CAMORRA & MILIONI. Sagliocchi (per ora) salva il suo tesoro. Decisive le omissioni di Luigi Gallo e il ragionamento su chi ha pagato i lavori degli Zagaria

6 Gennaio 2019 - 19:18

VILLA LITERNO (g.g.) – L’analisi approfondita delle ragioni esposte dal giudice della sezione misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere a sostegno della propria decisione di dissequestrare i beni dell’imprenditore di Villa Literno Michele patrizio Sagliocchi, in parte intestati anche alla moglie a i figli, ci fa intendere che l’ago della bilancia, l’elemento discriminante che ha convinto lo stesso giudice a muoversi sia nella direzione del dissequestro, sia verso quella, tutto sommato intimamente collegata alla prima, del rigetto della richiesta di applicazione della sorveglianza speciale per 5 anni nei confronti di quello che comunque e “uomo di danari”, è stato costituito dalla sentenza di secondo grado del processo cosiddetto “dei carburanti”, per effetto della quale Nicola e Giovanni Cosentino, ma anche Michele Sagliocchi sono stati assolti per “non aver commesso il fatto”.

Inoltre, fa notare il giudice Massimo Urbano, e questo, secondo noi, è un particolare ugualmente importante, gli atti delle testimonianze dell’accusatore principale, cioè l’imprenditore di Villa di Briano Luigi Gallo, e quella dell’ex sindaco dello stesso comune Raffaele Zippo, sono state inviate alla Procura della Repubblica affinché la medesima verifichi che nelle dichiarazioni suddette si possa individuare la commissione di reati che, aggiungiamo noi, potrebbero essere quelli di calunnia e/o di falsa testimonianza.

Alla fine l’excursus della vicenda carburanti è nota. Per cui, anche per esigenze, purtroppo irrinunciabili di sintesi,  abbiamo estrapolato solo le ultime righe, contenenti il commento del giudice Massimo Urbano sulla relazione tra Luigi Gallo e Michele Sagliocchi.

Ammesso e non concesso, questo il succo del ragionamento portato avanti dal presidente della sezione misure di prevenzione, che il Sagliocchi abbia imposto a Gallo i lavori di sbancamento per la realizzazione del famoso distributore di carburanti, fossero effettuati da imprese riconducibili alla famiglia di Michele Zagaria, non integra lo stesso quegli elementi fondamentali, senza i quali non si può formalizzare, esplicitare, certificare un legame di intraneità, di appartenenza di una persona ad un clan malavitoso, nel caso specifico al Clan dei Casalesi.

Ammesso e non concesso, perché come potrete leggere le riserve sulla inoppugnabilità della circostanza della costrizione, sono molteplici e sono le stesse contenute nella sentenza del giudice della corte di appello di Napoli, davanti ai quali, ricordiamo, Luigi Gallo ha dovuto ammettere di aver volutamente omesso nella fase delle indagini, di segnalare il fatto che lui e Sagliocchi avevano avuto un rapporto societario.

Ammesso e non concesso, dunque, è ugualmente impossibile, secondo il giudice, individuare quel vantaggio economico che è alla base di quel rapporto di intraneità e dunque di partecipazione agli obiettivi del clan che sono, per l’appunto, di carattere economico e che sono perseguiti attraverso strumenti criminali. E ciò perché, ancora ammesso e non concesso Sagliocchi abbia imposto gli Zagaria per quei lavori, è stato lui stesso e non Gallo a pagare.

Insomma, abbiamo segnalato qualche veloce elemento tra i molti che il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha fondamento per motivare la sua decisione.

Di Sagliocchi, sempre in questa ordinanza, si parla anche per la vicenda della proprietà dell’immobile che aveva ospitato a Napoli il cinema Posillipo.

In questo caso, le accuse dell’ex proprietario non hanno trovato riscontro in un processo celebrato presso il tribunale di Napoli che si era concluso con l’assoluzione dell’imprenditore.