CAMORRA E BIGNE’. Erano molte di più le pasticcerie che la Dda voleva sequestrare. Ecco perchè il gip ha detto sì per alcune, e no per le altre

10 Maggio 2019 - 12:48

CASAPESENNA(g.g.) Siamo arrivati, dopo diverse decine di articoli, scritti e tutti a disposizione nel nostro archivio o, in maniera più semplice, scalando temporalmente la pagina di Casapesenna, a cui si accede alla sezione “altri comuni”, del lungo focus sull’ordinanza, a nostro avviso molto importante, che ha portato all’emissione di un provvedimento di misura cautelare in carcere a carico dell’imprenditore di Casapesenna Giuseppe Santoro e del suo socio Pasquale Fontana entrambi considerati componenti diretti del clan dei casalesi.

Intranei, definiti così per sottolineare la differenza con il “concorso esterno”, disciplinato da altri commi dello stesso articolo 416 bis. E’ uno stralcio finale di riepilogo in cui il gip del tribunale di Napoli Linda D’Ancona, tira le somme e spiega con precisione perchè dice sì al sequestro, finalizzato alla confisca di certe pasticcerie e perchè dice no ad altri sequestri, pur richiesti dalla dda, e relativi a negozi che rimangono aperti.

Il concetto generale e tutto sommato elementare di fumus commissi delicti, cioè probabilità di commissione di un reato, è il fulcro dell’intero ragionamento, il discrimine delle decisioni del giudice. Da un lato, ci sono pasticcerie nelle quali Santoro esiste in maniera marginale perchè ci ha messo dei soldi. Pasticcerie però di cui non si può dire che esistano elementi per quel grado di probabilità della commissione del reato che è alla base della decisione di sequestrare un’attività economica, in quanto gestita da prestanome, in quanto distratta dalla titolarità dei proprietari di fatto, solo allo scopo di tenerla fuori da possibili indagini giudiziarie o da possibili provvedimenti di sequestro e di chiusura.

Dev’essere stato molto lungo l’elenco che i pm hanno presentato al gip. La D’Ancona, però, ha focalizzato la sua attenzione sul dato concreto della locazione di questi negozi e di questi punti vendita, collegata giuridicamente alle due società, Butterfly srl e La Butterfly srls. Sono queste due società, osserva il gip, che sono riconducibili effettivamente a Giuseppe Santoro, perchè questo fatto è stato ben dimostrato nel compendio indiziario frutto delle indagini compiute dall’organo inquirente.

E allora, il discorso diventa semplice: sequestrate e chiuse due pasticcerie di Acerra, di cui una inattiva, una di Frattamaggiore, una di San Marco Evangelista, una di Sessa Aurunca-Baia Domizia, una di Cellole, una di Capodrise.

Tutte le altre restano in vita e attive in quanto il gip rigetta l’istanza in quanto “non basta la mera postulazione dell’esistenza del reato” da parte del pubblico ministero.

Subito dopo questo primo elenco frutto di un dettagliato ragionamento di cui abbiamo riassunto i punti principali e la cui versione integrale potrete leggere nello stralcio di ordinanza che pubblichiamo in calce a questo articolo, arriva una utile tabella riassuntiva finale di ciò che è stato sequestrato. Le pasticcerie, ma anche i beni mobili ed immobili ascrivibili a Santoro e intestati, per la maggior parte a suoi diretti familiari (LEGGI QUI).

In conclusione, c’è la formula di accoglimento dell’istanza di applicazione della misura cautelare in carcere e la nomina dell’amministratore giudiziario che dovrà gestire le attività sequestrate, nella persona di Danilo Andreozzi.

 

QUI SOTTO IL TESTO DELLO STRALCIO DELL’ORDINANZA