La teenager della cocaina e del crack. Il ruolo della giovanissima pusher nell’organizzazione degli “apprendisti camorristi”

11 Gennaio 2023 - 13:39

La lettura del capo uno dell’ordinanza che ha portato all’arresto di ieri mattina, ci dà indicazioni precise sui ruoli di ognuno dei nove indagati. Nel documento manca il nome di Amedeo Di Toro, fratello della 23enne Giada Di Toro, arrestato a seguito della perquisizione nei confronti della sorella

SESSA AURUNCA (g.g.) – La parità di genere è un concetto che si applica su larga scala e investe tutti i settori della vita.

Con questo non vogliamo dire che non sia mai successo che donne siano state coinvolte in fatti criminali. Ciò che vogliamo comunicare, invece, è che questo avviene in maniera molto più frequente rispetto al passato.

Ieri l’ultimo caso. Giada Di Toro, 23 anni, originaria di Cellole, arrestata ai domiciliari e sorella di quell’Amedeo Di Toro, 28 anni, il cui nome non era parte dell’elenco dei destinatari del provvedimento di custodia cautelare, a differenza di quello di sua sorella, ma che in manette c’è finito lo stesso.

Questo nel momento in cui la perquisizione domiciliare, evidentemente legata in prima battuta alla posizione della sorella, ha mostrato una responsabilità anche del suo congiunto, il quale, non compare nell’elenco degli 8 destinatari di misura cautelare, al quale va aggiunto il nome di Biagio Esposito, che rimane indagato a piede libero, e su cui il Gip ha deciso di rigettare la richiesta di arresto presentata dalla Dda di Napoli.

Tornando a Giada Di Toro, la sua posizione è illustrata capo d’imputazione provvisorio numero uno, che le assegna un ruolo stabile di venditrice e spacciatrice, di ultimo anello in senso temporale di quella che è un’organizzazione che va considerata, però, come tale fino ad un certo punto.

Il capo d’imputazione numero uno, che coinvolge tutti gli indagati, tra cui, appunto, la Di Toro, declina i ruoli di ognuno. Detto questo, manca la contestazione del reato base, del reato-strumento, che si incardina nel momento in cui viene contestata l’associazione a delinquere semplice, ai sensi dell’articolo 416 del Codice Penale, o l’associazione a delinquere di stampo mafioso ai sensi dell’articolo 416 bis.

Agli indagati viene contestato il traffico di stupefacenti, che si esplica in una filiera organizzata.

Ernesto Simeone, 35 anni di Sessa Aurunca, cognato di Gaetano Di Lorenzo, nome eccellente del clan dei Muzzoni, Esposito-Di Lorenzo, viene definito come il “capo dell’associazione”.

Una parola, ripetiamo, che non deve trarre in inganno, dato che l’unica menzione del 416 bis è quella relativa al comma uno, cioè l’ex famoso articolo sette della legge 203/1991, che rappresentò uno dei capisaldi della strategia di attacco da parte dello Stato da parte delle mafie, in quanto inserì dentro all’ordinamento quella che si configurava e si configura come un’aggravante, legata alla commissione di un reato e il fatto che questo vada a favorire gli interessi della criminalità organizzata.

Dunque, la contestazione dell’articolo 416 bis, comma uno, non significa che chi compia quel reato sia partecipe di un’associazione che diventa tale in quanto stabilisce un programma di azione criminale strutturato, ma soprattutto finalizzato a determinare proventi illeciti per le casse di uno o più clan.

Per cui, ad Ernesto Simeone; alla già citata Giada Di Toro; a Luca D’Angelo, 28 anni di Sessa Aurunca, considerato il trasportatore della droga che avrebbe custodito presso la propria abitazione; al fratello Carlo D’Angelo (già detenuto al carcere di Santa Maria Capua Vetere, 32enne di Sessa, anche lui considerato custode delle partite di droga che poi venivano inviate al mercato al dettaglio; a Agata Alessia Catanzaro, 28enne di Catania, seconda donna coinvolta e accusata di trasportare la sostanza stupefacente, cocaina, hashish, crack e marijuana; a Giuseppe Di Lorenzo, 34enne di Sessa, omologo di Giada Di Toro nell’attività di cessione e vendita degli stupefacenti; a Giovanni Bevilacqua, 26enne di Mondragone, accusato di utilizzare la sua paninoteca La Scorpacciata come base operativa e di custodia della droga, oltre che per l’attività di spaccio; a Oreste Lagnese, 25enne mondragonese, il fornitore delle sostanze al gruppo e a Biagio Esposito, 34enne sessano, come detto non arrestato, ma comunque indagato dalla Dda come intermediario tra i partecipi alla banda, a tutto questo gruppo viene contestato il reato di traffico e spaccio di stupefacenti, ai sensi dell’articolo 74 del Testo Unico sugli stupefacenti, il Dpr del 1990, reato compiuto in concorso, ai sensi dell’articolo 112 del codice penale, che prevede una pena aumentata se il numero delle persone, che hanno partecipato nel compiere il reato, è di cinque o più.

I due reati sono aggravati dalla contestazione dell’articolo 416 bis, comma 1, già articolo 7.