, vuol dire che ci occupiamo soprattutto delle cose riguardanti la provincia di Terra di Lavoro, ma perché si tratta di una storia divenuta, per noi, emblematica, simbolica, un paradigma di quanto sia ormai divenuto impercettibile, labile, al limite dell’impalpabile, il rispetto per le istituzioni da parte di chi le medesime rappresenta direttamente.

L’avvocato Giacomo Papa è stato, infatti, nominato, già da tempo, dal presidente della Regione Molise Donato

Toma, sub commissario per la gestione del debito della sanità regionale, in un percorso, in pratica speculare, seppur diversamente proporzionato, vista la molto differente estensione territoriale delle due regioni, a quello della Campania da cui faticosissimamente e pagando ancora oggi un dazio pesantissimo al modo, a nostro avviso scellerato, così come abbiamo più volte scritto, con cui il governatore De Luca sta gestendo il nostro dopo default.

Mo’, è mai possibile che un professionista, sulla cui persona non abbiamo nulla da dire e né possiamo eccepire, fino a prova contraria, sul suo grado di preparazione professionale, sia di fatto il capo della sanità di un’altra regione trovandosi sotto processo per una vicenda gravissima riguardante presunti comportamenti illegali, tenuti dentro ai fatti fondamentali riguardanti la gestione sanitaria della provincia di Benevento? La sensazione che abbiamo maturato è la seguente: siccome il governatore del Molise Donato Toma ritiene, anche in considerazione del fatto che in primo grado l’avvocato Giacomo Papa è stato assolto, che questi lo sarà anche in secondo grado, ad epilogo della sentenza che potrebbe essere pronunciata, a meno di ulteriori code, al momento però non prevedibili, il prossimo 28 giugno, allora lo tiene in carica per poi eventualmente agire nel caso in cui i magistrati del secondo grado di giudizio dovessero ribaltare la sentenza a suo tempo pronunciata dal tribunale di Benevento e, dunque, condannare l’avvocato Papa.

Ed è proprio a questo atteggiamento, che ci ispira nel momento in cui parliamo di impalpabilità, di vera e propria impercezione, impercettibilità dei valori che dovrebbero obbligare qualsiasi uomo e qualsiasi donna delle istituzioni a tutelare l’onorabilità, ma anche la credibilità delle stesse, al di là del perimetro dei fatti giudiziari che possono rappresentare uno spunto, uno strumento di analisi, ma che non esauriscono l’ampio spettro delle situazioni, dei fatti, delle questioni fondamentali, di quelle contingenti che rappresentano il corredo attraverso il quale l’onorabilità e la credibilità di un’istituzione viene difesa.

Questo aspettare la sentenza del 28 giugno denota proprio la relazione speculativa, banale e, ci si conceda, anche un po’ meschina, che lega i politici, in questo caso il governatore Donato Toma, al marchio di un’istituzione che ha vissuto prima di lui e che continuerà a vivere dopo di lui, provando ad assecondare la propria mission costituzionale, quella di rappresentare e difendere gli interessi, le ragioni, il bene comune di tutti i molisani.

E a proposito di molisani, cioè di cittadini amministrati dal presidente Toma, che c’azzecca, avrebbe commentato Tonino Di Pietro da Larino-Montenero di Bisaccia, la sentenza del prossimo 28 giugno con la nomina e il mantenimento in carica dell’avvocato Papa? I suoi comportamenti hanno registrato – lo scriviamo partendo dal presupposto che sia non colpevole o addirittura innocente – azioni, parole che hanno indotto i magistrati, a cui la Costituzione italiana attribuisce l’obbligo di esercitare l’azione penale, prima ad indagarlo, poi a chiederne e ad ottenerne il rinvio a giudizio e, dopo la sua assoluzione, a presentare ricorso in corte di Appello, dove, qualche settimana fa, uno dei sostituti della Procura generale ha invocato per lui la sua condanna a 5 anni di reclusione, ribadendo in pratica la richiesta che la procura della Repubblica di Benevento aveva formulato in primo grado e rispetto alla quale i magistrati dell’accusa continuano, quindi, a ritenere pienamente valide le gravi ragioni che li inducono a chiedere una pena reclusiva così afflittiva nei confronti dell’avvocato Papa. Partendo sempre dal presupposto che questi sia un non colpevole, che questi sia addirittura un innocente, la sua vicenda, caro governatore Toma, invade anche quella parte dello spettro comportamentale e valutativo in cui sono presenti tutte le cose e tutte le istruzioni per l’uso finalizzate allo scopo di difendere onorabilità e credibilità delle istituzioni.

Questa, governatore Toma,  si chiama opportunità e se con essa non si fanno i processi e non si confezionano le condanne penali, è indubitabile che il rispetto delle sue coordinate rappresenti uno degli aspetti fondamentali per la valutazione politica di un  rappresentante delle istituzioni che si pone al loro servizio, e non le pone, al contrario, al suo servizio, così come ha fatto lei, presidente Toma, con la supernomina all’avvocato Giacomo Papa.

Per cui, se il 28 giugno questi, come del resto gli auguriamo, dovesse essere assolto, lui, il Papa, lo sarà, mentre assolto non sarà lei, presidente Toma, che ha esposto e continua ad esporre la Regione Molise ad una situazione veramente molto imbarazzante, dato che all’avvocato Papa, suo amico, lei non ha offerto un incarico nel settore del contenzioso, piuttosto che in quello del personale, dei lavori pubblici, dell’urbanistica o delle attività produttive, ma lo ha messo a capo, sostanzialmente a capo, della sanità molisana. Se l’avvocato Papa, come noi gli auguriamo, sarà assolto il prossimo 28 giugno, la sua condizione, imbarazzante per la credibilità della Regione Molise, rispetto all’incarico che ricopre, non si modificherà di un solo centimetro, al di là del fatto che la Procura generale vada poi, eventualmente, a presentare, come appare altamente probabile, un ricorso alla corte di Cassazione. In poche parole, Papa potrebbe essere utilizzato per tutto, all’interno della struttura regionale, eccetto che per la sanità. Un sospetto, un atteggiamento sconveniente, parole inopportune, pronunciate nel corso di una intercettazione telefonica o ambientale non sono, infatti, sufficienti, come è giusto che sia, per segnare con una condanna, o peggio ancora, con una misura cautelare limitativa della libertà personale, la vita di una persona e dei suoi affetti, ma sono, invece, sufficienti, molto più che sufficienti, per dire “caro mio, tu nella sanità ti muovi come un elefante in una cristalleria, per cui occupati di opere pie, di rifiuti, di triccabballacche, ma lascia stare i camici bianchi, gli ospedali, gli ambulatori e le Asl”.