GUARDA IL VIDEO AVERSA. “Non faremo accordi con nessuno”, urlava Alfonso Golia e invece l’ha fatto pur di non perdere la faccia con un circo di “simpatici” mestieranti

16 Dicembre 2020 - 13:15

 

Vedete ed ascoltate perchè andrebbe benissimo per una performance di highlander dj di Striscia la Notizia. Il rispetto per la carica che Golia ricopre, di porre un’analisi articolata alla base della valutazione critica finale perchè CasertaCe è un posto serio a differenza di come è diventato il Municipio normanno

 

AVERSA(Gianluigi Guarino) Se di mezzo non ci fosse stato il comune di Aversa, che riveste un prestigio storico ed è ente di governo di una città, per la quale ancora regge, di per se, una identità storico economica, che va ben al di la del fatto di essere il secondo municipio più popolato della provincia di Caserta, non ci saremmo applicati stamattina, a compiere un’operazione che, a pensarci bene, non ha nulla di particolarmente originale.

Dimostrare, infatti, che negli ultimi anni, le persone che decidono di far politica con l’obiettivo di assumere posti di potestà, di governo del territorio si rappresentino come un mix micidiale tra impreparazione cultural-professionale e ambizione smodata, costituisce come si suol dire un gioco da ragazzi. L’epoca del digitale spinto, della multimedialità si pone, infatti, come uno strumento implacabile di una denuncia, frutto, il più delle volte, di una involontaria auto denuncia.

Le immagini, certi scritti rilasciati sui social, ma soprattutto certi video postati di qua e di là chiudono, in effetti, la partita, rendendo inutile l’opera di approfondire pensieri, opere e, con rispetto parlando della fondamentale preghiera cattolica, omissioni. Questo presente, però, ha ridotto, fino ad annullarla, la discriminante della reputazione che un tempo contava molto di più come valore in sè, in grado di modificare la prospettiva di un politico al di la e con un processo risolutivo precedente a quello realizzato nell’urna elettorale oppure all’interno dell’aula di un tribunale.

Esistevano, insomma, figure di merda così clamorose, in poche parole “figure di merda troppo esagerate“, per ritenere che queste, per determinare i loro effetti, dovessero passare al vaglio del popolo sovrano o di una procura della repubblica del diritto penale, di una corte dei conti oppure di un Tar o, ancor di più, sul piano del diritto pubblico di tipo amministrativo, di un Consiglio di Stato. Era il politico stesso che davanti alla caduta di un velo che esponeva a quel punto l’impietosa nudità della propria esistenza come uomo pubblico, a fare un passo indietro perchè la semplice percezione di una corale riprovazione rendeva atto dovuto le dimissioni dalla carica ricoperta con conseguente ritiro provvisorio o addirittura definitivo dalla scena, prima ancora che intervenisse ogni tipo di sfiducia politica, di sfiducia elettorale o, ancor peggio, di sfiducia giudiziaria.

Venne poi il tempo delle facce di culo. Ma venne, non perchè i politici che l’hanno popolato e lo popolano (questo tempo) abbiano costruito una specifica e seppur in maniera aberrante, codificata genetica dell’indifferenza, della strafottenza, del relativismo, collegando tale processo ad una modalità di casta. No, ciò è successo perchè della vecchia opinione pubblica che stabiliva i confini del decente da quelli dell’indecente, non è rimasta nè l’opinione e nè la sua matrice pubblica.

Con la morte dell’opinione pubblica, quindi, è morta anche la cittadinanza e sono rimaste vive solo le facce da culo. Beninteso, non vogliamo certamente affermare che il sindaco di Aversa Alfonso Golia sia una faccia da culo. Per carità, non ci permetteremmo mai. Diciamo che è una faccia di bronzo, così rimaniamo dentro a quella continenza che questo codice penale che da decenni un Parlamento di imbelli dice di voler modificare ma non modifica mai, considera uno degli elementi discriminanti di ciò che diffamatorio è, rispetto a ciò che diffamatorio non è, in una sorta di rito supremo dell’ipocrisia e del fariseismo che finisce per colpire la libertà di stampa e di espressione dei piccoli giornali, i quali non hanno nè la forza, nè il tempo (non fate caso al sottoscritto che è un’eccezione in quanto inseguito da decenni dagli infermieri del Tso) per scucire quattrini, quasi sempre in nero, per ristorare avvocati, in modo da poter arrivare fino alla Corte di Cassazione, che, in linea con la Corte Europea dei diritti dell’uomo, sbugiarderà le sentenze sommarie, superficiali, fondamentalmente ignoranti, dei tribunali o anche delle Corti di Appello, sancendo invece che se lo sberleffo, se l’espressione forte come può essere per esempio faccia da culo, è conseguenza di un ragionamento basato su fatti veritieri, ogni cittadino e ogni giornalista può anche lasciarsi andare ad espressioni colorite.

Ma qui il problema non si pone perchè noi abbiamo già scritto che non ci riferiamo assolutamente al sindaco di Aversa Alfonso Golia, individuando nel medesimo una faccia da culo, lui è semplicemente una faccia di bronzo. E questo si può dire. Faccia di bronzo, come quelle che sovrastano il collo di altre centinaia di politici di ventura e di assalto che abitano questo territorio e di cui non andiamo certo a pescare video, più o meno datati (occorrerebbero molti giorni di lavoro h24 per quanti ne sono), per evidenziare quello che succede usualmente in provincia di Caserta e cioè che,  prima delle elezioni, si dice una cosa, si esprime uno o più concetti bianchi, e poi, quasi sadicamente, come se ci fosse una premeditazione patologica, ricercata, si compie ogni atto per fare esattamente, ma proprio esattamente, geometricamente, plasticamente, il contrario, cioè il nero rispetto al bianco, di quello che si è promesso in campagna elettorale.

E non è una cosa che si può liquidare, limitandosi a rubricandola dentro alla categoria universale delle false promesse della politica che in Italia sono autentica patologia ma che non sono estranee, seppur in maniera meno evident,e con una potenzialità di sanzione da parte dell’opinione pubblica nettamente maggiore, in altri paesi dell’Europa e del mondo. Qui siamo di fronte ad una codificazione, ad una sorta di brevettatura del politico-faccia da culo o, in sottordine, del politico faccia di bronzo.

Questo che parla nel video è lo stesso Alfonso Golia che durante la campagna elettorale, ha convinto i suoi concittadini che il suo tipo di retorica appartenesse alla parte buona e nobile di questa antichissima disciplina che riempiva di bellezza e di suggestione l’oratoria dei grandi uomini che, non a caso, venivano definiti come retori. E’ un pò, giusto per capirci meglio, come il fatto scientifico che suddivide il colesterolo buono dal colesterolo cattivo. Gli aversani, i quali evidentemente vivono come comunità un momento di grandissima difficoltà e di evidente decadenza soprattutto in quella classe dirigente, in quella borghesia che ha storicamente rappresentato anche qualcosa di buono nell’evoluzione della vita locale, considerarono quella di Alfonso Golia, una “retorica buona”, anche se guardando bene il video, a noi fa un pò ridere, in quanto sarebbe materiale da inviare immediatamente all’highlander dj di Striscia la Notizia.

Comunque, al di la del tono, delle pause sincopate che strappano un sorriso, come quello che si dipinge nei visi di chi assiste ad una rappresentazione teatrale paesana e spesso allegramente, innocentemente stra-paesana, l’allora candidato a sindaco Alfonso Golia sviluppò un concetto chiaro. Scimmiottando infatti il grande Vittorio Sgarbi, utilizzò lo strumento della reiterazione, per l’appunto retorica, del sostantivo “nessuno”, in modo da caricarlo di significati al punto che neppure uno degli ascoltatori, degli astanti sospettò fosse solamente esposto per una provvisoria strategia elettorale.

In quel “nessuno”, ripetuto tre o quattro volte, si leggeva il rifiuto, da parte di Alfonso Golia e da parte del progetto che lui diceva di portare avanti, di ogni forma di trasformismo. Noi non faremo accordi con nessuno, noi non faremo accordi con nessuno perchè nessuno è come noi, perchè noi siamo quelli della dignità, della trasparenza, della pulizia morale, quelli della buona politica, quelli del cambiamento, al contrario di tutti gli altri che incarnano la vecchia politica.

Cazzo, veramente neppure Dante Alighieri sarebbe riuscito a confezionare un contrappasso tanto spietato: mentre ieri Alfonso Golia scriveva un manifesto, nel quale imprimeva parole a declinazione di una politica che riscopriva la propria gioventù, la propria purezza, il proprio essere impegnata, attenta a non farsi risucchiare nelle sabbie mobili di una gestione del potere fine a se stessa, oggi fa un ribaltone neppure con un partito, ma con un manipolo di consiglieri comunali che, eletti in una coalizione, si vendono politicamente alla maggioranza dalla quale otterranno, magari non subito ma tra qualche mese, poltrone all’intero della giunta, applicando, insomma, un movimentismo tossico che li ha portati non a caso alla soluzione esistenziale di non collegarsi, di non vincolarsi ad alcun partito.

E allora, è chiaro che la definizione di faccia di bronzo diventa una sanzione iper-garantista nei confronti del Golia. C’è, infatti, poco da dire e poco da fare: lui ha costruito con un gruppo di acrobati di un circo di scarso prestigio, un accordo raffazzonato, raccogliticcio che gli garantisce probabilmente la sopravvivenza, ma contestualmente, a breve, massimo a medio termine, ne sancisce la definitiva morte politica, perchè di uno come lui non si fiderà più nessuno.

Luciano Sagliocco che gira per la città con l’immaginetta tatuata sul braccio villoso di Federica Turco; Giovanni Innocenti che vediamo qualche volta dalle nostre parti, avendo noi la fortuna-sfortuna di abitare a un passo da quel vero e proprio triangolo della morte, pardon, triangolo della trastola rappresentato dal Consorzio idrico, ma anche dalla Gisec e da alcuni uffici di Terra di Lavoro spa, cioè dei peggiori carrozzoni dello spreco e del clientelismo più deteriore e deteriorato di questa provincia. E ancora, Olga Diana, ultima continuatrice di una tradizione di famiglia che ha avuto nell’imprenditore delle palazzine Armando Lama, il creatore di un format di consenso particolarissimo che ritrova puntualmente, ad ogni elezione, nei quartieri più poveri della città. Ma Olga Diana è anche la punta più avanzata di questo ribaltone, essendo stata eletta nella Lega ed avendo proposto lei, per la giunta prossima e ventura, il nome di Luigi Menditto, un altro che di partiti e di presunti movimenti civici ne ha cambiati una decina e che alle ultime elezioni comunali, si candidò a sua volta, proprio in coppia con Olga Diana, nella lista del partito di Salvini (non c’è che dire, Mastroianni li andò a scegliere con il lanternino) risultando il primo dei non eletti.

Poi c’è il caso del pentastellato o presunto tale Romano, il quale in questi giorni, ci dicono abbia trasformato il comune di Aversa in un ministero del governo nazionale, visto e considerato che pur di trovare una ragione, o meglio, una scusa, a sua volta ribaltonista, ha salutato come un obiettivo raggiunto dall’amministrazione locale, quella della stabilizzazione degli Lsu che al contrario sta avvenendo in ogni comune, per effetto di un’ampia possibilità finanziaria, di origine romana e legata alla necessità di sostenere l’economia, durante e dopo il cataclisma-covid.

Ed ecco il motivo per cui parliamo di qualcosa che supera addirittura la truculenza del contrappasso dantesco, quel “Non faremo accordi con nessuno”, urlato a squarciagola durante la campagna elettorale, approda ad un ribaltone chiuso con un manipolo di soggetti che hanno dimostrato, ripetiamo, dimostrato chiaramente, dato che sulle loro biografie si potrebbe già scrivere un libro, di non stare in politica per aderire ad un partito, ad un’ideologia, ad un modello di progetto per l’Italia o per Aversa, ma solo per collocarsi, volta per volta, quale unità marginali, stando lì lungo la riva del fiume ad aspettare, oggi e magari anche domani, che una maggioranza perda i suoi pezzi, gli unici legittimati dal voto democratico del popolo sovrano, per esercitare potestà e/o indirizzo di governo, in modo da assecondare la necessità emotiva di un sindaco, di questo in carica, o magari, di quelli che verranno, con buona pace di quella dignità che autocertificava con voce stentoria, sempre nel video che vi proponiamo, un suo domani senza quella fascia, un suo domani che possa contemplare anche l’ipotesi di essere un uomo felice solo in quanto marito, padre e impegnato in una professione.

Cioè di essere un individuo che partendo da queste solidissime basi e considerando le variabili indipendenti della propria esistenza, possa su queste fondamenta irrinunciabili, ipotizzare un impegno in politica che a quel punto sarebbe più agevole interpretare, almeno in quota parte, come servizio reso al popolo, alla comunità e non come alimento, come sostanza di una vera e propria dipendenza, che non è metaforicamente azzardato paragonare, almeno sul piano dell’evocazione a quella prodotta dalle droghe e che nulla ha a che vedere con la relazione tra una persona che dimostra di essere forte, utile nella propria famiglia, nella propria professione.

Facce di bronzo.