MARCIANISE. Abuso edilizio: Antonello Velardi “reo confesso” propone al Comune un recupero abitativo con l’abbattimento di una parte del sottotetto. Un altro colpo alla sua credibilità
22 Maggio 2020 - 18:22
MARCIANISE – In questi giorni, l’ingegnere Pietro Di Bernardo si è recato nei locali che ospitano l’Ufficio Tecnico del Comune di Marcianise.
Lo ha fatto per presentare una richiesta di recupero abitativo riguardante l’ormai famoso sottotetto che l’ex sindaco Antonello Velardi ha reso abitabile, ed ha abitato, già da più di 10 anni, sfruttando un titolo autorizzativo, leggi concessione edilizia o permesso a costruire, rilasciato dall’allora dirigente tecnico Angelo Piccolo, senza però il consenso dell’altro dirigente, Matteo Alberico, che aveva invece dato parere negativo.
Ora, siccome chi conosce bene la storia del Comune di Marcianise ci racconta che Alberico non era la reincarnazione di Savonarola, c’è da pensare che effettivamente quell’istanza presentata da Velardi fosse pregna di contenuti controversi, soprattutto relativamente alle distanze che quell’intervento avrebbe ridefinito nei confronti della proprietà del suo confinante, che lì c’era da prima che Velardi ci arrivasse.
Dunque, partiamo da un punto fermo, in conseguenza della sua iscrizione, l’ennesima, nel registro degli indagati, Velardi a più di tre lustri di distanza dal momento in cui intervenne per modificare sensibilmente la volumetria della sua casa, ha presentato un’altra istanza di recupero abitativo.
Attenzione, la natura giuridica dell’istituto del recupero abitativo è strettamente connessa a quella di una vera e propria sanatoria, che non può non partire dal riconoscimento di un abuso edilizio commesso.
Se Velardi fosse convinto delle sue ragioni, non avrebbe alcun problema ad affrontare la procedura, aperta a suo carico dalla Procura della Repubblica di S.Maria C.V., che sta indagando attraverso l’opera dei Carabinieri della locale Stazione.
Al contrario, l’ex sindaco ben sapendo che, nel caso in cui risultasse il suo torto, l’autorità giudiziaria decreterebbe l’abbattimento coattivo di quella parte della sua abitazione costruita abusivamente, propone al Comune di Marcianise di modificare la situazione come questa risulta essere oggi e come questa è stata in tutti gli anni in cui quel sottotetto è diventato parte abitata e sfruttata.
Da quel che si sa, ci sarebbe la proposta di abbattere una parte e di eliminare le finestre che danno sulla proprietà del confinante, sostituendole con dei lucernari.
Ciò inciderebbe sulle condizioni relative alle distanze di confine che oggi rappresentano il maggior problema della procedura di indagine a cui Velardi è sottoposto.
Ma se quest’ultimo si mostra disponibile ad abbattere anche un solo metro cubo del cemento che ha utilizzato sedici o diciassette anni fa, significa senza se e senza ma, che ammette di aver compiuto un abuso.
Lo ha fatto per ignoranza? Lo ha fatto perché ingannato dall’autorizzazione ricevuta da Piccolo? Lo ha fatto non dolosamente?
Conta fino a un certo punto, e qui ritorniamo al discorso già fatto nel primo articolo dedicato, domenica scorsa, a questa vicenda: l’attenuante della colposità o dell’ignoranza, che comunque la legge, come suo principio costitutivo, non ammette, può essere utilizzata da un cittadino comune, da un privato, ma non certo da un personaggio del rilievo di Antonello Velardi che, nel momento in cui firmava ordinanze di abbattimento di palazzine diroccate e abitate da poveri cristi, portava nel suo grembo le insegne del colpevole di abuso edilizio.
E questo, come ben si può comprendere, è un fatto clamoroso di per sé.
Oggi, l’ingegnere Di Bernardo, in nome e per conto di Velardi focalizza i contenuti della legge regionale n.15 dell’anno 2000 che regola l’intera materia del recupero abitativo collegandola a determinati requisiti, a determinate condizioni, peraltro rese più agili e meno afflittive dalla versione campana della legge nazionale del Piano Casa. Insomma, per intenderci, in questi anni Velardi ha avuto a disposizione chiari strumenti giuridici per realizzare quel recupero abitativo collocando lo stesso in quel perimetro di legalità nel quale non lo aveva collocato l’ingegnere Angelo Piccolo, come l’altro dirigente, Matteo Alberico, aveva capito troppo bene.
Ora, non è che a noi freghi granché se il Comune darà o meno l’ok a questa che va valutata come una richiesta di sanatoria.
Magari l’argomento, inquadrato da questo punto di vista, costituirà semplicemente una necessità di tipo cronistico.
Quello che è importante per noi di Casertace era stabilire come Antonello Velardi si sarebbe andato a porre di fronte all’ipotesi di reato che viene formulata ai suoi danni.
Qualora avesse mantenuto il punto, sarebbe stato opportuno per noi e per tutti attendere l’esito dell’iter giudiziario prima di formulare nuove valutazioni.
Ma siccome l’ex sindaco ha mandato un ingegnere per offrire all’Ufficio Tecnico una sorta di transazione che parte comunque da un significativo ridimensionamento dei volumi messi in piedi tre lustri fa, non possiamo non affermare che anche stavolta, quanto nei due precedenti articoli dedicati a questa storia, qualche ragione in linea di principio e in linea di merito ce l’avevamo.