CAMORRA. Il clan dei Casalesi gestiva i lavori sull’acqua. Le indagini partite da una frase detta da Michele Zagaria

21 Ottobre 2020 - 16:47

CASERTA – L’imprenditore edile di Casapesenna Orlando Fontana, arrestato questa mattina per concorso esterno in associazione camorristica, fu convocato dal Capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani che stava indagando sulla latitanza di Michele Zagaria. All’investigatore, rispose che sapeva dove era il boss ma non voleva dirlo. L’episodio emerge dall’ordinanza di arresto del Gip del tribunale di Napoli Gabriella Bonavolonta’, che ha disposto il carcere per sette imprenditori edili di Casapesenna, comune di origine della famiglia Zagaria. Durante una conversazione captata tra Giuseppe Fontana, fratello di Orlando, e un’altra persona, emerge che Pisani, sapendo che Fontana era vicino a Zagaria, lo aveva convocato chiedendogli esplicitamente se sapeva dove si nascondesse il boss. “Se vuoi sapere se l’ho visto, l’ho visto, ora non è  cosa, ti dico questo qua che so” rispose Fontana.

Un collaboratore di giustizia del clan, Michele Barone, ex luogotenente di Michele Zagaria, racconta, nel corso di un interrogatorio allegato all’ordinanza, di un altro episodio che sarebbe avvenuto il giorno dell’arresto proprio del capoclan, il 7 dicembre 2011. “Nell’estate del 2015 – ricorda Barone – incontrai in carcere Giuseppe Fontana, da poco arrestato; Fontana mi disse che tutte le indagini sull’ala imprenditoriale del clan erano partite dopo una frase detta da Michele Zagaria dopo l’arresto. Zagaria

aveva detto: ‘tutto a posto, tanto il sistema è oleato’, facendo capire agli inquirenti che anche dopo di lui, il sistema di assegnazione illecito degli appalti non si sarebbe fermato”

Il clan dei Casalesi era riuscito ad inserirsi nel settore del ciclo integrato delle acque e oltre la metà di tutti i lavori affidati con la formula della “somma urgenza”, quindi senza gare d’appalto, erano dati a imprenditori vicini al boss Michele Zagaria. E questo sistema, scoperchiato dalla Dda di Napoli con i Ros, andava avanti almeno dal 2001, grazie a connivenze anche politiche

Sono state determinanti le dichiarazioni di Massimiliano Caterino, braccio destro di Zagaria e di Francesco Zagaria, imprenditore e cugino di Franco il quale ha spiegato “il sistema del ciclo delle acque e come riusciva ad orientare gli appalti su persone di Casapesenna”. Sono loro che hanno fatto nomi e raccontato circostanze ai magistrati della Dda. Oltre a loro sono state raccolte le accuse dell’imprenditore colluso Luciano Licenza, che ora collabora con i pm. Nel verbale del 22 ottobre del 2019 così sintetizzava: “So che fino al 2008, in Regione Campania, esisteva un comitato d’affari politico in base al quale il partito Udeur, nelle persone di Tommaso Barbato, Carlo Camilleri e Pasquale Giuditta, nonché degli assessori De Flaviis e Nocera (tutte persone estranee a questa indagine, ndr), riusciva di fatto a controllare le modalita’ di erogazione dei fondi e l’assegnazione dei lavori alle ditte vicine a Barbato, tra cui la mia”. Lo stesso Licenza riferisce che Franco Zagaria avrebbe fatto avere tanti appalti alle aziende del clan, oltre che dalla Regione, anche da altri enti, come l’Istituto autonomo case popolari di Caserta (Iacp), il Consorzio di Bonifica Napoli-Volla, , e la Provincia di Caserta ai tempi in cui era presieduta da Sandro De Franciscis, esponente dell’Udeur di Mastella “sostenuto massicciamente nel 2015 dalla famiglia Zagaria che distribuiva volantini e materiale elettorale”