“Nicola Schiavone è inattendibile”. La Cassazione respinge il ricorso del suocero, condannato per intestazione fittizia della super villa da due milioni in CASAL DI PRINCIPE

23 Novembre 2020 - 13:46

In calce al nostro articolo, il testo integrale del dispositivo dei giudici della Seconda Sezione Penale del massimo tribunale della legittimità

 

CASAL DI PRINCIPE – Sono 4 paginette e dunque ci potete anche perdere 5 minuti sopra. Sono molto interessanti perchè contengono il dispositivo della sentenza emessa dalla Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, presidente Matilde Cammino, consigliere estensore Maria Daniela Borsellino, e con la quale diventa definitiva la condanna, emessa dal gip del tribunale di Napoli il 21 febbraio 2012, a carico di Lorenzo Arrichiello, oggi 65 anni, suocero di Nicola Schiavone, a sua volta figlio di Francesco Schiavone Sandokan.

La Cassazione, infatti, ritiene inammissibile il ricorso, da questi presentato, per ottenere l’annullamento della decisione, presa dalla Corte di Appello, la quale, da parte sua, aveva dichiarato inammissibile il ricorso, formalizzato in quella sede, dagli avvocati di Lorenzo Arrichiello. Ma probabilmente non è questo l’elemento più interessante in  una vicenda che invece assume significato e ancor più alto peso specifico, nel momento in cui si vanno a leggere le motivazioni addotte dai supremi giudici della legittimità.

Riavvolgiamo rapidamente il nastro: Arrichiello viene condannato con rito abbreviato nel 2012 per il reato di fittizia intestazione di una super villa da due milioni di euro in pieno possesso di Nicola Schiavone nella quale questi ha vissuto,  in quel di Casal di Principe con sua moglie, cioè con la figlia di Lorenzo Arrichiello. Successivamente, Nicola Schiavone, durante un altro procedimento, cioè quello riguardante le misure di prevenzione svoltosi al cospetto della apposita sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha dichiarato cose dalle quali emergeva un ruolo minore, quasi irrilevante, presunto, molto presunto, svolto dal suocero in relazione alla disponibilità di quell’immobile.

Attenzione, però: quello che Schiavone afferma davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione misure di prevenzione, vuole rappresentare una sorta di ciambella di salvataggio, lanciata al suocero ma finiscono sostanzialmente per creare una condizione di divergenza, di incompatibilità logica che poi troveremo impresse nella decisione della corte di Cassazione che sposa pienamente quella assunta dalla Corte di Appello di Roma a cui l’Arrichiello si era rivolto per chiedere la revisione della decisione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che di quella villa aveva deciso la confisca.

In questo ricorso, gli avvocati del suocero di Nicola Schiavone inserivano le dichiarazioni formulate da quest’ultimo, davanti ai giudici del tribunale sammaritano. Ma questo si dimostrava un tentativo vano percè come detto, ciò che Nicola Schiavone aveva raccontato su quella villa si dimostrava in contrasto con ciò ce Arrichiello aveva sempre dichiarato e cioè di aver comprato, a prezzo modicissimo e con l’ausilio di un mutuo, un rudere malmesso e di averlo poi ceduto in comodato a sua figlia. In seguito Nicola Schiavone, a sua insaputa, ripetiamo, così ha sempre detto Arrichiello, avrebbe realizzato i lavori per rendere sontuosa quella dimora che ha assunto un valore vicino ai due milioni di euro.

Una delle motivazioni che la Cassazione esplica nel suo dispositivo, il cui testo integrale pubblichiamo in calce a questo articolo, riguarda proprio il mutuo di cui parla Arrichiello e del quale non ci sono tracce documentali, nè sulla sua sottoscrizione, nè relativamente al pagamento delle diverse rate. Ma è su quella che viene definita “la inattendibilità delle nuove dichiarazioni di Nicola Schiavone” che i giudici romani costruiscono il loro verdetto di inammissibilità del ricorso presentato da Arrichiello.

Lo Schiavone aveva dichiarato davanti alla sezione misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in un verbale che poi il suocero, come detto, aveva depositato alla corte di appello di Roma, che il rudere sarebbe già stato di sua proprietà, che lui avrebbe versato una cifra anche nel suo caso grazie ad un mutuo (beh, ci piacerebbe conoscere il nome della banca o della finanziaria che gliel’avrebbe acceso) al vecchio proprietario che, a sua volta, gli avrebbe restituito i soldi versatigli da Arrichiello, intenzionato ad acquistare, in un primo tempo, il citato rudere.

Va da sè che il tentativo operato da Nicola Schiavone di salvare il suocero, condannato per intestazione fittizia di beni, è andato finanche al di la (la Cassazione parla di “insanabile contrasto con quanto da sempre sostenuto da Arrichiello“) delle giustificazioni addotte dal padre di sua moglie.

Nella parte finale delle proprie dichiarazioni, sempre secondo Nicola Schiavone, lui avrebbe effettuato i lavori di ristrutturazione e in questo caso, a conferma di ciò che dichiarava il suocero, all’insaputa di quest’ultimo.

Il ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile perchè, a differenza di ciò che scrivono gli avvocati difensori, la Corte di Appello ha valutato, e non ignorato, le ultime dichiarazioni di Nicola Schiavone, giudicandole però inattendibili.

Inattendibili allo stesso modo in cui le ha giudicate la Cassazione, la quale rimarca il fatto che Schiavone sia “soggetto interessato e direttamente danneggiato dal provvedimento di confisca“.

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