Le rivelazioni-bomba di Giuseppe Valente e Nicola Schiavone su Pasquale Vitale, Carlo Savoia e Nicola Ferraro. Quando Sergio Orsi fu schiaffeggiato

16 Dicembre 2018 - 16:07

CASAL DI PRINCIPE – Stiamo leggendo con particolare interesse, un interesse che deriva dall’essere stati attenti e attivi testimoni del tempo, i verbali di alcuni interrogatori che hanno in qualche modo ispirato l’iniziativa dell’autorità giudiziaria, nella specie dei magistrati della dda, che ha portato alla emissione di decreti di perquisizione e cioè iscrizione nel registro degli indagati di politici e faccendieri, tra i quali il sindaco di Caserta Carlo Marino, il grande sponsor della EnergetikAmbiente, l’impresa che con l’ennesima gara pezzottata, si è aggiudicata una torta da 116 milioni di euro in 7 anni per la raccolta dei rifiuti nella città capoluogo, e il sempreverde Pasquale Vitale, che ha attraversato tante stagioni della politica e anche dell’affarismo casertano, svolgendo il ruolo di uomo di fiducia di Nicola Cosentino, quando questi aveva un fortissimo ascendente sul ministro delle attività produttive Marzano, a Paolo Romano, nella cui segreteria è stato quando Romano ha svolto la funzione di presidente del consiglio regionale per attestarsi ultimamente, in una sorta di sublimazione antropologica, alla corte di Carlo Savoia, un tempo piccolo faccendiere, oggi, come risulta dalle carte giudiziarie, uomo in grado di rapportarsi a mondi paralleli alla criminalità mafiosa leggi Paratore padre e Paratore figlio (CONSULTARE LA NOSTRA INCHIESTA DI 4 PUNTATE CHE SI PUO’ FACILMENTE RINTRACCIARE NELL’APPOSITA SEZIONE).

Oggi abbiamo focalizzato alcune dichiarazioni di due collaboratori di giustizia diversi tra di loro, perchè con tutto il rispetto della scelta del signor Nicola Schiavone di pentirsi dei suoi orrendi delitti, non è che si può paragonare il figlio di Sandokan a un Giuseppe Valente che sicuramente ha compiuto degli errori gravi per i quali ha pagato un prezzo salatissimo, ma che certo non ha ammazzato nessuno.

Valente racconta, anzi profila in maniera ineccepibile, con una memoria storica chirurgica i percorsi e i ruoli avuti da Pasquale Vitale e da Carlo Savoia. Valente, da presidente del consorzio Ce4, frequenta spesso il ministero delle attività produttive, guidato da Marzano. E lì incrocia sempre Pasquale Vitale, messo lì da Nicola Cosentino come gendarme, come suo stabile riferimento nella direzione generale nella quale tutto transitava e tutto veniva esaminato proprio da Vitale, in nome e per conto.

Valente va anche al di la e confeziona una sorta di biografia di questo personaggio oscuro, amatissimo e utilizzatissimo però dai politici, da Nicola Cosentino ma non solo. Silenzioso, ma scaltro e in grado di capitalizzare l’eredità di un padre che era stato importante come parlamentare e anche come presidente di Camera di Commercio.

Su Carlo Savoia poi Valente racconta quello che noi sapevamo. Cosentino lo impone, nel senso che chiede proprio a Valente di trovare al suo pupillo un posto di prestigio ma soprattutto un posto dove poter introitare un lauto stipendio.

Il giovane rampante di Sant’Arpino viene nominato presidente di Eco4, cioè del braccio operativo del Consorzio Ce4, con il placet anche dei fratelli Orsi, azionisti di minoranza, che certo non potevano opporsi a un desiderio di Nicola Cosentino.

Savoia si dà da fare. In un primo tempo, Valente si fida di lui. Gli dà anche la presidenza di un’altra società, la Egea, interamente partecipata dal Consorzio Ce4 che versa in contanti 30 mila euro quale capitale sociale. Ma proprio questa cifra crea lo scontro. Questi soldi scompaiono. Valente ne chiede ragione a Carlo Savoia. Questi, candidamente, gli confessa di averli presi a titolo di spettanza per le cariche ricoperte.

Valente va su tutte le furie. Informa dell’accaduto Cosentino e gli dice che è intenzionato a denunciare i fatti all’autorità giudiziaria. Cosentino lo convince a desistere e il resto è storia, dato che Carlo Savoia deve a quel punto defilarsi dal palcoscenico mondragonese.

Per quanto riguarda Nicola Schiavone, invece, sono due o tre i punti che inizialmente andiamo a sottolineare che sono riportati nello stralcio di un interrogatorio dello scorso 28 settembre.

Il primo riguarda l’interesse che il gruppo Schiavone che ha per le gare di appalto riguardanti la raccolta dei rifiuti in tutti i comuni della provincia di Caserta. In questo contesto, il riferimento Nicola Schiavone e Nicola Panaro, era, a detta del figlio di Francesco Schiavone Sandokan, l’imprenditore di Casal di Principe Nicola Ferraro, il quale viene definito addirittura un factotum del clan dei Casalesi area Schiavone-Panaro. Attenzione, però: il super pentito dice anche che Ferraro, come d’altronde gli altri imprenditori che operavano in questo settore, avevano ampio mandato di muoversi come meglio ritenevano. Gli appalti venivano vinti facilmente, afferma testualmente Nicola Schiavone, perché i bandi venivano cuciti su misura dal potere politico e dalle burocrazie dirigenziali dei vari comuni della provincia.

Ma guarda un po’: Nicola Schiavone conferma una tesi storica di Casertace e cioè che in Terra di Lavoro il 99% degli appalti e degli affidamenti, è truccato a monte perché questo è il luogo a più alta densità di corrotti sul pianeta Terra. Superiore anche ai vituperati Paesi dell’ex cortina di ferro e a quelli africani.

Nicola Schiavone poi parla dell’appalto a Casal di Principe. Ferraro non può parteciparvi perché nel 2006 ha già incrociato già le prime difficoltà con le interdittive antimafia. La gara va deserta per tre volte in attesa che Ferraro porti il nome che lo deve rappresentare in tutto e per tutto. Questa situazione di imbarazzo e difficoltà si inseriscono i fratelli Sergio e Michele Orsi e fanno male ad inserirsi, fanno male a chiedere al Comune i documenti della gara perché dalle porose mura del palazzo di Città, Nicola Schiavone apprende dei movimenti del rivale, del maggiore concorrente di Nicola Ferraro. E così decide di risolvere la questione a modo suo. Insieme a Mimmo Letizia si reca a casa di Sergio Orsi e gli assesta due solenni ceffoni, invitandolo a non permettersi mai più di consumare un affronto del genere al clan.

Il resto è scenografia. Nicola Schiavone dice che la sua famiglia è stata sempre contraria alle discariche dei rifiuti tossici, all’interramento degli scarti industriali provenienti dal Nord, perché in lui e nella sua famiglia era chiara l’entità del pericolo per la salute delle genti locali. Schiavone non nomina mai i Bidognetti ma è chiaro che la stilettata è rivolta proprio all’altro gruppo storico della galassia casalese e invece sui rifiuti tossici e sul traffico Nord-Sud e gli stessi ha costruito il suo business principale come ha raccontato in maniera molto chiara e precisa il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo, titolare a Giugliano della seconda mega discarica, prospiciente alla Resit, sotto il controllo del gruppo Bidognetti.

Conclusione: Nicola Schiavone afferma che nessuna cosa riguardante il mondo dei rifiuti per quanto riguardava la questione gare poteva accadere senza che la Cupola, questa sorta di commissione formata da lui, da Nicola Panaro, da Antonio Iovine e Michele Zagaria, sapessero e decidessero. Su ogni appalto dei rifiuti il clan incassava mensilmente una percentuale fissa e concordata a titolo di tangente.