REGGIA DI CASERTA. Anatomia del business dei 20 anni di concessione della Peschiera Grande. E sul ripristino filologico, una risata dovrebbe seppellirlo

8 Ottobre 2018 - 11:02

CASERTA – (Pasquale Manzo e Gianluigi Guarino) Ieri (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO) abbiamo cominciato ad affrontare una questione, che noi riteniamo di inaudita gravità: la concessione ventennale, sì, avete letto bene, ventennale della Peschiera Grande alla società sportiva napoletana, ASD Canottieri Reali Reggia di Caserta, ad oggi assolutamente non registrata dai radar di google e di facebook.

Come avevamo promesso ieri, quella denuncia, realizzata con un articolo contenente solo i fondamentali di questa vicenda, sarebbe stata da noi ulteriormente approfondita, fornendo al lettore tutti gli strumenti di comprensione per valutare se il nostro punto di vista sia o non sia corretto.

Una vicenda paradossale che può essere declinata con un esempio pratico. E’ come se uno volesse imparare a nuotare e anziché andare al mare o in una bella piscina olimpionica, fa conto sulla vasca da bagno di casa sua, benché bella.

Dove il mare e la piscina sarebbero, nel nostro caso, il fiume Volturno nel tratto capuano o le acque del Litorale Domitio (dove, peraltro, da anni opera proficuamente la Lega Navale Italiana) e la vasca da bagno quel ridotto invaso di Palazzo Reale.

Se si guarda alle regole tecniche delle discipline nautiche prese in considerazione dal contratto di affidamento (canottaggio, canoa e vela) ci si accorge che le rispettive acque, ossia i campi di competizione, non vanno mai al disotto dei mille metri. Anche la gara che fa eccezione, chiamata sprint,

nel canottaggio, si svolge su di una distanza di 500 metri. Non a caso è stata utilizzata questa particolare tipologia di competizione e di allenamento. Chiaro, dunque, che chi ha concepito questa operazione conosceva bene gli elementi di confutazione della stessa.

In questa prospettiva anche l’annuale regata agonistica Oxford- Cambridge, che si disputa classicamente sul Tamigi sulla distanza delle 4 miglia e 374 iarde (6.779 m), quando viene ospitata nella vasca vanvitelliana della Fontana dei Delfini sulla distanza di poche centinaia di metri, ha solo carattere scenografico e di intrattenimento, senza alcuna valenza autenticamente sportiva.

Si colloca, cioè sullo stesso solco della iniziativa di Mauro Felicori, fortunatamente fallita, che voleva portare la campionessa olimpionica, mondiale ed europea Federica Pellegrini, come un fenomeno da baraccone, di quel baraccone di cui abbiamo scritto sempre nell’articolo di ieri, a nuotare in uno dei bacini del parco reale.

Ma poi, a leggere il disciplinare del bando di gara, si apprende che il concessionario, oltre all’aspetto ludico-sportivo, potrà conferire massima rilevanza “…al servizio turistico, in quanto si offrirà a pagamento a tutti i visitatori, la possibilità di poter remare sullo splendido specchio d’acqua della Peschiera Grande…in barca a remi…Il tutto per godere da un punto di vista privilegiato della magnificenza del Parco”.

Dunque, in questa prospettiva, questo angolo appartato e di incanto, di magica quiete, da godere intimamente, oasi di genio architettonico, commisto di silenzio e natura, è destinato a diventare un luogo di caciara, non tanto per la ipotizzata scuola nautica, per la quale pure sarà necessario istituire delle strutture di non poco impatto e vedrà brigare non poco intorno ad essa con natanti e imbarcazioni vari, ma soprattutto per le torme di ragazzi delle gite scolastiche che, accalcati e scorrazzanti – già li vediamo, con gli occhi della mente – vorranno girellare in barca. Una sorta di luna park acquatico. Anzi, un luna park totale con le insegne della Reggia totalmente umiliate. Nel luna park, infatti si entra in certi casi pagando un biglietto di ingresso generale, in altri casi no, e poi all’interno si decide di quale gioco e di quale attrazione usufruire, pagando, per ognuno di esso, un singolo biglietto. Esattamente quello che è stato concepito quale mission meramente speculativa, di vero business, con questa operazione della Peschiera Grande.

Sull’altra eventualità, pure stabilita dalla proposta posta a base di gara, che sempre il concessionario possa realizzare contestualmente “una scuola di recupero e restauro delle barche d’epoca”, sia consentito di esprimere più di uno scetticismo, non foss’altro per il fatto che di barche così non devono esserne pervenute a noi poi molte.

Come si sa, allorché si è diffusa la notizia di questa iniziativa adottata dal direttore prossimo alla pensione, si sono avute non poche proteste per patente inopportunità di essa.

I parlamentari casertani pentastellati, dal canto loro, hanno interessato il ministro del MiBAC, Alberto Bonisoli, “affinché possa essere ripristinato il senso valoriale del simbolo casertano” : un’ accusa non da poco e non proprio velata!

Il consigliere regionale Gianpiero Zinzi, da parte sua, ha presentato, come pure abbiamo scritto ieri, un’interrogazione specifica affermando di dare “…seguito alle sollecitazioni provenienti da cittadini e fruitori della Reggia di Caserta preoccupati per le ripercussioni che questa assegnazione di spazi potrebbe avere sulla gestione del sito…”.

Il direttore Mauro Felicori non ha mancato di rispondere trasformandosi da accusato accusatore.

Pare, difatti, che abbia affermato nella sua replica “Al riguardo devo serenamente segnalare che nella Peschiera si svolgevano con regolarità battaglie navali per il diletto e l’istruzione di Ferdinando IV, che i Liparoti erano appunto marinai fatti venire dalle Lipari per tale ragione e non c’è dunque nel nostro progetto alcuna profanazione, semmai ripristino filologico”. Aggiungendo che quanto gli viene imputato “…fa immaginare che il lavoro che svolgo in questo ultimo scorcio del mio servizio alla Reggia venga visto con fastidio quando io trovo che lavorare finché si è pagati è semplicemente un dovere”.

Come vedete, come sempre, a differenza di quello che ha fatto sempre Felicori, che ha rifiutato sempre un confronto di contenuti con questo giornale, che è un giornale davvero e le domande le pone e non consente certo ai potenti di auto porsele, abbiamo dato compiuto conto del punto di vista del direttore della Reggia.

Un punto di vista su cui chiaramente esprimiamo in dissenso motivato anche perchè Felicori è entrato o ha tentato di farlo nel terreno della ricostruzione storico culturale, rispetto alla quale ha dimostrato negli anni una sua scarsissima conoscenza di fatti e circostanze.

Tutto ciò che Felicori ha sostenuto in questa dichiarazione, renderebbe, infatti superfluo ogni commento. Ma noi, essendo instancabilmente e testardamente liberali, pur di fronte alla grossolana ricostruzione da lui fatta, ci applichiamo di nuovo sui contenuti. Bisogna compiere uno sforzo di pazienza per non prorompere in una sonora risata di fronte a quello che Felicori definisce “ripristino filologico“.

L’architetto Ferdinando Patturelli, nel suo volume Caserta e San Leucio del 1826, afferma che la peschiera fu cavata “…per divertirsi il Re nella milizia navale con piccioli legni da guerra espressamente costruiti…”. Ed il dato risulta costantemente confermato nelle pubblicazioni posteriori, comprese quelle di Gino Chierici e Felice De Filippis.

Nessuna attività rematoria risulta attestata per tabulas nella Peschiera, anche se non è da escludere che i reali andassero in barca per diletto, anche per raggiungere …l’isola posta al suo mezzo… .

Interpellati sul punto, alcuni storici casertani, ci hanno chiarito che la Peschiera presentava molti problemi perché l’acqua che arrivava, non poteva, in un primo momento, essere ancora incanalata e allagava il parco, soprattutto verso Casagiove, allora detta Casanova, dove c’era il vecchio giardino. I casagiovesi di quel tempo lamentavano con ripetuti esposti che l’acqua, defluendo, andava ad allagare le proprie strade, che diventavano un pantano.

Altro non risulterebbe, se non che nell’invaso il Re praticasse la pesca – il suo esercizio maggiore insieme alla caccia – dei pesci che vi venivano immessi, non essendo attivo nella Reggia un vivaio.

Per gli esercizi ed i giochi marziali con i vascelli in scala, il Re si avvaleva della sua guardia del corpo personale, la Brigata dei Liparioti, costituita da veterani della Marina, poi sciolta con la riforma dell’esercito napoletano affidata a Sir John Acton.

Che si andasse in barca da parte dei turisti è attestato invece per le epoche successive e fino agli anni ’50 – ’60 del 1900. Risultano a riguardo diversi infortuni con annegamenti. Fino a che, con l’ennesima persona affogata in occasione di una Pasquetta di quegli anni, avendo essa fatto il bagno dopo le abbondanti libagioni della giornata, fu vietato usare la Peschiera Grande in qualsiasi modo.

Amareggia, infine, leggere dal preambolo che indice la gara pubblica, che la motivazione della cessione del complesso dei Liparoti al privato, per servirsene ai fini della logistica della progettata scuola nautica, è il suo stato di abbandono. Sarebbe stato difficile farne qualcosa di meglio?

Ma tant’è.