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Che charme la figlia di Giacomo Capoluongo: la sorella di Antonio Iovine è una pu…., il marito è un cor…. e “mazzate da cecati” ad un noto imprenditore di TRENTOLA

26 Febbraio 2020 - 13:06

SAN CIPRIANO D’AVERSA(g.g.) Non c’è niente da dire, ma proprio niente. Elisa Capoluongo, figlia di Giacomo Capoluongo deve ringraziare i magistrati della dda e gli inquirenti che hanno indagato in modo tale da mettere a fuoco le responsabilità di suo padre e di suo zio. Perchè se l’attività di Giacomo e Maurizio Capoluongo fosse continuata, se i due fossero stati a piede libero, addirittura da insospettabili, questa ragazza, allevata in un brodo di coltura camorristico, avrebbe rischiato di far la fine di alcune altre figlie di boss e semi boss che in galera ci sono finite.

La nostra non è un’affermazione suggestiva e non enfatizza una situazione come questa emerge dai contenuti di ordinanze che il più delle volte incubano intercettazioni ambientali e telefoniche. Non esageriamo e se non ci credete, leggete lo stralcio integrale che pubblichiamo in calce a questo articolo. Il lessico, l’aggressività, la spavalderia ma anche una remota partecipazione, quand’anche molto defilata, non fondamentale alle trame interne al clan, significano che il corredo educativo di Elisa Capoluongo l’aveva proiettata in un meccanismo in cui lei si trovava a suo agio.

Un’adesione totale, ideologica. Per cui, le parole (“Questo cornuto e quella puttana (…) se li potessi uccidere, li ucciderei”)

che usa, incrociando in una strada di Aversa Rachele Iovine, sorella del super pentito Antonio Iovine ‘o ninno e il marito Nicola Fontana, certificano plasticamente l’adesione di Elisa Capoluongo alla mentalità di una camorra irriducibile, che prova disprezzo per i pentiti e per i loro familiari.

Secondo episodio: la ragazza, mentre si trova ad una festa, compulsata dallo zio Giuseppe Guarino, fratello di Luisa Guarino, la famosa farmacista della discordia tra Michele Zagaria e Giacomo Capoluongo sulla farmacia comunale di Trentola, che di quest’ultimo è la consorte, chiama l’imprenditore Arcangelo D’Alessio, evidentemente un suo amico, chiedendogli di raggiungere immediatamente la sua abitazione a San Cipriano dove l’attende il padre Giacomo Capoluongo.

Notate quella che non è una semplice sfumatura: Arcangelo D’Alessio, detto Angelo, originario di Trentola Ducenta, cognato di Michele Balivo, nipote dell’imprenditore Gaetano Balivo, ed è cugino della moglie di Salvatore Orabona, viene preso un pò alla sprovvista da questa richiesta di Elisa Capoluongo e le chiede il motivo per cui deve raggiungere quella casa.

E vai…non fare cento domande, dico che stai andando…ok?“. E anche questa risposta, dunque, ci definisce il tratto identitario di una ragazza, la quale è abituata a stare dentro a vicende in cui l’elemento della riservatezza, delle direttive che vanno eseguite senza far troppe domande, rappresentano la base costitutiva ed irrinunciabile dell’organizzazione malavitosa.

Arcangelo D’Alessio aveva tutte le ragioni del mondo nel momento in cui ha mostrato qualche perplessità di fronte all’invito formulatogli da Elisa Capoluongo. A casa del padre di questa, trova, infatti, un tale Nicola, e anche quello che potremmo definire un altro “pessimo arnese”: Raffaele Santoro, fratello di Salvatore Santoro, detto “Salvaturiello”, uno dei killer del gruppo di fuoco di Giuseppe Setola, il che è tutto dire.

La discussione, legata evidentemente legata a fatti imprenditoriali e di danari, precipita pressochè immediatamente in un vero e proprio pestaggio. Arcangelo “Angelo” D’Alessio viene picchiato selvaggiamente da Raffaele Santoro, dallo stesso Capoluongo e dal citato Nicola. La violenza è tale da determinare l’intervento di Giuseppe Guarino, il quale prova letteralmente a togliere d’Alessio dalle mani dei suoi due aggressori.

E qui ritorna in scena Elisa Capoluongo. Il suo fidanzato di allora Francesco Palmieri le telefona e le chiede notizie di Arcangelo D’Alessio. Dall’intercettazione non si capisce bene se la signorina Capoluongo sia a conoscenza del pestaggio. Al fidanzato dice che l’imprenditore di Trentola è andato poi a Formia o nella vicina Itri. Palmieri le formula una domanda finalizzata a capire se D’Alessio sia stato o meno dei ceffoni (dei “sicari” che, in dialetto, sta per schiaffi) ed Elisa Capoluongo risponde che ne parleranno da vicino, facendo comprendere, a noi che leggiamo, queste intercettazioni, che fosse consapevole del fatto che Arcangelo D’Alessio avesse subito un pestaggio da suo padre e da Raffaele Santoro, probabilmente avvertita dallo zio Giuseppe Guarino, il quale era stato, come abbiamo scritto prima, l’autore della prima telefonata con la quale aveva invitato la ragazza a chiamare Arcangelo D’Alessio affinchè si recasse a casa Capoluongo.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA