Toh, ma guarda un po’: proprio nelle ore in cui il ministro Speranza deve decidere su zone rosse o arancioni, De Luca “spara” 4.181 nuovi positivi. Vuole chiudere tutto solo per salvare se stesso

4 Novembre 2020 - 18:50

Un concetto che abbiamo spiegato utilizzando una metodica didascalica che ci sta seriamente affaticando, ma che per senso del dovere, per senso di responsabilità e per rispetto all’istituzione dal De Luca ricoperta, dobbiamo portare avanti senza se e senza ma

 

 

REGIONE – È inutile che i difensori a oltranza di De Luca continuino a rifugiarsi dietro il paravento degli attacchi strumentali.

Da marzo ad oggi, non c’è stato un giorno in cui noi non abbiamo espresso delle forti riserve nei confronti del governatore della Campania, che non si siano sviluppate attraverso articoli lunghi e complicati.

Pur sapendo che ci buttavamo la proverbiale zappa sui piedi, disincentivando i più a leggere quelle paginate estesissime, le abbiamo scritte lo stesso, perché per noi la ragione dello share, pur importante, non è stata mai prevalente rispetto a quella della coscienza professionale.

Quando attacchiamo una persona che ricopre un alto incarico istituzionale, non lo facciamo mai a cuor leggero.

Essendo dei liberali, d’altronde, non possiamo essere, per definizione, dei demagoghi o dei giacobini che sputano sentenze sommarie.

Attaccare De Luca è una cosa terribilmente seria.

È il presidente della Campania, e per rispetto di questa istituzione, più che della persona, noi abbiamo la necessità di esporre dettagliatamente il contenuto che delle nostre ragioni rappresenta tessuto connettivo.

Oggi è il giorno in cui il ministro con la faccia da chierichetto, vera pupilla degli occhi dell’ex leader del pd Pierluigi Bersani – stiamo parlando di Roberto Speranza – titolare del Dicastero alla Salute, dovrà firmare (sono le 18:2o e non l’ha ancora fatto, per cui abbiamo l’impressione che questi lockdown non partiranno dalla mezzanotte di oggi, ma da quella di domani), le ordinanze con le quali farà indossare all’Italia un vestito che, tutto sommato, è consueto alla sua tradizione: quello di Arlecchino.

Zone rosse, arancioni, verdi.

La Campania era data, fino a ieri sera, come zona arancione. Da stamattina sono saltate fuori delle cartine nelle quali la nostra è l’unica Regione a strisce pedonali, cioè a bande rosse su sfondo arancione.

Ciò significa che esiste una incertezza, da parte del ministro della Salute, nella classificazione dei nostri territori.

Siccome queste ordinanze vengono firmate, così come scritto testualmente nel DPCM, previa consultazione con i presidenti delle Regioni, non è improbabile che lo scivolamento dalla classificazione arancione alla possibile classificazione rossa sia frutto del pressing che su Speranza sta facendo De Luca.

Questo non farebbe altro che confermare ciò che in più occasioni abbiamo scritto, negli ultimi giorni, calcando la mano soprattutto nell’editoriale che stamattina abbiamo pubblicato prendendo spunto dalla morte dell’architetto 57enne di Capua Francesco Caterino.

Si sta verificando quello che noi avevamo previsto sin dalla primavera: in Campania e in provincia di Caserta aumentano i morti per Covid perché non si trovano posti in terapia intensiva.

I pazienti vengono tenuti scelleratamente a casa anche quando soffrono di sintomi intensi e all’ospedale ci vanno solo quando le loro condizioni hanno raggiunto la soglia della gravità, con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di aumento della cifra di pericolo di rimetterci la pelle.

Sta succedendo quello che doveva succedere per effetto della scelleratezza di un governatore che ha promesso solennemente al governo, il quale lo ha inserito nero su bianco, nel Decreto Legge Rilancio dell’aprile scorso, poi convertito in legge dello Stato dai due rami del Parlamento, che la Campania avrebbe aggiunto a quelli già esistenti altri 499 posti letto di Terapia Intensiva, mentre in effetti non è riuscita ad arrivare neppure a 100.

E siccome questa non è più solo una questione che attiene alla dialettica di Casertace, che a questo punto si spoglia delle vesti di Cassandra, ma è diventata fatto reale, in grado di strappare alle famiglie padri e madri, alcuni dei quali senza patologie pregresse.

È chiaro che De Luca deve fermare questa tendenza, ma non perché ha a cuore la vita dei suoi corregionali, piuttosto per evitare di essere travolto dalle bare e per evitare che qualcun altro, magari con più diffusione territoriale, possa scrivere che questi morti sono colpa sua, così come abbiamo fatto noi stamattina.

Se ci fosse, allora, una zona blu o una zona nera ancora più restrittiva della rossa, De Luca la chiederebbe.

Ma non perché è uno sceriffo, così come ha fatto credere a tutti, alimentando in maniera quasi elegiaca, la figura del decisore che “mazza e panella” è papà severo per il bene dei suoi corregionali; ma perché è terrorizzato dal problema dei morti, che se aumentano magari anche questi tontoloni di campani cominciano a chiedersi il perché un’ambulanza o una barella devono vagare sei o sette ore con un malato di Covid a bordo, già in insufficienza respiratoria, per trovare uno strapuntino in cui ricoverarlo.

Ecco perché c’è il pressing ed ecco perché magari, proprio oggi, salta fuori uno dei risultati peggiori del contagio regionale: 4.181 nuovi positivi rispetto al dato di ieri.

Una cifra che potrebbe incentivare Speranza a fare quello che De Luca vuole, cioè a chiudere tutto, a distruggere definitivamente un’economia già stremata, allo scopo di salvare se stesso, allo scopo di non far emergere in maniera esponenziale quella variabile della mortalità che in Campania, oggettivamente (nel rispetto di quel senso di responsabilità di cui scrivevamo all’inizio, che ci impone questa defatigante routine delle argomentazioni articolate e motivatissime) sarebbe ascrivibile, numeri alla mano, solo e solamente alla negligenza, all’insensibilità, al cinismo del suo governatore.