MONNEZZA DI NOME E DI FATTO. L’ingegnere del Cub dichiara cose inverosimili sui camion da rottamare e sul suocero del sindaco di AVERSA. Ciccio Paolo, se lei c’è, batta un colpo

2 Dicembre 2020 - 13:42

In calce al nostro articolo in cui esponiamo delle argomentazioni a supporto di un punto di vista che da queste parti non facciamo mai mancare, il testo integrale dell’interrogatorio dell’ingegnere Andrea Improta, direttore commerciale del Consorzio Unico di bacino dei rifiuti

 

TRENTOLA DUCENTA(g.g.) Sulla genuinità delle dichiarazioni degli ingegneri Antonio Zivolo e Andrea Improta abbiamo già detto la nostra. Non ci convincono, perchè se ci avessero convinto, avremmo dovuto, essendo noi gente seria, riconoscere che Luigi Giuliano è un mentitore professionista, un bugiardo da incriminare non una, ma cento volte, per calunnia.

Un essere spregevole perchè nelle sue false propalazioni utilizza anche la memoria del fratello Giuseppe Giuliano, che si tolse la vita nella maniera che ormai tutti conoscono. In poche parole, Luigi Giuliano mentirebbe per sè e anche in nome e per conto del fratello deceduto. E onestamente, noi siamo invece abbastanza convinti che nelle ricostruzioni dell’uomo, comunque addolorato, per tutto quello che è successo, ma soprattutto per la morte del suo congiunto, più di qualche verità Giuliano la dica.

Tra queste, la ricostruzione, topograficamente ineccepibile, della relazione tra tempi e luoghi che lui stesso, insieme al fratello, ha avuto con l’ingegnere Antonio Zivolo e con Andrea Improta allo scopo di discutere della inquietantissima rottamazione di un numero significativo di camion, di proprietà del consorzio unico di bacino e che in passato erano stati utilizzati dal consorzio d’ambito Ce2.

Oggi pubblichiamo le dichiarazioni di Improta, il quale, attenzione non dice di non aver mai incontrato i fratelli Giuliano. E non lo dice perchè sa bene, evidentemente, che di quegli incontri esiste qualche contenuto audio, frutto di registrazioni realizzate dagli smartphone degli stessi Giuliano.

Però, Improta afferma che un incontro c’è stato, fugace, il quale doveva svolgersi presso la sede dei Giuliano, che poi si convinsero invece a recarsi in quello del Cub di Santa Maria Capua Vetere. E qui non si capisce se si riferisca all’area di stazionamento dei camion in zona Spartivento, nei pressi del carcere e non lontano dall’albergo di Chianese o se invece alla sede del Cub che oggi si trova nella città del foro, nei locali che una volta hanno ospitato l’enel nei pressi dell’ex carcere minorile.

Ma questo non sarebbe niente perchè Improta afferma di averle viste queste due persone, ma di non conoscere addirittura chi fossero, le identità dei loro cognomi. In poche parole, il dirigente dell’area commerciale del Cub, che rispondeva e non sappiamo se ancora oggi risponde al nome di Andrea Improta, non conosceva il nome di chi aveva assunto la titolarità dell’affidamento pubblico di dismissione e rottamazione dei camion.

E qui subentra un’altra questione che aggiunge un elemento ulteriore alla vicenda. Attraverso Improta capiamo infatti, a che titolo fu affidata la rottamazione dei camion. Fu messa in piedi una garetta: 5 ditte invitate attraverso una non meglio precisata indagine di ricerca e arruolamento dentro al web effettuata non da Improta, bensì da Zivolo.

Manco a dirlo, tra queste 5 imprese invitate, oltre a quella dei fratelli Giuliano, c’era anche la C.R.A. di Emilio Chianese. Onestamente fa sorridere l’affermazione che riporta ad una identificazione casuale o quasi casuale avvenuta attraverso requisiti controllati via web, di un’azienda, quella di Emilio Chianese, la quale stava dentro alle cose del Cub.

E non perchè lo sosteniamo noi. Leggete un attimo come la dscrive lo stesso Improta in una parte delle sue dichiarazioni che estrapoliamo dal documento che poi pubblichiamo integralmente in calce a questo articolo: “La C.R.A. di Lusciano è una ditta conosciuta da me e dal Dottor Zivolo da moltissimo tempo, così come il suo proprietario Emilio Chianese, con il quale ho avuto modo di lavorare per molti anni, soprattutto per effettuare le revisioni degli automezzi che erano di proprietà del Consorzio.”

Beh, parlare di contraddizione, tra le altre cose all’interno di uno stesso interrogatorio, è dir poco. Probabilmente qualche domanda a chiarimento di ciò che Improta affermava andava fatta, ponendogli il problema relativo ai rapporti suoi, di Zivolo e forse dell’interno Cub con Emilio Chianese, titolare della C.R.A. e suocero del sindaco di Aversa Alfonso Golia.

Per quanto riguarda la storia delle gare ad inviti, va beh, consultare l’archivio di CasertaCe significa entrare in una sorta di enciclopedia del male, dato che noi non ne ricordiamo una di queste gare, anche quando le ditte vengono invitate estraendole dall’elenco Mepa, come non successe in questo caso cioè nel caso dei navigatori casuali delle ricerche di mercato web, che non incubasse in sè un risultato già definito a priori.

E la partecipazione della C.R.A. di Chianese non fa altro che rafforzare la nostra convinzione, visto e considerato che Chianese, pienamente organico a Zivolo e ad Improta, era probabilmente disponibile a partecipare, come poi evidentemente fece nella pseudo gara dei camion, a procedure che definire dubbie è veramente riduttivo, in pratica a robe che di una gara regolare e legittima non erano neppure il simulacro.

Secondo la ricostruzione di Improta, quelli lì, perchè lui dice che non conosceva neppure il nome e il cognome dei due, aggiungendo al particolare quello di non sapere nemmeno chi fosse Antonio Sarracino, consuocero di Emilio Chianese, si erano aggiudicati la gara accettando di non ricevere alcun corrispettivo, limitandosi a garantirsi un introito attraverso la vendita delle tante tonnellate del ferro rottamato dei camion.

Va beh, i magistrati inquirenti hanno ritenuto Improta e Zivolo solo persone informate dei fatti, ma con tutto il rispetto, a noi la loro qualificazione non ci convince affatto. E ciò ci induce a confermare quello che stiamo sostenendo da giorni, da settimane: siccome il commissario liquidatore del Cub, il quale ha deciso anche di spostare la sede da Caserta alla natia Santa Maria Capua Vetere, fittando locali di proprietà di chi poi andremo a spiegare nei prossimi giorni, introita stipendi mensili superiori ai 10mila euro, e questo accade da anni, ci fa capire, ricoprendo lui la carica di rappresentante seppur indiretto del popolo sovrano, del popolo dei cittadini, cosa ha fatto in tutto questo tempo sul fronte del controllo, delle verifiche stringenti sull’attività di dipendenti che venivano dalla storia non certo serena ed adamantina dei consorzi d’ambito?

Il dottor Ciccio Paolo Ventriglia continua a non rispondere. Ma sbaglia, perchè le nostre domande non sono nè tendenziose, nè capziose. Peraltro con lui non abbiamo mai avuto rapporti cattivi. Come sempre, ci occupiamo di come viene svolta una funzione pubblica e cerchiamo anche di capire se i 150, 200mila euro all’anno che vengono spesi per pagare i suoi emolumenti, rappresentano un investimento utile, inutile o addirittura dannoso.

Noi siamo qui e ci piacerebbe che in un’intervista rispondesse a delle domande precise che noi gli faremmo, a partire dal modo con cui il Cub si rende invisibile attraverso quello che è il non esercizio dell’obbligo di trasparenza da garantire tramite la possibilità di accesso digitale agli atti che vengono formalizzati. Provate ad entrare in questo sito e diteci se siete in grado di farlo o se ci capite qualcosa.

 

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