Con mezzo milione di euro per una NOTA ATTIVITÀ DI VIALE CARLO III i Belforte e i Quaqquaroni tornano amici. Minacce “bipartisan” con i CASALESI alla famiglia dell’imprenditore Angelo Piccolo

4 Giugno 2023 - 18:12

Completiamo oggi la trattazione dei capi di imputazione provvisori dell’ultima ordinanza di camorra. Sotto alla lente di ingrandimento gli investimenti nella zona industriale di Marcianise. Accuse anche sui saccheggi a un minimarket e sull’ estorsione a titolari di un noto opificio, che non avrebbe saldato un compenso professionale a una donna di nome…

MARCIANISE/ CASAL DI PRINCIPE (g. g.) – Sono danari veri, dannatamente veri, quelli versati da Giacomo Terracciano, imprenditore oggi 72enne, e all’epoca dei fatti 67enne, ad Angelo Piccolo, imprenditore di Marcianise, a titolo di caparra per l’acquisto di un mega capannone lungo il viale Carlo III.

Mezzo milione di euro, 500mila euro, consegnati nel dicembre del 2016 e che Angelo Piccolo ha materialmente acquisito, nel rispetto dei patti, nel febbraio del 2017 con Terracciano impossibilitato o non più convinto a perfezionare il suo investimento. Che questa cifra fosse ingente agli occhi della camorra pro tempore, cioè quella delle vacche magre, è dimostrato dalla mobilitazione corale di tante “firme eccellenti” di questa camorra a tre o a due cilindri, in deroga alle antiche rivalità e alle rigide e munite delimitazioni territoriali. Clan dei Casalesi e camorra marcianisana, uniti per lucrare su quei 500mila euro, e poi, al proprio interno, camorra marcianisana in comunione di intenti con le due storiche fazioni dei Mazzacane

e dei Quaqquaroni a collaborare tra loro e con i Casalesi, schierando i nomi e i cognomi della storica prima fascia, quella dei Belforte e dei Piccolo. Si inizia con il teverolese Giovanni Improda, compulsato dall’imprenditore afragolese Giacomo Terracciano e dall’amico di questi, il casertano Umberto Loreto. Poi, mano mano, irrompono sulla scena gli altri protagonisti, tutti indagati, al pari di Terracciano, del suo amico Loreto e di Giovanni Improda. Servono minacce credibili e per quello è adatto Mario De Luca, che vanta un passato trascorso alla corte e sempre a un passo dei capi, dei superboss, a partire da Antonio Iovine o’ ninno. Poi servono truppe d’assalto ed ecco pronti Mario Curtiello e Gennaro Celentano che entrano nella proprietà privata di Angelo Piccolo, che danno fuoco alla palestra di Salzillo che insiste nello stesso condominio, che rubanp le chiavi elettroniche dell’auto e del cancello di Angelo Piccolo. Tutto questo per consentire a Mario De Luca prima e poi ai rampolli dei Mazzacane e dei Quaqquaroni Camillo Belforte e Achille Piccolo di avvicinare e conoscenti di Angelo Piccolo, a partire dal padre a cui viene detto senza mezzi termini che se il figlio non restituirà i 500 mila euro a Giacomo Terracciano, loro sarebbero potuti entrare in ogni momento nella sua casa e che comunque il capannone se lo sarebbero pressi lo stesso. Indagati in quanto si sarebbero spesi in nome e per conto di Terracciano, anche Daniele Coronella di Casal di Principe, c’è Nunzio Chiariello il mediatore tra Giacomo Terracciano e il clan dei Casalesi. Indagato anche il 30enne Sergio Iannicelli. La nostra trattazione dei capi di imputazione provvisori si conclude con episodio che configura, com’è già capitato in altri passi iniziali di quest’ordinanza, una forma non usuale dell’azione estorsiva. Il “solito” Giovanni Improda si presenta, insieme ad altre persone al cospetto di Paolo Della Volpe e di Salvatore Nocchiero, titolari di un opificio insediato a Teverola, confine con Carinaro, rivendicando minacciosamente e passando anche a vie di fatto con una mazza da baseball, con la quale colpisce alcuni beni materiali all’interno dell’opificio, il pagamento di una prestazione professionale, relativa ai servizi forniti all’azienda, da Felicia Dello Margio. L’analisi delle imputazioni provvisorie si conclude con la pubblicazione di altri quattro capi, da J a M, riguardanti sempre la stessa vittima, il commerciante Salvatore Abate, titolare del minimarket di Teverola “L’angolo della spesa” e che, dal vari Giovanni Improda, Antonio Barbato, al tempo appena uscito dal carcere, e Carmine Lucca. Il gruppetto faceva letteralmente il bello e il cattivo tempo. Non facevano la spesa, ma delle vere e proprie razzie, naturalmente senza che il commerciante, ben consapevole di aver a che fare con soggetti criminali, potesse opporre alcunché, come potete leggere dal testo integrale anche di questi quattro capi che pubblichiamo sotto a questo articolo.