Ecco la potenza del clan dei CASALESI. Cena da 320 euro “a cranio” tra Nicola Schiavone monaciello, l’uomo più potente del Pd in materia di lavori pubblici e ferroviari e il dirigente dei dirigente, il direttore dei direttori di Rete Ferroviaria Italiana

1 Settembre 2022 - 14:13

Nella prima parte dell’articolo che colleghiamo allo stralcio dell’ordinanza che poi pubblichiamo integralmente in calce allo stesso, ci soffermiamo su un pranzo di compleanno a cui Pierfrancesco Bellotti, quello che pietiva al cospetto di Schiavone un incontro con il notabile politico Salvatore Margiotta, per diventare direttore del Compartimento ferroviario di Bari. Il clou riguarda però un altro pranzo, molto più ristretto, molto più importante che dimostra chiaramente quanto contasse Nicola Schiavone monaciello dentro ad Rfi e anche dentro alle strutture politiche più importanti del nostro paese. Ricordatevi che magari quel giorno, dopo aver pagato con American express il super conto, monaciello ha preso la sua auto e da Roma si è trasferito a Casal di Principe a consegnare soldi per il mantenimento della famiglia di Francesco Schiavone Sandokan, così come è risultato dalle dichiarazioni della moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa e del figlio Nicola Schiavone junior

CASAL DI PRINCIPE (G.G.) Quanto può costare, n pranzo luculliano per 10 o più persone in una delle sale importanti dell’Hotel Adrovandi di Roma? Non certo 100 euro a testa ma a nostro avviso, quale migliaia di euro. L’Aldrovandi, per chi si fosse perso le puntate precedenti di questo nostro lungo focus, è il sontuoso albergo che Nicola

Schiavone Monaciello aveva trasformato nel suo quartier generale dove riceveva la maggior parte dei suo ed interlocutori “di danari” con cui stabiliva trame e stipulare accord.

Il pranzo in questione è quello che si tenne per la festa dei 40 anni dello scalpitante medio-dirigente, di voraci ambizioni, di Rete Ferroviaria Italiana Pierfrancesco Bellotti.

Subito dopo il blitz dei carabinieri, dopo le perquisizioni dei carabinieri del 3 aprile 2019, Bellotti, forse non sapendo quanto materiale gli inquirenti avessero raccolto su di lui – soprattutto intercettazioni ambientali- chiede ed ottiene di verbalizzare spontanee dichiarazioni in cui afferma che a pagare il pranzo di compleanno al quale avrebbe partecipato una decina di suoi congiunti, fu lui stesso tra il 29 e il 30 dicembre 2018.

Pagamento in contanti. E già questo risulta molto strano. Un dirigente di un’azienda di stato, quando fa una spesa significativa, dovrebbe tenere a che tutto sia chiaro, evidente e tracciato. Bellotti che al pari di molti suoi colleghi, era in tutta evidenza un dirigente sui generis, dice, al contrario, di aver pagato mille euro, cioè 100 euro a testa, che lo paghi da Mimì alla Ferrovia o alla Zì Teresa, e di aver acquisito ricevuta dall’hotel attraverso una mail. Dice ancora, il Bellotti, che l’Aldrovandi lo scelse perchè ne aveva apprezzato la qualità nelle volte in cui lì si era incontrato con Nicola Schiavone su invito di quest’ultimo.

Ovviamente, questa testimonianza, questa ricostruzione non ci convince affatto. Prima di tutto perchè il pranzo si è tenuto il 9 dicembre, dunque il pagamento in contanti ci sarebbe stato 20 giorni dopo. Risulta strano che un dirigente di un’azienda di stato, che comunque un 4mila/5mila euro al mese, per la sua mansione, li intasca, oltre alla tredicesima e alla quattordicesima, debba spettare 20 giorni per pagare, per di più in contanti, mille euro.

Avrebbero chiosato i famosi Trettrè di cui qualche settimana si è pianta la scomparsa di uno dei componenti, “A mmè m’ par ‘na strunzat“.

Chi aveva un conto aperto all’Aldrovandi era, in tutta evidenza, Nicola Schiavone. Ora, può anche darsi che la cifra in contanti sia stata versata da Bellotti. Ma siccome quel tipo di albergo non è che si emoziona più di tanto se ha come ospite un dirigente di Rfi e neppure di prima fascia, essendo abituato a ben altri vip, un ritardo di 20 giorni nel pagamento di un conto tutto sommato non salatissimo, a meno che non abbia ordinato solamente bruschette e acqua minerale, potrebbe essere giustificabile solo in quanto perorata, garantita dallo Schiavone, il quale, all’Aldrovandi, portava, come si suol dire, denari “con la pala” e dunque, accipicchia, se il monaciello non era un cliente di prima classe.

Ciò, ammesso e non concesso che quel conto l’abbia pagato realmente Bellotti. La scelta del contante (non a caso la cifra dichiarata ammonta a mille euro, dunque nel rispetto del limite di circolazione di moneta liquida per le transazioni), ha reso difficile, se non impossibile il lavoro di tracciamento degli inquirenti, il lavoro dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Caserta che stavolta non si sono imbattuti nel “solito” pagamento con la carta di credito intestata a quella gran testa di legno di Luca Caporaso ma utilizzata sempre e in ogni circostanza da Nicola Schiavone con prelievi effettuati dal conto corrente della TEC srl, con sede a Napoli nel borghese Viale Gramsci, una delle aziende della combriccola.

Questa, evidentemente, era considerata dall’istituto di credito a cui si rapportava, tanto solida, da poter tranquillamente accedere al circuito dei circuiti delle carte, la mitica American Express, con cui puoi fare realmente di tutto e che ti consente di pagare quando il tuo conto è in rosso di 5mila o 10mila euro anche di cifre ancora più ingenti.

LA CENA DELLE CENE: CASALESI, POLITICA E BOIARDI DI STATO – Questa carta ricompare, invece, per uan super cena, svoltasi al ristorante Il San Lorenzo, lussuosissimo locale, ubicato dietro a Campo de’ fiori e in quella zona del Pantheon nella quale Nicola Schiavone monaciello si muoveva da padrone, visto e considerato che lì convocava, seppur in ristoranti di rango leggermente inferiore, ad esempio La Rosetta, altri dirigenti Rfi tipo Paolo Grassi, sulla quale abbiamo dedicato lo scorso 18 agosto uno dei capitoli più esilaranti di questo focus un regalo di piccoli ma elegantissimi due gemelli da camicia (CLIKKA E LEGGI), acquistati da monaciello el celeberrimo negozio di Cartier in via Condotti e regalatigli dallo stesso Schiavone proprio durante una cena a La Rosetta. Locale che prende il suo nome proprio dalla strada in cui si trova.

Ma questa a cui faremo cenno è la cena delle cene. Sicuramente quella più importante, a più alto peso specifico, da noi raccontata tra le tante che costituiscono ossatura della narrazione di questa ordinanza. Attorno ad un tavolo del San Lorenzo, oltre a Nicola Schiavone, sono seduti, infatti, Salvatore Margiotta, il senatore del Pd salvatosi in extremis da una condanna per corruzione (CLIKKA E LEGGI), sancita dalla corte d’appello e riscattata con un’assoluzione dalla corte di Cassazione, e diventato il fulcro, il dominus del Pd, nel settore dei lavori pubblici, soprattutto nel settore dei grandi lavori ferroviari.

Un uomo tanto potente, da ricoprire, contemporaneamente, la carica di vicepresidente della commissione infrastrutture, lavori pubblici, trasporti, del Senato, unica carica che non ha lasciato in occasione della sentenza di condanna di cui sopra per la quale Margiotta si autosospese dal partito, si dimise da vicepresidente della commissione interparlamentare di vigilanza sulla Rai ed entrò nel gruppo misto, prima di litigare al suo interno chiedendo asilo a quelli di Area Popolare cioè al partito fondato dall’allora ministro Angelino Alfano, scissionista da Forza Italia. Una carica che Margiotta ha fatto coesistere a lungo con una altra di minore visibilità, ma probabile importanza ancora maggiore: quella di presidente, della potente associazione armamentisti che raccoglie tutti i produttori di attrezzature, strutture, a partire dai binari – roba costtosissima -, che riempivano le casse elle aziende di questi imprenditori in occasione degli appalti realizzati da Rfi.

Del potere di Salvatore Margiotta si ebbe poi una ulteriore prova quando, nel 2019, in occasione della nascita del governo giallorosso, guidato da Giuseppe Conte, lui assunse la carica di sottosegretario presso il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riteniamo con una delega specifica relativa alle ferrovie, in nome e per conto di un Pd guidato al tempo da Zingaretti e quindi a nome di un Pd antitetico rispetto alla precedente gestione di Matteo Renzi, a cui Margiotta doveva molto per gli incarichi parlamentari nelle commissioni per lui fondamentali, e per le candidature ottenute.

Insomma a quel tavolo del ristorante Il San Lorenzo, c’era un numero 1, in grado di muovere tantissimo sia in Parlamento, sia in un governo di cui non faceva ancora parte ma che non poteva non tener conto di quella fase, era il 26 settembre 2018, in cui la cena di svolse.

Il terzo commensale era Umberto Lebruto. Fino ad ora hanno sfilato dentro ai nostri articoli, decine di nomi di dirigenti di Rfi. Nessuno di questi, però, aveva il potere di Lebruto, direttore d produzione presso la sede centrale di Rfi a Roma. Dalla struttura asciutta di questa definizione si capisce che non c’è molto da spiegare dato che Lebruto era il direttore centrale di produzione sotto al quale si muovevano tutte le direzioni territoriali di Rfi. Insomma, il direttore di tutti i direttori.

Ora, il fatto che Nicola Schiavone monaciello, una persona creata imprenditorialmente da Francesco Schiavone Sandokan, da questi sostenuta prima e dopo il suo arresto, uno che, mentre incontrava il gotha della politica italiana e dei manager di stato, si preparava, magari subito dopo quella cena o magari il giorno dopo a recarsi a Casal di Principe per portare soldi in contanti a sostegno del tenore di vita della famiglia di Francesco Schiavone, soldi in contanti che erano serviti quando era a piede libero e continuavano a servire da arrestato ancora non pentito per il pagamento degli avvocati, all’altro Nicola Schiavone cioè il figlio di Sandokan, che lui, il monaciello, peraltro come abbiamo più volte sottolineato negli articoli a commento di questa ordinanza, aveva battezzato.

Al di là di quelli che sono le motivazioni tecnico giuridiche che hanno indotto il tribunale del Riesame a ritenere non sussistente la contestazione dell’articolo 416 bis, il buonsenso, l’esperienza, la conoscenza dei luoghi, dei contesti, i racconti convergenti, sovrapponibili dei collaboratori di giustizia, a partire dallo stesso Nicola Schiavone junior, fino ad arrivare a quelli, volontariamente concessi da sua madre Giuseppina Nappa, ci consentono di dire con serenità e assumendocene interamente le responsabilità, che a quel tavolo del ristorante Il San Lorenzo, fossero sedute 3 aziende o tre enormi potentati: il clan dei casalesi, Rete Ferroviaria Italiana rappresentata ai suoi massimi livelli e il politico più potente nel settore dei trasporti, dei lavori pubblici riguardanti le reti ferroviarie, tanto potente che pur non essendo un imprenditore, era stato scelto da imprenditori veri come presidente di un’associazione datoriale, quella degli armamentisti, un potere forte, una lobby che, fino a prova contraria si occupava solamente di strutture ferroviarie, dunque di binari, di carrozze, di cavi senza coltivare anomale relazioni esterne, magari riguardanti solo qualche sua componente interna con mondi che in Italia hanno contato e contano ancora e che all’Italia hanno arrecato solo guai.

Per la cronaca, un pranzo di tre persone, costò a monaciello la cifra di 960 euro, dunque, per dirla alla romanesca maniera, 320 euro “a cranio” che gli altri due commensali cioè il senatore Margiotta e il super manager Umberto Lebruto si guardarono bene da pagare “alla romana”, e corrisposti con la citata American Express della TEC srl. Sicuramente un super conto, tutto sommato congruo rispetto a chi c’era attorno a quel tavolo, cioè il clan dei casalesi, un uomo che di lì a pochi mesi sarebbe diventato, da sottosegretario di stato, un uomo del governo del paese e, infine, il terzo/quarto dirigente per ordine di importanza di una gigantesca azienda di stato, dell’ormai famigeratissima Rfi.

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA