CAMORRA, POLITICA & FERROVIE. Salta fuori il nome di un ex sottosegretario e senatore Pd (non ricandidato), grande amico con Nicola Schiavone “monaciello” e in azione con un dirigente di Rfi per i voti alle elezioni regionali

30 Agosto 2022 - 18:35

Siccome dovevamo riprendere il racconto di quella che consideriamo, allo stesso tempo, una delle ordinanze più importanti della storia della lotta al clan dei casalesi, ma anche una grande occasione perduta per tante cose che non hanno funzionato nella procura della repubblica di Napoli, ci siamo dedicati immediatamente ad un argomento bollente, di altissima delicatezza visto che si parla di un politico molto noto che ha ricoperto nel corso di 4 legislature cariche molto importanti

CASERTA(g.g.) Salvatore Margiotta non è stato ricandidato dal Partito Democratico per un motivo squisitamente politico: da parlamentare ha fatto parte del gruppo di dirigenti più vicini a Matteo Renzi quando questi era segretario nazionale del Partito Democratico. Per cui ha fatto la stessa fine di un Luca Lotti.

Margiotta è un esponente del Pd lucano molto potente. Ha creato e tenuto per anni e anni un asse di ferro con i fratelli Pittella, uno europarlamentare, l’altro presidente della Regione Basilicata, ma soprattutto è stato parlamentare in 4 legislature: deputato a Montecitorio tra il 2006 e il 2008, poi ancora a Montecitorio dal 2008 al 2013. Poi traslocato a Palazzo Madama dove è stato senatore dal 2013 al 2018 e poi ancora senatore dal 2018 ad oggi, visto che formalmente lo è ancora e lo sarà fino all’insediamento del prossimo parlamento, fissato per il 15 ottobre.

Salvatore Margiotta è stato un potente anche perchè si è occupato sempre di lavori pubblici, di trasporti, ma soprattutto di infrastrutture ferroviarie. Non è un caso che nel governo Conte due, quello marcato 5 Stelle-Pd, ha completato questa lunga fase di attività nei settori delle grandi infrastrutture, assumendo la carica di sottosegretario ai trasporti, poltrona che precedentemente era stata occupata dal sannita Umberto Del Basso De Caro, a sua volta non candidato a queste elezioni per decisione di Enrico Letta.

In Parlamento sono state sempre due le passioni di Salvatore Margiotta. Le solite due: la commissione infrastrutture e trasporti e, nella breve legislatura iniziata nel 2008, dopo aver esordito in Parlamento due anni prima, senza assumere alcun incarico, entra a far parte della commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, di cui assume la vicepresidenza, carica che nelle commissioni viene attribuita solitamente ai deputati e ai senatori di opposizione.

Pochi posti a disposizione per una selezione molto stretta a dimostrazione che Margiotta già in quel Pd appena fondato al Ligotto da Walter Veltroni, era uno che contava non poco.

Quando cambia ramo del Parlamento, la sostanza del suo impegno non si modifica, visto che da senatore entra a far parte della speculare commissione di Palazzo Madama, relativa alle materie lavori pubblici.

E’ il tempo del governo di Enrico Letta ma soprattutto dell’ascesa di Renzi, a cui Margiotta si collega subito. Non è un caso che all’inizio della legislatura, precisamente nel giugno 2013, entra nell’ambitissima commissione bicamerale di vigilanza sulla Rai e ne diventa addirittura anche in quel caso vicepresidente.

Margiotta è anche un resistente, come si dice, col pelo sullo stomaco. Nel 2014 becca una condanna in corte d’appello per il grave reato di corruzione, si dimette dalla commissione di vigilanza Rai e si autosospende anche dal Pd. Entra a far parte del gruppo misto, poi se ne va con Alfano, in Area Popolare, poi la Cassazione lo assolve.

Di Renzi diventa un pupillo. Attenzione, quando la corte d’appello lo aveva condannato per corruzione, Margiotta si era autosospeso dal Pd, aderendo al gruppo misto, si era dimesso dalla vicepresidenza della vigilanza Rai ma non aveva lasciato la vicepresidenza della commissione ambiente, comunicazioni del Senato.

Un Renzi già in difficoltà a causa del famoso referendum, spedisce Margiotta a dirimere, da commissario, i conflitti del Pd leccese. Ed è proprio in quel collegio che lui poi si ripresenta, guadagnando una nuova elezione al Senato, cioè una quarta legislatura che poi, nonostante la caduta di Renzi, gli consente nel 2019, di entrare nel governo da sottosegretario.

Insomma, stiamo parlando di un pezzo grosso, di uno che nel Pd della Basilicata ha comandato e forse comanda ancora perchè in questi giorni, commentando la sua esclusione dalle candidature, ha già detto di aver ottenuto da Roma l’impegno su una sua prossima candidatura alla carica di presidente della Regione Basilicata.

Questo parlamentare era pappa e ciccia con Nicola Schiavone, detto monaciello, creato imprenditorialmente da Francesco Schiavone Sandokan di cui era stato socio negli anni 90 e pi pupillo, autentico plenipotenziario, assistendo economicamente la famiglia fino al 2019. I dirigenti di Rete Ferrovie Italiane, enorme azienda di stato, pendevano dalle labbra di Nicola Schiavone da Casal di Principe soprattutto perchè lui era in grado di condizionare, di compulsare la politica e di orientare le carriere.

Pierfrancesco Bellotti uno degli indagati di maggior rilievo di questa ordinanza della Dda di Napoli, era un alto dirigente di Rfi, ma voleva la promozione. Aspirava a diventare direttore del Compartimento ferroviario di Bari, uno dei nodi più importanti d’Italia, insomma, un manager pubblico da 15mila, 20mila euro al mese che, ripetiamo, si genufletteva al cospetto di Nicola Schiavone, giusto per dirvi come stiamo inguaiati in Italia.

Nelle intercettazioni che pubblichiamo in calce, si capisce chiaramente quale sia il rapporto di sudditanza che Bellotti ha nei confronti di Schiavone. C’è un momento in cui lo tallona addirittura affinchè ci possa essere un incontro, una riunione con la quale lui possa esporre a Margiotta il suo problema e le sue aspirazioni.

Questo incontro avviene nel solito alberghetto di periferia, dove si paga 700, 800 euro a notte e per mangiare non te la cavi con un conto inferiore a 200 euro a coperto. L’Hotel Aldrovandi è insieme a Villa Pamphili e al grand hotel della zona stazione, l’albergo più noto, più lussuoso di Roma. Nicola Schiavone monaciello l’aveva fatto diventare il suo abituale quartier generale. Di questo incontro è costretto a parlare lo stesso Bellotti quando i carabinieri lo interrogano pochi giorni dopo le perquisizioni del 3 aprile 2019.

Tra tutte le cariche che abbiamo elencato di Salvatore Margiotta, ne manca una che col Parlamento non c’entra ma che forse è ancora più importante della decisione del senatore lucano di lasciare tutto, ma proprio tutto, dopo la condanna per corruzione, eccetto il posto nella commissione lavori pubblici e infrastrutture.

Questa postazione è quella della presidenza dell’associazione italiana armamentisti, che in questo paese non finisci mai di imparare, dato che ritiene che le corporazioni rappresentassero la spina dorsale dell’ordinamento fascista e che il retaggio del presente ne abbia in pratica consumato la sostanza, se non la memoria storica.

E invece no. Ci sono e sono anche vegete, sono anche potenti. L’associazione nazionale di tutte le aziende che producono binari, cavi ferroviari, attrezzature ed impianti ad altissima specializzazione erano riuniti in questa associazione e il presidente era Margiotta che contemporaneamente era vicepresidente della commissione parlamentare competente per quella materia, diventando poi addirittura sottosegretario nel 2019. E siccome il lobbismo italiano è una cosa ben diversa dal lobbismo anglosassone e americano in particolare, si può ben immaginare perchè Nicola Schiavone monaciello fosse così intimamente legato a Margiotta.

In conclusione sottolineiamo un ultimo passaggio: quando Pierfrancesco Bellotti entra in contatto con Margiotta, grazie a Schiavone che già molto aveva fatto per le cariche di Massimo Iorani e Paolo Grassi, costruisce con lui un rapporto molto intenso. E’ più questa relazione cresce, e più Pierfrancesco, come dice al fratello Giovanni nel corso di una conversazione intercettata che pure pubblichiamo in calce a questo articolo, si convince che di lì a poco sarebbe diventato il capo delle ferrovie di larga parte della Puglia produttiva.

Al fratello, Pierfrancesco Bellotti dice che Margiotta gli ha chiesto di mobilitarsi per le elezioni regionali della Basilicata, quelle susseguenti ai guai giudiziari di Pittella. Gli parla del voto in quel di Lauria, centro molto conosciuto della Lucania in provincia di Potenza e soprattutto evidenzia il fatto che lui, con i Pittella, ormai è finito ai ferri corti dopo che uno dei due, se non andiamo errati lo stesso ex presidente della regione, aveva deciso di candidarsi comunque in consiglio.

Con questa puntata del lungo focus che oggi riprendiamo dopo qualche settimana di pausa dovuta alle necessità riguardanti il racconto pre-elettorale, si comincia a ragionare sui rapporti tra il pupillo di Francesco Schiavone Sandokan e la politica italiana.

QUI SOTTO GLI STRALCI DELL’ORDINANZA