Il racconto di Antonio Iovine. I fratelli Capoluongo, dall’esilio post Bardellino, al ritorno a CASERTA, protetti da Michele Zagaria. L’omicidio De Cicco e…

1 Gennaio 2020 - 11:40

SAN CIPRIANO D’AVERSA – E’ una storia radicata nel clan dei casalesi degli anni 80 quella raccontata da Antonio Iovine, inserita nell’ordinanza che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Pino Cantone e ad indagare Ivanhoe Schiavone.

Secondo il collaboratore di giustizia, esistevano già dei rapporti tra Maurizio Capoluongo e Antonio Bardellino. Il primo ha partecipato anche all’omicidio di Ciro Nuvoletta e prendeva parte alle riunioni del clan Bardellino, tenute anche con Carmine Alfieri, storico boss del nolano. Pare che dietro l’omicidio di De Ciccio, sempre a detta di Antonio Iovine, ci fosse Maurizio Capoluongo, il quale “mi riferì di aver sollecitato il gruppo di fuoco appostato presso Armando sette botte, parente della moglie di Dario De Simone, proprio il giorno in cui venne eseguito l’omicidio“.

Secondo Iovine, il vero obiettivo del clan era Luciano De Cicco, detto Polifemo, ma “solo per caso venne eliminato Carmine De Ciccio“. I Capoluongo inizialmente si occupavano di agricoltura, tant’è che Maurizio Capoluongo nel 1989 si era trasferito nel basso Lazio con il fratello Giacomo. Poi, dopo l’ordinanza Spartacus, vendettero le proprietà e rientrarono a Caserta. Giacomo si trasferì a San Cipriano. Da allora cominciarono i rapporti con Michele Zagaria: “Ho incontrato a casa di Giacomo Capoluongo Michele Zagaria in diverse occasioni“,

spiega Iovine.

Il resto lo leggete nello stralcio qui in basso.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA