Pentito dei CASALESI vuota il sacco sulla ‘ndrangheta: “I boss in carcere comunicano con l’esterno”

12 Dicembre 2019 - 15:36

CASAL DI PRINCIPE – “Le ‘ndrine di San Leonardo di Cutro e di Siderno, attraverso la loro proiezione umbra, avevano comprato numerosi immobili in quella regione per potere riciclare il denaro sporco”. Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, che ha partecipato insieme al procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri ed al responsabile della Direzione anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina alla conferenza stampa, svoltasi a Catanzaro, per illustrare i dettagli delle due operazioni “Infectio” e “Core Business” condotte dalle Squadre mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria. “Le famiglie di ‘ndrangheta si erano trasferite a Perugia – ha aggiunto Gratteri – portando un notevole danno all’economia umbra“. Un’indagine, quella portata a termine oggi, con “proiezioni anche internazionali” ha aggiunto il procuratore Bombardieri. Secondo quanto e’ emerso dall’inchiesta, il gruppo criminale, infatti, aveva realizzato in Umbria produzioni vinicole che tentava di esportare in Canada e in America. Si tentata poi di “ripulire” il denaro sporco a Malta o in Slovenia.

Tra gli arrestati – ha detto il Procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Capomolla – c’e’ anche il nipote del boss Antonio Mancuso, di Vibo Valentia. Era lui che aveva il compito di operare all’estero per conto della consorteria“. L’indagine nasce dall’attivita’ di osservazione nei confronti di Cosimo Commisso, di 69 anni, capo storico dell’omonima famiglia di Siderno. “Era lui – sottolinea Bombardieri – il punto di riferimento per Antonio Ribecco, che si trovava a Perugia“. A rivelare il potere del boss anche mentre era detenuto in carcere e’ stato il collaboratore di giustizia Cipriano D’Alessandro, in passato legato ai casalesi e che con Commisso ha diviso la cella. “E’ D’Alessandro – ha detto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo – che spiega come dal carcere i grandi capi continuino a dettare la linea di comando agli affiliati. Soggetti con un passato rilevante continuano ad essere dei riferimenti per le attivita’ illecite“. “Dall’indagine – ha sottolineato Francesco Messina – emerge uno spaccato dell’Umbria allarmante e Ribecco aveva portato sul territorio perugino il suo sapere mafioso. Il denaro proveniente dal traffico di droga veniva investito anche aprendo e chiudendo attivita’ di comodo“.