ECOBALLE. Non bastano le calcolatrici per stabilire i guadagni della camorra. Ora Magliocca pensa di denunciare per usura uno dei proprietari

17 Dicembre 2020 - 13:09

Pensate un po’ che nel caso specifico, il parcheggio novennale in 13 ettari di terreno agricolo ha reso più di 1 milione di euro, di cui 300mila intascati come anticipo

 

 

VILLA LITERNO (Gianluigi Guarino) – Quello che sta succedendo, in questi ultimi tempi, intorno alla vicenda ormai iper affrontata, vivisezionata, della custodia delle ecoballe nell’area liternese, ci offre il destro per tornare su un argomento di cui, colpevolmente, non ci occupiamo da troppo tempo.

Com’è noto, al presidente della Provincia Giorgio Magliocca va dato atto di aver finalmente svincolato l’ente da lui presieduto da quell’autentico cappio stretto al collo delle già esangui casse interne dall’avvicendamento con annessa acquisizione di competenze che ha portato da qualche anno la Provincia a sostituire la Fibe Spa (il cui solo nome evoca migliaia di trastole e storie oscure tra faccendieri, servizi segreti più o meno deviati, camorra, politici, eccetera) nei rapporti contrattuali con i proprietari dei terreni che quelle ecoballe hanno ospitato e in parte ospitano ancora e che, grazie a queste sono diventati milionari, facendo come si suol dire i denari “con la pala”, con la camorra del clan dei Casalesi a svolgere un ruolo attivo, visto e considerato che mai modalità più semplice esistette, in questo territorio per introitare guadagni da nababbi senza esplicare il benché minimo sforzo.

Le ecoballe sono, con ogni probabilità, l’emblema, allo stesso tempo plastico e metaforico, dell’arretratezza dei nostri territori, dove i governi costituzionali, legali, legittimi, hanno dovuto lasciare il passo ai governi materiali esercitati dai boss, con i quali, purtroppo, le istituzioni o meglio sarebbe dire parti delle istituzioni sono scese a patti, creando un vorticoso giro di corruttele e illeciti finanziamenti alle campagne elettorali.

Magliocca è riuscito a chiudere, a colpi di transazioni, quasi tutti quanti i rapporti con i proprietari e, dunque, a rimuovere una cancrena, vero fardello per le finanze dell’ente che governa, ma soprattutto gravame morale perché ancora rappresentativo di una sudditanza delle istituzioni locali a soggetti che il più delle volte sono stati dei meri prestanome dietro ai quali si sono nascosti elementi della criminalità organizzata, reali titolari della proprietà dei fondi occupati dalle ecoballe sin dall’inizio di questo secolo, in un’operazione che doveva essere provvisoria.

Si disse “in attesa della costruzione del termovalorizzatore di Acerra”.

E infatti si è visto come è stata rapida, dato che, ancora oggi, quelle aree sono piene di monnezza simbolica ed emblematica del malaffare che ha imperato in Campania e in provincia di Caserta.

Di Fibe abbiamo scritto tanto. Un paio di anni fa, abbiamo ospitato anche una lunga intervista in tre puntate a Giulio Facchi, assolto dopo tantissimi anni di processi che lo avevano coinvolto quale dominus di questa azienda gemmata dal gruppo Fiat e che, secondo le accuse dei Pubblici Ministeri, era scesa a patti criminali con la camorra.

Oggi vogliamo solamente focalizzare uno degli ultimi casi che vede l’amministrazione provinciale di Caserta protagonista di un’attività finalizzata a svincolarsi dal pesantissimo gravame finanziario legato ai canoni da corrispondere ancora ai proprietari dei terreni.

Abbiamo sbirciato un po’ di carte che ci hanno rinfrescato la mente su cifre ed introiti. La Provincia, infatti, sta pensando seriamente di denunciare per usura, nella sua particolarissima versione di “usura in concreto”, uno dei proprietari, il quale continua a chiedere il rispetto degli impegni assunti a suo tempo dalla Fibe e confermati ab origine dall’amministrazione provinciale ai tempi in cui questa non era presieduta da Giorgio Magliocca.

Ed eccole, le cifre della “grande abbuffata”:

87,8 centesimi a metro quadro di terreno agricolo in località “Lo Spesso”. Il fascicolo in questione riguarda il proprietario di un appezzamento di circa 130mila metri quadri, il quale, calcolatrice alla mano, ha incassato, nei primi 9 anni di contratto, € 1.026.403,08, e per il secondo contratto novennale, ha incassato ulteriori € 142.236,00 (mq. 18.000 x 0,878 x 9 anni).

Il che, per 13 ettari di terreno agricolo è stato come vincere alla lotteria, precisando che l’estensione riguardante questo proprietario non è certo la più cospicua, dato che c’è chi, in 9 anni, con 25 ettari è riuscito anche a incassare più di 2 milioni di euro.

Il ragionamento che la provincia fa c e che la induce a ritenere che possano esistere le condizioni per presentare una denuncia per usura in concreto, è basata sulla circostanza della particolare condizione di difficoltà in cui versava Fibe ai tempi in cui firmò questi autentici contratti-capestro, avendo contratto debiti con il Fisco per 35 milioni di euro.

Questa condizione di necessità l’avrebbe costretta ad accettare condizioni sfavorevolissime, tutte a vantaggio dei proprietari, ai quali veniva garantita, addirittura, l’anticipazione di tre annualità.

Il che stava a significare, nel caso di specie, più di 300mila euro pagati sull’unghia al proprietario dei 130mila metri quadri di località “Lo Spesso”, con ulteriori 50mila euro corrisposti agli affittuari dello stesso terreno, che lo utilizzavano per coltivarci qualcosa, visto che quella corrispondeva topograficamente alla Campania Felix così definita dai Romani in quanto zona fertilissima e adattissima alle coltivazioni agricole di pregio.

In poche parole, l’amministrazione provinciale avrebbe ereditato un contratto tossico, viziato da una possibile attività usuraria, visto e considerato che autorevoli pronunciamenti della Corte di Cassazione hanno valorizzato e rafforzato la formulazione del comma 3 dell’articolo 644 del Codice Penale, che configura la tipologia della “usura in concreto”:

“Sono espressamente considerati usurari anche gli interessi, anche se inferiori al tasso soglia, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Per la configurabilità dell’usura in concreto, occorre l’accertamento della sproporzione degli interessi pur se inferiori al tasso soglia usurario ex lege e della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo” (Cassazione penale, sez. II , 25/03/2014 , n. 18778).

Manca un solo tassello per rendere organica l’accusa di usura: dobbiamo riportarci alle tabelle ufficiali frutto del lavoro che istituti specializzati compiono in nome e per conto del Ministero delle Politiche Agricole.

Assumiamo come parametro l’utilizzo di quei 13 ettari per la coltivazione del tabacco, una delle più redditizie secondo queste tabelle.

Il calcolo è ufficiale: l’aver ospitato in quota parte la monnezza di tutta la Regione su quei 130mila metri quadri ha prodotto, diciamo così al lordo, un valore aggiunto del 585,32% , quasi il sestuplo, rispetto al reddito che si sarebbe incassato coltivando tabacco.

Al netto, il proprietario porta a casa una cifra superiore del 485%, quasi un quintuplo, di quella che gli avrebbero corrisposto gli acquirenti del suo tabacco.

Va anche sottolineato che la tabacchicoltura non è più una cosa che tu puoi scegliere di fare, come accadeva negli anni ’60 o ’70 con la certezza che il tuo prodotto l’avresti sicuramente venduto.

Quote e restrizioni, infatti, hanno ridotto di tantissimo la produzione e dunque non è neppure molto prudente e realistico formulare una proiezione finanziaria partendo da un ipotetico corrispettivo legato alla produzione del tabacco.

In poche parole, è molto più realistico affermare che, di fronte a ciò che un proprietario incassava in soldi ma probabilmente anche in natura da quei terreni coltivati, non avrebbe rappresentato neppure la decima parte di quello che ha intascato dando ricovero all’immonda mondezza.

Avendo ripreso ad occuparci della questione ecoballe, cercheremo di ritornare sull’argomento, fotografando lo status quo in maniera più generale, ammesso e non concesso che ci siano calcolatrici in grado di contenere le cifre dei guadagni che hanno ingrassato le casse della camorra e che la camorra ha riciclato in tutta Italia e in tutto il mondo attraverso percorsi finanziari che non verranno mai scoperti e che renderanno dunque la criminalità organizzata vincente sul terreno dell’introito criminale, mitigando in questo modo la sconfitta militare incassata con l’arresto di tutti i principali boss.