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La REGGIA vera che nessuno vi racconta. Oche putrefatte, foreste di erba selvatica, furti e gravi problemi del personale

26 Luglio 2018 - 18:14

CASERTA – (Pasman/seconda parte) Dopo che nella prima parte di questa breve cronaca sulla realtà vera della città in questo periodo, fuori dalla retorica di maniera propria dell’amministrazione comunale ed adottata da molta parte dell’informazione cittadina, abbiamo parlato di Caserta e delle condizioni del suo centro storico, passiamo alla Reggia, come ci eravamo ripromessi di fare.

Non prima, però, di tornare brevemente su piazza Carlo III – dei cui perenni e proibitissimi bivacchi abbiamo già ampiamente detto – per segnalare la voce di denuncia che ultimamente si è aggiunta, quella di uno specialista autorevole, il noto agronomo casagiovese Domenico Bovienzo, sullo stato di serissimo e grave degrado dell’area monumentale.

Condizione che appare ancora più insopportabile per chi abbia fatto esperienza dello stato perfetto dei giardini e del verde monumentali e delle dimore storiche in altri luoghi d’Italia e d’Europa. Altro che “ stupenda location” che si scimmiotta nella propaganda indigena.

E non prima di aver ribadito lo sconcio del parcheggio che in forme plateali avviene in pieno centro cittadino, a piazza Dante, dove esiste tanto di divieto. Con l’aggravante che tale costume di grave inciviltà è stato assunto anche dai più giovani, resi baldanzosi dall’esempio degli adulti e dall’assenza dei controlli, che dovrebbero farli smammare non appena si azzardano a mettere il cavalletto per fermare il motorino dove non si può.

Ordunque, venendo alla Reggia, vogliamo anche noi agire con metodo che potremmo ben chiamare Mazzarella, il funzionario del museo vanvitelliano che, avendo scritto il musical Masaniello che vi doveva essere rappresentato e poi revocato per la inopportunità della circostanza, si affrettava a precisare di non aver percepito alcun compenso.

Gratis et amore Dei, allora, segnaliamo a chi di dovere che le piante parassitarie che già segnalammo ripetutamente per l’addietro, che crescevano ad alcune delle finestre della facciata verso la città e che alla fine furono rimosse, stanno rispuntando. Che all’angolo orientale del palazzo regio l’erba del basolato si espande rigogliosa. Che le bandiere esposte alla loggia centrale danno chiarissimi cenni di cedimento ed andrebbero senz’altro sostituite, perché stinte e slabbrate. Ma, come abbiamo detto, non pretendiamo niente.

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D’altro canto, che il profilo organizzativo non sia proprio il forte del complesso monumentale non è una novità.

In questi giorni, un’oca morta della Peschiera Grande è arrivata quasi allo stadio putrefattivo, prima di essere rimossa. Le fontane per il pubblico presenti nel parco hanno l’acqua a singhiozzo quando non sono all’asciutto completamente, come ci risulta essere accaduto domenica l’altra.

La vigilanza privata ingaggiata in questi due mesi con un contratto di 11mila euro circa non ci pare che sia proprio improntata ai criteri di massima efficienza, a giudicare dalle foto che ci sono giunte in redazione e che pubblichiamo. Ma aspettiamo che si concluda il periodo di impiego per verificare i dati dell’attività repressiva, anche se gli ambulanti abusivi, dopo la campagna primaverile che coincide con l’inizio delle remunerative gite scolastiche, ora che sono finite preferiscono andarsene al mare. Ma ci sono comunque le violazioni al regolamento di visita. Staremo a vedere.

Sul fronte dei rapporti sindacali con il personale museale peggio mi sento. La conflittualità è all’estremo e si attende ancora la procedura di raffreddamento con le sigle sindacali che, maggioritariamente, hanno dichiarato da mesi lo stato di agitazione, imputando alla direzione della Reggia la violazione delle norme contrattuali e l’adozione di provvedimenti illegittimi.

Perdura, su questo piano, la mancata adozione del c.d. sistema Europa Web, che ha nazionalizzato la gestione delle presenze dei dipendenti e che continua invece ad essere effettuata localmente, dando luogo a gravi disservizi ed inconvenienti anche sotto il profilo retributivo. Un gruppo di impiegati ha adito da tempo le vie legali per la monetizzazione, per svariate migliaia di euro, di ferie non godute per un deficit nella programmazione di esse.

Ma il caso più grave di quanto non va a Palazzo Reale è stato da ultimo il furto dalla mostra Terrae Motus. Chi ha seguito il dibattito pubblico a seguito dell’episodio, con gli interventi sia degli eredi Amelio sia dei maggiori specialisti d’arte campani e nazionali, ha visto che il museo vanvitelliano non ci ha fatto certo una bella figura. Le critiche sulla sistemazione della collezione sono non di oggi, ma la sottrazione avvenuta ha fatto traboccare il vaso, essendo emerso che essa era persino priva di videosorveglianza, una misura basilare per opere di quel rilievo.

Al momento del fatto il direttore, Mauro Felicori, si premurò di precisare che il reato non si poteva imputare ad una carenza dei servizi di vigilanza, affidati ad un apposito nucleo di custodi interni, annunciando l’apertura di un’inchiesta interna.

In attesa degli esiti di questa, ricordiamo brevemente ai nostri lettori che il furto avvenne lo scorso 9 giugno e riassumiamo quanto ci risulta in proposito. Gli ambienti della mostra Terrae Motus, chiusi regolarmente al pubblico alle ore 17.30 ed in attesa della riapertura serale straordinaria fissata alle ore 19.30, entravano nella disponibilità, a seguito di una autorizzazione ufficiosa data da uno dei funzionari di turno del museo, degli studenti del liceo cittadino Diaz che vi avrebbero tenuto la rappresentazione teatrale IL PRESENTE NON BASTA …..per amore del latino. In queste ore e sino alla riapertura nessuno dei custodi era presente, avendo cessato il turno di servizio alle 17.30, come si diceva.

Sullo sfondo del palco, l’opera di Mimmo Paladino.

Frattanto alle 18.30, nelle sale stesse della mostra iniziava la prima delle tre edizioni della serata dello spettacolo scolastico, come si coglie dal fotogramma che pubblichiamo, in cui gli attori della rappresentazione agiscono su un palco la cui quinta è costituita – sorprendentemente, perché non siamo forse al massimo della cura e della tutela di un’opera d’arte- dal quadro di Mimmo Paladino, Re uccisi al decadere della forza.

Alle 19.30 assumono il servizio di vigilanza i custodi di turno serale. Di lì a poco viene scoperta la sottrazione dalla installazione di Christian Boltanski e ne viene dato avviso per la scala gerarchica. La mattina successiva viene sporta la denuncia ai locali carabinieri.

Davvero c’è abbondante materia per l’inchiesta di Felicori.

Queste sono Caserta e la Reggia, come dicevamo all’inizio di questa cronaca.

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