“È diritto di critica”. Assolto Peppe Pagano del ristorante NCO, accusato di diffamazione dall’assessore

3 Febbraio 2024 - 10:54

CASAL DI PRINCIPE (e.d.) – I fatti risalgono al settembre 2022, quando l’allora Assessore del Comune di Cancello ed Arnone con delega alla sanità e all’agricoltura Gabriele Di Vuolo, denunciava Pagano per un post pubblicato sulla pagina Facebook dell’Associazione Tutela Allevamento Bufala Mediterranea, nel quale Di Vuolo riteneva di essere stato oggetto di attacchi denigratori e calunniatori.

Nel post, infatti, l’assessore era stato accusato di aver commesso dei reati in ambito sanitario, ossia di aver vaccinato in maniera fraudolenta delle bufale adulte presenti nell’allevamento a lui riconducibile, già recidivo in passato, secondo il Pagano, di tale tipo di condotta.

Di Vuolo, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufalina ANASB, un’associazione attiva sul territorio che si occupa del miglioramento genetico della bufala mediterranea a livello internazionale, proponeva opposizione ad una prima richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, non condividendo la valutazione operata dallo stesso.

Ma all’esito degli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria, risultava effettivamente pendente a carico di Pietro Di Vuolo e Nunziante Di Vuolo, titolari dell’allevamento riconducibile dell’ormai ex assessore, figlio di Pietro, un procedimento penale instaurato nel 2014 a seguito di alcune analisi effettuate presso l’allevamento in questione, dalle quali era emersa la positività al vaccino RB51 di 16 capi bufalini adulti.

Con la seconda richiesta di archiviazione da parte del PM, il GIP Donata Di Sarno, a Gennaio 2024 accoglieva la linea difensiva dell’avvocato Cipriano Di Tella per il quale “le dichiarazioni riportate da Pagano nel post rientrano nell’esercizio del diritto di cronaca e di critica” e archiviava definitivamente il procedimento a carico dello stesso per il reato di cui all’articolo 595 del Codice Penale.

Infatti, dal procedimento emergeva che il post pubblicato dalla pagina dell’Associazione di Tutela della Bufala Mediterranea non causava una apprezzabile lesione della reputazione di Di Vuolo.

In pratica, i fatti del post non raccontavano il falso, ritenendo l’insussistenza di elementi indiziari sufficienti a sostenere l’accusa.