CASERTA. Ai confini della realtà: un miliardo di vecchie lire per un piano di comunicazione, dato ad una società sconosciuta e invisibile

19 Aprile 2019 - 15:25

CASERTA – Non vogliamo sfibrarci in una lunga trattazione, anche se l’argomento lo meriterebbe. Niente di nuovo, per carità. Solo un’elaborazione, un’estensione, un’amplificazione del malaffare che abita, ufficialmente, senza se e senza ma, dentro alle mura delle varie sedi del comune di Caserta.

Cercheremo di essere rapidi e schematici: tenete presente i 18 milioni di euro che il comune di Caserta utilizzerà per la riqualificazione delle frazioni cittadine grazie ad un finanziamento governativo che premia anche tanti altri comuni italiani che hanno fatto richiesta in tempi e modi corretti? Lo dovreste ricordare perchè nell’estate scorsa è stato uno degli argomenti principali di CasertaCe. Ne abbiamo scritto ovviamente non per evidenziare i vantaggi, i pregi di questi progetti che si conoscono peraltro sommariamente.

Ma per cominciare a stilare l’elenco dei professionisti gratificati. Tra questi, citammo i nomi del figliolo di un fedelissimo, andato in pensione, di Franco Biondi. Ma su questo aspetto ritorneremo visto che oggi vogliamo affrontarne un altro. Dunque, neanche si trattasse della ristrutturazione, del restauro conservativo della cattedrale di Notre-Dame, questi interventi alle frazioni cittadine, qualche parcheggio, qualche strada, aggiusti dovranno essere, secondo il comune di Caserta, correttamente comunicati attraverso un piano, affidato, dice sempre il comune di Caserta, ad un’impresa specializzata.

E sapete quanto costa questo piano? Circa 550 mila euro, cioè quasi il 3% dell’intero finanziamento che, badate bene, è stato attribuito dal governo per migliorare i livelli di vita dei residenti delle frazioni, il più delle volte, anzi quasi sempre a Caserta, tagliati fuori, già a partire dai collegamenti stradali fondamentali, dal centro urbano e costretti ogni mattina a subire mille disagi.

550 mila euro per una cosa totalmente inutile. L’articolo lo dovremmo già fermare qui, perchè questa è semplicemente una porcata. E non è vero che nel comune di Caserta, come scrive la determina, non ci siano professionalità, visto che ci lavorano 3 dipendenti, uno dei quali addirittura in pianta organica con la funzione di addetto stampa, cioè Alessandro Carcaterra, altri due con esperienze già vissute in altre amministrazioni comunali sempre nel settore della comunicazione e dell’ufficio stampa, cioè Sergio Ievoli, al tempo di Petteruti e Angelo Vitale ai tempi di Pio Del Gaudio, che potrebbero tranquillamente costruire questo piano di comunicazione, magari con un incentivo di produttività che certo non sarebbe neppure lontanamente paragonabile al miliardo di vecchie lire,roba da manicomio, che Carlo Marino e compagni vogliono spendere per la comunicazione.

Va bè, avranno chiamato un’azienda di livello internazionale, al cospetto della quale, la frase appena citata sull’assenza all’interno della struttura comunale di soggetti in grado di dar contenuto a un piano di comunicazione, provoca un minimo di senso.

Si chiama Reana srl. Non la conosce nessuno, il comune gli ha già dato 45mila euro, precisamente 44 mila 621 euro con una determina, precisamente la numero 1288 del 7 settembre 2018, firmata, parimenti a quella dei 550 mila euro, dal dirigente Giovanni Natale, cugino del sindaco Carlo Marino, a titolo di corrispettivo “Per la redazione del Progetto di comunicazione Integrato, nonchè l’attività di direttore per l’esecuzione dei contratti“.

Dunque, Reana srl. Al confronto, Carneade era un mito del rock ‘n roll. Sede a Napoli, in via Duomo 380, amministratore unico, nonchè socio, titolare del 90% delle quote, la tal signora o signorina Giulia Napoli, nata a Napoli nel novembre dell’88 e residente a Roma in una strada di cui conosciamo l’identità, ma che non pubblichiamo per ovvi motivi di privacy.

Al fianco della signora o signorina Giulia Napoli, c’è il signor o “signorino” Marco Salvetti, nato a Napoli, nell’agosto del 1992 e residente a Napoli, in una zona e in una strada che pure conosciamo e che, per gli stessi motivi appena evidenziati per Giulia Napoli, non rendiamo pubblici.

Di questa società, sfidiamo tutti, anzi ci mettiamo sopra una taglia di 50 mila dollari, vivi o morti, di trovare traccia all’interno in un sito internet o anche in un social media dove non esistono neppure i profili delle persone che di questa società fanno parte.

Tra le altre cose, leggendo un attimo l’oggetto sociale, il cui testo integrale vi pubblichiamo in calce, oltre alla ovvia consulenza ad enti pubblici e privati che poi è come dire la super cazzola perchè può significare tutto o assolutamente niente, c’è una interessante attività  potenziale o reale. Qualora l’immensa filiera di attività che badate bene sarebbero esplicate grazie ad un solo dipendente che (scommettiamo?) è il Salvetti, non dovesse portare i frutti sperati, allora ci diamo all’ippica. Ma realmente, non per modo di dire. Si legge testualmente nell’oggetto societario secondario:La società potrà curare l’allevamento di animali e le attività ad esso connesse, avvalendosi di struttura anche non proprie.

Badate bene, questa sarebbe l’azienda di riconosciuta esperienza e competenza che mancando professionalità all’interno del comune dovrà sovrintendere alla distribuzione dei 550 mila euro che servono ovviamente per “apparare” giornali, amici ed amichetti.

Nel corso di questo lungo weekend pasquale vi racconteremo la seconda parte della storia che è scritta nella doverosa e lodevole mozione, che il consigliere comunale di maggioranza, Mario Russo, ha presentato per chiedere l’immediata revoca della milionesima porcheria consumata in una città che rappresenta una sorta di crasi perfetta tra Sodoma, Gomorra e Babilonia.

A più tardi.

PS. Giulia Napoli e Marco Salvetti non sono neppure iscritti all’Ordine dei Giornalisti. Amen!

 

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