IL RETROSCENA AVERSA. La guerra di De Cristofaro nei confronti del professore Guerriero, gli interessi di Della Gatta, Bo e compagnia e la pazzesca vicenda del Puc normanno

24 Gennaio 2019 - 16:58

AVERSA(g.g.) Per diverse settimane, anzi a pensarci bene, da mesi, scriviamo di questa vicenda, senza precedenti, della gara, aggiudicata dall’Asmel ad una società aversana per la redazione del nuovo Puc. Tutto questo scrivere è legato al fatto che non si era mai visto, a memoria d’uomo, che un comune si associasse ad una impresa fiduciaria, incaricandola di diventare la propria stazione appaltante, la curatrice delegata di tutte le procedure di aggiudicazione, salvo poi, sconfessarla clamorosamente, revocando gli esiti della citata gara.

Noi lo riteniamo un fatto gravissimo. E nessuno può sentirsi offeso, diffamato da una valutazione di buon senso che non può non partire da un dubbio, da una considerazione che disegna uno scenario a dir poco opaco. E menomale che non era la stazione unica appaltante: che avrebbe fatto, il sindaco De Cristofaro? Avrebbe revocato anche l’esito di un’aggiudicazione, fatta da un organismo che, almeno sulla carta, aveva la piena copertura e la piena legittimazione dello stato?

Nel periodo in cui ci siamo occupati della vicenda e anche dei suoi strascichi, a partire dalle prese di posizione del consigliere di minoranza Giampaolo Dello Vicario a cui ultimamente si sono associati anche i suoi colleghi di Noi Aversani, avevamo evitato di entrare nel merito, cioè di specificare l’identità dell’impresa che si era aggiudicata la gara e che poi, di fronte alla revoca a dir poco proditoria, fatta dal comune, si era rivolta al Tar della Campania, ottenendo piena ragione, totale accoglimento del ricorso con conseguente annullamento dell’atto di revoca.

Tutto sommato, non ci siamo applicati sulla questione delle carte d’identità o della visura camerale, perchè, tutto sommato, non era quello il punto importante. Non era fondamentale stabilire, cioè, chi fosse e da chi era partecipata l’impresa che aveva vinto la gara. Molto più importante era, invece, soffermarsi, approfondire, sottolineare con sgomento l’originalità tossica di questa vicenda, che nella sua procedura, nel tratto spregiudicato di ciò che il comune di Aversa e il suo sindaco avevano messo in campo, trovava la sua espressione fondamentale. Rispetto all’entità inquietante della temerarietà con cui l’operazione è stata gestita, diventava del tutto secondario, se non addirittura irrilevante il tratto identificativo di chi quella gara l’aveva vinta o l’aveva persa.

Questa è la nostra forma mentis. E, come si suol dire “non ne facciamo faccia”. Una sorte di istinto ci porta sempre ad una valutazione delle cose che parte da un tratto nobile di legittimità giuridico-amministrativo. Lo facciamo per una sorta di inerzia biologica, perchè poi, quando ripigliamo i sensi, e con essi la percezione chiara di dove viviamo e di quelli con cui abbiamo a che fare, ci rendiamo conto che non sarebbe stato nè sbrigativo, nè demagogico, nè sterile affrontare la questione dall’altro punto di vista, cioè da quello che abbiamo volutamente ignorato o messo in second’ordine. Perchè la chiave di tutto sta proprio nell’identità di chi questa gara l’ha vinta e sta tutta nella difficoltà, considerata insormontabile dal sindaco De Cristofaro, di realizzare ciò che in merito al Puc, era stato forse pianificato e organizzato da anni.

In questi giorni, allora, abbiamo deciso, dunque, di cominciare a domandare in giro: scusate, ma chi cavolo si è aggiudicato la redazione del Puc di Aversa? Per caso, Berzebù? Un’impresa denominata Licio Gelli? O una società con quote di maggioranza nelle mani di Salvatore Buzzi, un Casamonica e un nipotino della Banda della Magliana, se è vero com’è vero che De Cristofaro è arrivato al punto di nominare un avvocato, per opporsi alla sentenza del Tar, remunerandolo con 5 mila euro, ovviamente non attinti dalla propria tasca, ma da quella di tutti gli aversani?

Beh, non ci sembra che diavoli o diavolesse, di forcone armati, abitino la visura della società aggiudicataria. Ci sono tre cognomi. Il primo è quello dell’architetto Castiello, il quale, abbiate fede, parlo da sannita e da professionista che ha lavorato molti anni nella città di Benevento, è uomo stimato ma anche un architetto con la mente aperta, di grande lungimiranza. Insomma, un apprezzato professionista che ha votato la sua vita alla passione per l’architettura e l’urbanistica. Discipline della mente, ma anche dello spirito, visto che lo hanno aiutano ad andare avanti, anche di fronte all’immane tragedia della morte di un figlio, avvenuta in un incidente stradale.

Il secondo nome è quello della figliola dell’architetto Lucio Mormile. Il terzo nome è quello dell’architetto Chiacchio, che non è ancora uno di grido, ma ha la qualità, non irrilevante, di essere uno dei laureati della facoltà di Architettura di Aversa, considerati brillanti dal professore Luigi Guerriero, una delle menti più lucide dell’accademia locale, peraltro piuttosto stitica di eccellenze reali e autore di un’opera bellissima sui tesori più o meno nascosti, più o meno vituperati, più o meno umiliati dell’architettura in seno alla città normanna.

Revocare l’aggiudicazione di una gara ad un’impresa formata da queste persone, manco si trattasse di camorristi impenitenti, rappresenta una decisione inspiegabile.

Inspiegabile oppure ampiamente spiegabile. Perchè, osare fino a quanto ha osato il sindaco Enrico De Cristofaro, non può essere frutto solamente del fatto che il professore Guerriero, piuttosto che Lucio Mormile, non appartengano storicamente alla stessa scuderia del primo cittadino, sin dai tempi in cui questi era presidente dell’Ordine provinciale degli Architetti. E’ troppo poco per correre il rischio, perchè di rischio si tratta di firmare un atto dirompente, qual è stato quello della revoca.

Se però, l’elemento della estraneità di questa società al cerchio magico del sindaco, a certi ambienti dell’imprenditoria normanna, la rende arcignamente impermeabile ad ogni condizionamento esterno, allora accadrà che il lavoro dei progettisti si dipanerà dentro ad una dialettica ortodossa con l’amministrazione comunale e all’interno di un confronto, di una inter-relazione di idee che non potrà mai andare al di la di ciò che la legge attribuisce, da un lato, alla potestà del comune, dall’altro, al diritto-dovere dei progettisti di attenersi a tutte le norme. Andrà a definirsi un quadro, allora, che se non è espressione di una verità certificata, è quantomeno verosimile rispetto ad un meccanismo, ad un’idea della città che per De Cristofaro non può esulare da una codificazione premiale, all’interno del nuovo Puc, di talune aree che, per mera coincidenza, appartengono al solito Rino Della Gatta, al solito Bo, al genero dell’ex sindaco Ciaramella, e compagnia.

A quanto ci dicono, la partita è talmente grande che l’amministrazione avrebbe intenzione, nelle more della definizione del procedimento della giustizia amministrativa che arriverà nel momento in cui il consiglio di stato si sarà pronunciato sul ricorso dell’avvocato dei 5 mila euro, di pubblicare un nuovo bando. Se questo succederà, riteniamo che la procura della repubblica non potrà non intervenire. Come si suol dire, andrà da sè.