MONDRAGONE. Campi di lavoro come lager. Arrestato R.A.F.

6 Novembre 2018 - 13:14

MONDRAGONE (red.cro.) – In data 05.11.2018, il Gip del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, ha disposto la misura cautelare personale degli arresti domiciliari nei confronti di R.A.F., 35 anni, nazionalità rumena
e dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di G.A. 34 anni, nazionalità
ucraina; LO. 53 anni, nazionalità ucraina in quanto gravemente indiziati del delitto di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto e punito dall’art. 603 bis del c.p. (c.d.
“caporalato”).
I provvedimenti fanno seguito al fermo di indiziato di delitto già disposto da questa Procura
della Repubblica, nei confronti di tutti e tre gli indagati ed eseguito in data 2 novembre dai finanzieri
della Compagnia di Mondragone.
Le misure restrittive della libertà personale rappresentano un ulteriore esito della prolungata
indagine – diretta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere – che lo scorso 9
ottobre ha già portato ad analogo provvedimento di fermo, per i medesimi reati, nei confronti di un
cittadino tunisino M.M e della sua compagna di nazionalità ucraina S.N.
In particolare la misura degli arresti domiciliari nei confronti R.F.A., è stata ora disposta
all’esito delle indagini che hanno consentito di individuarne il ruolo di “caporale” operante sul
territorio di Mondragone, quale intermediario e reclutatore di manodopera destinata al lavoro presso
terzi, per una media di oltre 20 lavoratori per giornata lavorativa, mentre l’obbligo di presentazione
alla P.G. è stato disposto nei confronti degli altri due indagati in quanto accusati di aver coadiuvato il
primo espletando, per suo conto, attività di reclutamento, trasporto dei lavoratori e vigilanza sui
campi.
Le attività d’indagine hanno dimostrato infatti come gli indagati reclutavano forza lavoro in
maniera organizzata e continuativa, per la maggior parte braccianti agricoli di sesso femminile che
mettevano a disposizione di aziende agricole con le quali avevano istaurato un vero e proprio rapporto
di durevole e fidelizzata collaborazione.
Dagli esiti delle attività di intercettazioni e dalle fonti dichiarative emergeva, in particolare, la
sussistenza di numerosi indici rilevatori sia dello sfruttamento che dello stato di bisogno delle vittime,
in particolare:
– l’impiego dei lavoratori senza la stipula di alcun contratto di lavoro;
– retribuzioni ben al di sotto degli standard dei contratti collettivi di riferimento;
– l’impiego dei lavoratori secondo turni massacranti, che si protraevano dalle prime luci dell’alba
fino al tardo pomeriggio

il mancato riconoscimento ai lavoratori reclutati di qualsivoglia maggiorazione per il lavoro

straordinario, notturno o festivo;
– l’impiego dei lavoratori in prestazioni eseguite all’interno di serre, in condizioni quindi disagiate,
per orari superiori ai limiti previsti, lavori, secondo norma, qualificati disagiati, nocivi e
pericolosi;
– lo scomputo dalla retribuzione, già inferiore al dovuto, di spese forfettarie per il trasporto e per il
compenso spettante al caporale per il reclutamento e l’intermediazione con il proprietario terriero;
– l’attuazione di metodi di sorveglianza e di condizioni di lavoro degradanti, attraverso il controllo
costante, anche della quantità di prodotti raccolti dalle singole squadre e la pretesa di una quantità
minima di raccolto.
– il divieto per i lavoratori di ogni possibilità di comunicazione tra loro, senza le necessario pause di
riposo e la possibilità di utilizzo di idonei servizi igienici;
– I’impiego dei lavoratori in violazione ad ogni norma in materia di sicurezza, non garantendo loro
alcun dispositivo di protezione individuale.
– Lo svolgimento dell’attivitò anche in condizioni meteorologiche estreme, come nel caso del 29
ottobre 2018, giornata caratterizzata da fenomeni temporaleschi di forte intensità e da venti molto
forti.
Tali indici di sfruttamento sono stati accertati grazie all’utilizzo della totalità dei mezzi di ricerca
della prova, tra cui le numerose audizioni dei lavoratori reclutati, svolte con le massime cautele e con
assoluta riservatezza, anche per evitare condizionamenti e ritorsioni.
In tale contesto, sebbene intimiditi e impauriti, alcuni di loro hanno fornito preziose
indicazioni circa alcuni dettagli dell’accordo illecito con il caporale, confermando quanto già emerso a
seguito delle attività d’intercettazione operate.
Dai riscontri effettuati nel corso delle investigazioni è emersa dunque un’attività illecita
organizzata dai caporali nei minimi dettagli, “completamente in nero”, con un modello delinquenziale
ormai stabilizzato che, potendo contare su una continua e sistematica domanda da parte di alcune
fidelizzate aziende agricole committenti, reclutavano in punti prestabiliti di raccolta, lavoratori
stranieri, per lo più ucraini e moldavi, in numero mediamente superiori alle venti persone, trasportate
sui luoghi di lavoro stipati in furgoni del tutto inadeguati con grave rischio anche per l’incolumità
personale.
In particolare nel corso delle indagini è emerso che il caporale, pur risultando formalmente
assunto a tempo indeterminato come operaio presso un’azienda di commercio all’ingrosso di frutta e
ortaggi freschi, svolgeva l’illecita attività avvalendosi dell’apporto prestato dagli altri due soggetti,
che, oltre a reclutare manovalanza, svolgevano compiti di autisti e capi squadra, provvedendo al
materiale trasporto degli operai presso i fondi, nonché al controllo sui lavoratori.
In concorso con i caporali, sono stati indagati anche due committenti, B.A. di Mondragone
(CE) di anni 60 e C.S. di anni 57 di Formia (LT), titolari di aziende agricole che hanno a loro volta
beneficiato di tale sistema illecito per abbattere drasticamente i costi della raccolta.
Sono ancora in corso le indagini nei confronti di altri committenti ed utilizzatori della
manodopera.
Il committente, inoltre, ha alimentato il sistema illegale con il pagamento in contanti e senza
tracciabilità delle prestazioni lavorative in nero così ottenute e dei compensi da riconoscere al caporale
per i servizi resi.
In sintesi gli elementi investigativi raccolti nel tempo e a base dei disposti fermi fanno
emergere anche in questo caso, in tutta la sua gravita e pervasività, un’economia deviante che
brutalizza l’importanza del lavoro al solo fine del contenimento dei costì, secondo una dinamica
perversa per cui lo sfruttamento è direttamente correlato alla massimizzazione dei profitti. Una pratica
illecita talmente radicata e diffusa da apparire ormai consuetudinaria.
L’impegno della Procura di Santa Maria Capua Vetere nell’azione di contrasto continuerà
dunque con la massima intensità possibile. Anche a tal fine si darà massima attuazione al protocollo
d’intesa siglato nel mese di giugno 2017 da questa Procura della Repubblica con le Forze di Polizia,
gli Organi ispettivi, le strutture sanitarie e le associazioni del territorio, finalizzato proprio al
rafforzamento del percorso di tutela degli stranieri vittime di reato, di intermediazione illecita e di
sfruttamento lavorativo e sessuale.