LA DOMENICA DI DON GALEONE

4 Agosto 2024 - 13:05

4 agosto 2024 — XVIII Domenica del Tempo Ordinario (B)

Chi ha fede, vede più in alto e in avanti! (Gv 6,24)

Il fenomeno delle quaglie, come quello della manna (Es 16,4), può essere del tutto normale, ma nel momento critico di Israele nel deserto assume un significato religioso; non è importante definire la natura scientifica del fatto, ma coglierne il valore teologico (I lettura). È questa visione religiosa dei fatti che interessa all’autore sacro: educare il popolo a vedere Dio presente nella vita. Dio va oltre, invita a non fare affidamento solo sul cibo che perisce: le quaglie, la manna, e ogni altro cibo umano alla fine stancano: “non di solo pane vive l’uomo (Vangelo).

Cosa dobbiamo fare? … Credere! Subito dopo la distribuzione dei pani, la folla vuole nominare re Gesù; non vuole più perdere di vista quel personaggio che assicura il pane e la pietanza. Ma Gesù non vuole presentarsi come un mago, un operatore di miracoli, un demagogo che manipola le folle, un rivoluzionario politico. Gesù passa sull’altra sponda del lago, ma la folla non si dà per vinta, e lo raggiunge a Cafarnao, dove Gesù tiene il famoso “discorso

del pane”. Si tratta di un discorso, lungo ed impegnativo, che segna davvero un salto di qualità: Gesù passa dal pane materiale al pane spirituale e inizia con il “cibo che perisce”, per concludere con il pane che “dura per la vita eterna”. Alla folla che gli chiede: “Che dobbiamo fare?”, Gesù risponde: “Credere!”. La fede nella sua persona è il fondamento; Gesù può essere realmente presente sull’altare, ma se non abbiamo fede, è come se un’orchestra suonasse davanti ad un uomo completamente sordo. Egli denuncia, senza mezzi termini, quanti lo cercano per motivi materiali: “Voi mi cercate perché avete mangiato e vi siete sazia !”. Il verbo “cercare” è tipico del Vangelo di Giovanni, che lo usa tante volte, ma Gesù fa capire che non ogni ricerca è buona. Non basta cercare: c’è infatti ricerca e ricerca; si può cercare Gesù e si può cercare altro. Oggi molte persone cercano segni; c’è un’ansia di spettacolarità; Gesù non vuole essere strumentalizzato, piegato ai voleri dell’uomo, diventare il “tappabuchi” delle nostre insufficienze. C’è una fame ed una sete che solo Dio può esaudire. Non ci sono surrogati che bastino; una convincente conferma l’abbiamo nelle Confessioni di sant’Agostino: nulla di ciò che è finito può saziare l’infinito dell’uomo: “L’uomo sarà sempre inquieto, finché non raggiunge Dio” (Confess. 1,1.5)). Nessuna parte può sostituire il tutto! L’uomo ha certo bisogno di pane, perché non è ancora giunto in patria, ma nello stesso tempo Gesù ricorda: “Non di solo pane vive l’uomo!”.

Faust, cioè l’uomo onnipotente senza Dio! Un umanesimo fondato su Dio è più umano: esso non rinnega i valori umani, ma li accoglie e li eleva. Dio non mortifica ma vivifica l’uomo. Il rapporto Dio-uomo, infatti, non è estrinseco né eteronomo. Quelle che noi chiamiamo «leggi di Dio» sono in realtà «leggi dell’uomo». Dio non è esteriore all’uomo, ma è più intimo a lui di quanto lui sia a se stesso. Porre il fondamento ultimo e la giustificazione suprema in Dio non toglie valore all’umanesimo fondato sulla ragione, ma piuttosto lo rafforza nella sua assolutezza, impedendogli di scivolare nel relativismo scettico prima, e poi nel nichilismo etico. Una delle più acute descrizioni di questo, è il bellissimo Faust goethiano. Faust rispecchia precisamente la crisi dell’uomo, che si è liberato dalla fede religiosa tradizionale, ed avverte il vuoto della scienza razionalista. Conosciamo il destino di Faust. Per distruggere Dio, egli, ossia l’uomo moderno, ha annientato tutto ciò che poteva opporsi all’uomo ma, arrivato al termine del suo sforzo prometeico, non trova che la morte. L’uomo, trasfigurato dall’orgoglio, si scopre sfigurato. Mai scoperta è stata tanto inquietante! Faust vuole diventare dio al posto di Dio, attraverso l’onniscienza e l’onnipotenza, secondo l’illusione dell’antico tentatore: “Eritis sicut dii”. Perciò soffre di una mala a che è contemporanea, chimerica e realissima, della quale la «Volontà di potenza» è la giustificazione intellettuale. Questa malattia è la volontà di divinità superbamente nascosta nella mente e nel cuore di Faust, dell’uomo moderno, di ogni uomo, che adora, spesso inconsapevolmente, il Faust che porta in sé, il Mefistofele segreto. Il dramma che abbiamo ricordato è ben presente nella sensibilità della chiesa di oggi. Nella Costituzione Gaudium et Spes, per la prima volta nella storia, il Magistero ha tracciato un saggio di antropologia esistenziale, nel quale l’uomo non è descritto secondo un astratto modello meta psico-teologico, ma secondo la sua anima faustiana, fatta di oscurità e di luci, di dubbi e di speranze, di fragili certezze e di gravi domande. Nel cuore dell’uomo è radicato un profondo squilibrio: “L’uomo o si esalta così da fare di sé una regola assoluta, o si abbassa fino alla disperazione” (GS 12). “Al problema – uomo, solo Dio dà una risposta piena e certa, Lui che chiama l’uomo a pensieri più alti e a ricerche più umili” (GS 21).